Alex Honnold: un uomo senza paura

Alex Honnold: un uomo senza paura
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo, 2023

La storia di Alex Honnold è uno dei casi più enigmatici della neuroscienza. Rappresenta l’eccezione alla regola. Una delle paure con cui tutti veniamo al mondo è quella di cadere. Perfino i neonati si spaventano se vengono lanciati in aria.

È una paura istintiva e ci accompagna come parte del nostro corredo genetico. Cadere mette a rischio la nostra incolumità e la nostra vita. La fisiologia in questo caso interviene e antepone al rischio la paura, come segnale di allerta.

È proprio questa la stranezza di Alex Honnold: non ha paura di cadere. È un alpinista di 32 anni, nato negli Stati Uniti, diventato famoso per le sue imprese spericolate. La sua specialità è il “free solo”, l’arrampicata solitaria senza protezioni. Chi la pratica sa bene che essere soli, in quel contesto, significa esporsi a una situazione di estrema vulnerabilità. È quasi un suicidio.

Per Alex Honnold, tuttavia, è normale routine. Quando scala una parete di roccia, senza altro strumento che le proprie mani, si sente tranquillo, come se stesse facendo una passeggiata. Non ha paura o apprensione di alcun tipo; il suo cervello ha dunque attirato l’attenzione dei neurologi.

“Non temere né la prigione, né la povertà, né la morte. Temi la paura.”

Chi è Alex Honnold

Ogni arrampicata è per Alex Honnold una sfida alla morte. Ama le superfici quasi verticali. Il suo abbigliamento e le sue attrezzature sportive sono ridotti all’essenziale. Porta con sé soltanto una borsa piena di magnesio per asciugare le mani quando si inumidiscono. Scala con il solo aiuto di mani e piedi.

Alex Honnold durante una scalata

Honnold ha già alle spalle diversi record mondiali. Il free solo è la sua specialità. Non è l’unico al mondo a farlo, ma è il solo a realizzarlo a grandi altitudini e a tali livelli di difficoltà.

A vederlo sembra un ragazzo come tanti altri, forse un po’ allampanato. Il suo atteggiamento dimostra che non si sente diverso o speciale. Ride molto ed è sereno. È conscio di avere una passione pericolosa. Molti suoi amici sono morti durante arrampicate simili alle sue. Quando gli si chiede se ha paura, risponde semplicemente di aver accettato meglio di tanti altri l’idea della morte

Sua madre racconta che Alex era un bambino difficile, ma lui nega tutto. Già da piccolissimo si arrampicava ovunque. A 10 anni cominciò a frequentare una palestra da arrampicata per poi cominciare con piccole escursioni in montagna. A 19 anni decise di dedicarsi completamente a questa attività. Vive in un furgoncino e dice di avere un’etica minimalista.

Il cervello di Alex Honnold

Le imprese di questo giovane hanno destato un tale scalpore che un gruppo di ricercatori ha deciso di studiarne il cervello. Tutto è cominciato dopo che la neurologa Jane E. Joseph sentì una sua intervista. Da quello che Honnold raccontava e dal modo in cui lo faceva, la ricercatrice si convinse che nel cervello dell’alpinista dovesse esserci qualcosa di anomalo. Precisamente nell’amigdala, la “centralina della paura”.

La facoltà di Medicina dell’Università della Carolina del Sud decise, quindi, di analizzare il cervello di Alex. Una prima scansione con la risonanza magnetica permise di appurare che il ragazzo non presentava alcuna lesione nell’amigdala.

Il passo seguente fu sottoporgli una serie di immagini scioccanti per valutarne la reazione. Si resero conto che l’amigdala di Honnold, in pratica, non si attivava. Non aveva alcuna variazione, come se le situazioni di pericolo che gli si presentavano non avessero nessun impatto emotivo sui di lui.

Amigdala

Un panorama interessante

I ricercatori hanno potuto comprovare che Alex Honnold non sente realmente paura e questa conclusione li ha portati a formulare alcune ipotesi interessanti.

A loro avviso, è probabile che il cervello di Alex si sia adattato tanto all’arrampicata senza protezioni da essersi abituato a questo tipo di stimolo. Ciò che per alti rappresenta un rischio, per lo scalatore americano rappresenta una situazione del tutto normale.

Questa conclusione apre nuove possibilità alle ricerche sulla paura, partendo dall’ipotesi che l’abitudine sia un modo per annullarla. Se ci si espone in modo graduale e sistematico allo stimolo del pericolo, si finisce per considerarlo come totalmente inoffensivo. In questo modo il ventaglio di possibilità nelle terapie per trattare le paure si allarga moltissimo.


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