Appiattimento affettivo: indifferenti alle emozioni

Appiattimento affettivo: indifferenti alle emozioni
Francisco Pérez

Scritto e verificato lo psicologo Francisco Pérez.

Ultimo aggiornamento: 29 dicembre, 2022

Come vi sentireste se non foste capaci di esprimere né sperimentare emozioni, ovvero se foste affetti da appiattimento affettivo? Immaginate per un momento che un vostro parente vi comunichi di aver vinto alla lotteria e che non riusciate a rallegrarvi per lui. Rimanete impassibili, non sorridete, non vi complimentate, il vostro volto non fa una piega. A livello cognitivo siete contenti per lui, ma in realtà non provate quell’allegria.

Immaginiamo che una persona venga licenziata per un motivo totalmente ingiusto. Questa persona, anziché provare rabbia o tristezza, è incapace di esprimersi in alcun modo. L’appiattimento affettivo è un fenomeno che sperimentano alcune persone quando sono incapaci di sentire o esprimere allegria, tristezza, paura, rabbia o qualsiasi altra emozione quando queste sono lecite. Le situazioni descritte riflettono tale fenomeno.

Prima di continuare a parlare dell’appiattimento affettivo, scopriamo cosa sono le emozioni e quale ruolo giocano nella nostra vita. Soltanto così potremo capire come può l’appiattimento affettivo avere conseguenze sulla vita di una persona.

Maschere nel cielo

Cosa sono le emozioni e a cosa servono?

Le emozioni sono reazioni che tutti sperimentiamo: allegria, tristezza, paura, ira… Nonostante siano ben note ai più, se analizzate a fondo e singolarmente possono rivelarsi complesse. Sebbene abbiamo provato tutti ansia o nervosismo, non tutti siamo consapevoli del fatto che una cattiva gestione di queste emozioni può determinare un blocco o persino una malattia.

Per semplificare, le emozioni sono la tendenza biologica dell’uomo a reagire in un determinato modo a certi stimoli. Questa tendenza è innata in noi e si modella con l’apprendimento e l’ambiente nel quale cresciamo. Al giorno d’oggi, la maggior parte degli esperti ritengono che alle emozioni siano legate diverse risposte.

Tali risposte o manifestazioni sono le seguenti: in primo luogo si produce una risposta neurofisiologica (provocata da ormoni e neurotrasmettitori) che si manifesta attraverso un’altra comportamentale (come i gesti) e una cognitiva, ovvero quella che ci permette di prendere coscienza di quello che stiamo provando. Queste ultime due variano a seconda dell’ambiente e della cultura di ciascun individuo.

Il tono edonico dell’emozione, ovvero la sensazione piacevole o spiacevole o il piacere che sperimentiamo, sono il “sale della vita”. Poiché i ricordi che conserviamo sono principalmente legati alle emozioni, il tono edonico è fondamentale per la memoria, per decidere, per formare i nostri giudizi e ragionamenti, per il nostro comportamento, le nostre relazioni sociali e il nostro benessere.

La tensione emotiva è fondamentale anche per prendere decisioni. Di fatto, spesso facciamo le nostre scelte in maniera istintiva. Ad ogni modo, l’aspetto più importante delle emozioni è che ci guidano e ci motivano.

Le emozioni sono composte da due elementi: da una parte la sensazione soggettiva che sentiamo dentro di noi. Dall’altra, la manifestazione esterna dell’emozione. A volte le due componenti possono essere separate. Per esempio, un attore può simulare tutte le manifestazioni di un’emozione senza provarle davvero.

A cosa servono le emozioni?

Una delle funzioni più importanti delle emozioni è quella di prepararci all’azione. Esse mettono in moto l’energia necessaria a dare una risposta efficace in funzione delle circostanze, dirigendo la nostra condotta verso la meta desiderata. Ciascuna delle emozioni ci indica e ci spinge verso un diverso tipo di azione.

Donna di spalle

Le emozioni compiono anche una funzione sociale. Comunicare il nostro stato d’animo alle persone attorno a noi facilita e fortifica le relazioni con le stesse. Le nostre emozioni agiscono per gli altri come dei segnali: suggeriscono loro come rapportarsi con noi nel modo più appropriato.

Infine, le emozioni compiono anche una funzione motivazionale. Da un lato, l’emozione mette in moto il comportamento motivato. Lo spavento, per esempio, facilita le reazioni difensive, l’allegria favorisce l’attrazione interpersonale, la sorpresa genera attenzione agli stimoli nuovi, e via dicendo.

Le emozioni, inoltre, dirigono il nostro comportamento, facilitando cioè il raggiungimento o il distanziamento dall’obiettivo del comportamento motivato in funzione di come ci sentiamo. È chiaro, quindi, quanto sia importante provare ed esprimere emozioni.

Appiattimento affettivo: di cosa si tratta?

L’appiattimento affettivo non è una patologia. Si tratta piuttosto di un sintomo che ci avvisa di un problema. Si potrebbe definire come un sintomo legato alla mancanza d’espressione e di sperimentazione delle emozioni. Spesso questo fenomeno viene anche definito come indifferenza emotiva o intorpidimento emotivo. La persona che ne soffre, infatti, si mostra indifferente alle emozioni altrui e persino alle proprie.

Bisogna sottolineare che l’assenza di emozioni si verifica sia sul piano delle sensazioni positive che di quelle negative. Le persone non sono incapaci di sperimentare soltanto allegria, neanche paura, per esempio. È molto raro che l’appiattimento affettivo si manifesti con totale intensità. Chi ne soffre, infatti, può sperimentare le emozioni con diversi gradi di intensità, anche se soltanto in situazioni eccezionali. Si tratta più che altro della tendenza a sperimentare un tono emotivo generale ammettendo molte poche variazioni.

Appiattimento affettivo e depressione

Le persone che manifestano appiattimento affettivo non sono necessariamente depresse. La depressione è associata all’apatia e a un basso stato d’animo. In questo senso, l’appiattimento affettivo non va confuso con l’incapacità di sperimentare piacere.

Quest’ultima, definita in termini psicologici come anedonia, è tipica dei disturbi depressivi. Chi è depresso non prova più piacere per le attività che prima gli risultavano piacevoli. Di conseguenza, smette di realizzarle e si preclude la possibilità di sentirsi meglio.

Le persone con appiattimento affettivo vivono le emozioni in maniera poco intensa, molto leggera, oppure non le sperimentano affatto. Tuttavia, a differenza delle persone depresse, non provano un malessere per questo. Non provano nulla, ma non ne soffrono.

Talvolta non è facile distinguere l’anedonia dall’appiattimento affettivo, ma è bene anche segnalare che possono manifestarsi contemporaneamente nella stessa persona. Per distinguere i due sintomi, è bene ricordare che l’anedonia è l’incapacità di sentire piacere (un’emozione positiva). L’appiattimento affettivo è, invece, l’assenza di qualsiasi emozione o un’espressione ridotta delle stesse.

Appiattimento affettivo: perché si manifesta?

L’appiattimento affettivo è il sintomo o l’espressione di una patologia di base, come già segnalato. Pertanto, non si manifesta mai da solo. L’appiattimento affettivo appare insieme ad altri sintomi andando a delineare un disturbo o una sindrome. 

L’appiattimento affettivo è da sempre associato alla schizofrenia. Tra i disturbi schizofrenici è possibile distinguere due diversi tipi di sintomatologie: quelli con sintomi positivi e quelli con sintomi negativi.

Si chiamano sintomi positivi quelli che implicano un eccesso rispetto alle persone che non li manifestano. Al contrario, i sintomi negativi si manifestano come carenza. Per esempio, un’allucinazione sarebbe un “eccesso” di percezione, mentre l’apatia una “carenza” di motivazione.

Ebbene, l’appiattimento affettivo rientra nel gruppo dei sintomi negativi della schizofrenia. Ma non è soltanto nella schizofrenia che può verificarsi, bensì, per esempio, anche nel caso di disturbi dello spettro autistico. Le persone autistiche sperimentano difficoltà a vivere intensamente le emozioni così come ad esprimerle in maniera corretta.

Anche nei casi di demenza può manifestarsi l’appiattimento affettivo, come conseguenza dei cambiamenti che si producono a livello cerebrale. Come abbiamo visto, l’appiattimento affettivo fa parte di un gruppo più ampio di sintomi. Per trattarlo, dunque, è necessario trattare la malattia o il disturbo che vi è alla base.


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