Aspetti psicologici della disautonomia

La disautonomia si manifesta su diversi livelli e uno dei più importanti è quello psicologico. Parliamo dei principali fattori emotivi e delle strategie per lavorarci su e per ridurre i limiti.
Aspetti psicologici della disautonomia
Elena Sanz

Scritto e verificato la psicologa Elena Sanz.

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio, 2024

La disautonomia è una condizione comune, ma difficile da diagnosticare. Chi ne è affetto soffre di vertigini, stanchezza, tachicardia, mal di testa e persino sincopi e svenimenti, eppure non sempre viene preso sul serio. Tuttavia, stiamo parlando di sintomi che hanno un impatto significativo sulla qualità della vita. Pertanto, è importante considerare gli aspetti psicologici della disautonomia.

Anche se potreste non aver sentito parlare di questa patologia, si pensa che colpisca una persona su dieci: nel mondo, ci sarebbero circa 70 milioni di persone che ne soffrirebbero.

Sistema nervoso
L’incidenza della disautonomia è maggiore nelle donne e nella fase dell’adolescenza e della prima giovinezza.

Cos’è la disautonomia?

La disautonomia è un disturbo o una disregolazione del sistema nervoso autonomo (SNA). Questo sistema controlla numerose funzioni involontarie dell’organismo che sono cruciali per la sopravvivenza (come la temperatura, la pressione sanguigna o l’attività intestinale). Per fare ciò, mantiene un equilibrio tra il SNA simpatico (che attiva il corpo) e il SNA parassitario (che gestisce il riposo e il riposo). Quando si verificano carenze nella regolazione di questi due componenti, compaiono i sintomi della disautonomia.

Questi possono essere molto vari e manifestarsi in modo diverso in ogni caso. Di solito includono affaticamento, dispnea, dolore toracico, visione offuscata, vertigini e sincope o svenimento. Inoltre, nella maggior parte dei casi l’ipotensione ortostatica (improvviso calo della pressione sanguigna) si verifica quando la persona passa dalla posizione seduta o sdraiata alla posizione eretta.

Aspetti psicologici della disautonomia

Vale la pena ricordare che, sebbene si tratti di una condizione medica, ci sono già stati processi di definizione dall’inizio del XX secolo.

La disautonomia era allora nota come nevrastenia o nevrosi autonomica, e ancora oggi si ritiene che sia influenzata da fattori psicologici che mediano la funzione del SNA. In altre parole, ci sono fattori emotivi che possono innescare questa risposta fisiologica, e identificandoli e lavorando su di essi è possibile prevenire e aiutare a gestire la disautonomia.

Inoltre, le conseguenze sul piano psicologico sono solitamente significative fin dall’inizio. Da un lato, è difficile per il paziente ottenere una diagnosi accurata: di solito c’è un pellegrinaggio tra diversi professionisti che non trovano alterazioni mediche o confondono la malattia con altre simili. Questa mancanza di convalida medica produce grande angoscia e frustrazione, oltre a paura e un forte desiderio di “essere o essere di nuovo normali”.

D’altra parte, la qualità della vita ne risente fortemente poiché la persona riesce a malapena a reggersi in piedi e soffre di vari sintomi che, sebbene non gravi, sono invalidanti. Pertanto, la vita sociale è notevolmente ridotta e le relazioni intime ne risentono. È comune che la persona perda il lavoro per non essere in grado di svolgerlo correttamente e limiti sempre più le proprie attività quotidiane, cadendo in uno stile di vita sedentario.

Tutte queste ripercussioni generano alti livelli di ansia e depressione, che a loro volta alimentano e peggiorano i sintomi della disautonomia.

donna stanca che si sveglia
Generalmente, il paziente con disautonomia si isola e sprofonda nell’apatia o nell’angoscia.

Come intervenire dal livello psicologico?

Non possiamo davvero parlare di una cura per la disautonomia, ma l’intervento multidisciplinare può essere di grande aiuto nella gestione dei sintomi. È importante che professionisti di vari campi uniscano le forze e, dalla psicologia, si possono dare diversi contributi:

  • Effettuare la psicoeducazione per informare il paziente sulla sua condizione e sull’influenza dei fattori psicosomatici. A questo proposito, gli viene insegnato a rilevare i fattori di stress che possono contribuire all’insorgenza dei sintomi.
  • Promuovere una regolazione intelligente delle emozioni. La base è un’autoconoscenza emotiva che consente alla persona di riconoscere i propri sentimenti, nominarli ed essere consapevole delle loro conseguenze. Allo stesso modo, il paziente è incoraggiato a riconoscere le virtù, le risorse e gli strumenti disponibili per affrontare situazioni avverse e promuovere esperienze di benessere.
  • Formazione in tecniche di rilassamento e respirazione che favoriscono la regolazione dell’attivazione fisica e psicologica.
  • Aiuta la persona a stabilire una rete di supporto sociale che offra supporto e promuova l’autostima. In questo modo si evita l’isolamento e si incoraggia la partecipazione ad attività gratificanti.
  • Lavorare su possibili errori cognitivi riguardanti l’interpretazione delle risposte fisiologiche, evitando così che appaiano paure e fobie e che lo stile di vita della persona venga condizionato.
  • Orientamento al reinserimento nel mondo del lavoro, aiutando la persona a riconoscere le proprie attitudini e interessi ea trovare un’occupazione che le permetta di essere attiva senza esaurirsi.

In breve, gli aspetti psicologici della disautonomia devono essere considerati quando si effettua un approccio olistico e globale. Ed è che mente e corpo non sono separati, interagiscono e si influenzano a vicenda e questo può riflettersi sia nelle cause che nelle conseguenze della malattia; e, soprattutto, nel suo possibile trattamento.


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