Basi biologiche dell'aggressività impulsiva

Nella prima metà del XX secolo furono eseguiti degli studi sui gatti, nello specifico sulla regione posteriore del loro ipotalamo. Si osservò che quando questa regione risulta danneggiata e separata dalle sue connessioni con i centri neurali, il comportamento aggressivo svanisce.
Basi biologiche dell'aggressività impulsiva
Paula Villasante

Scritto e verificato la psicologa Paula Villasante.

Ultimo aggiornamento: 05 gennaio, 2023

L’aggressività è un concetto complesso ed eterogeneo. Possiamo distinguere principalmente tra due tipi di aggressività: premeditata (predatoria, strumentale) e impulsiva (affettiva, reattiva). In questo spazio ci concentreremo sulle basi biologiche dell’aggressività impulsiva.

Secondo l’autore Stahl, l’aggressività impulsiva può essere il riflesso di “un’ipersensibilità emotiva e di un’esagerata percezione della minaccia. Ciò può essere associato a uno squilibrio tra i controlli inibitori corticali dall’alto al basso e gli impulsi limbici dal basso all’alto”.

A quanto sembra, l’aggressività impulsiva non restrittiva è altamente attiva nell’amigdala. Oltre a ciò, possiede una scarsa attività inibitrice nella corteccia prefrontale orbitofrontale (OFC). Quando una persona prova a controllare la propria aggressività impulsiva, l’attività nell’OFC aumenta. Ma la domanda è: da dove ha origine il comportamento aggressivo nel sistema nervoso centrale?

Ipotalamo e materia grigia periacqueduttale

Nella prima metà del XX secolo furono condotti alcuni studi sui gatti. In particolare, fu analizzata la regione posteriore dell’ipotalamo e si giunse alla conclusione che distruggendola si “distrugge” anche il comportamento aggressivo di rabbia (falsa rabbia) che non sembrava essere associato alla vera ira.

Questo comportamento, inoltre, non sempre sembra essere indirizzato verso lo stimolo scatenante. A seguito della stimolazione, questa regione attivava il comportamento di rabbia (2,3). Gli studi sulle basi biologiche dell’aggressività nei gatti ha condotto alla descrizione di (4,5):

  • Attacco affettivo, caratterizzato da risposte emotive tipiche del sistema nervoso simpatico.
  • Attacco predatore, in assenza di queste risposte emotive tipiche.
Basi biologiche dell'aggressività.

Basi biologiche dell’aggressività e attacco affettivo

L’attacco affettivo può essere controllato da un’estesa porzione dell’ipotalamo mediale. Questa si estende fino al tronco encefalico, dove si trovano i centri nervosi che controllano l’espressione dell’attacco, come grugnire e lamentarsi (6). Nell’attacco affettivo possono essere coinvolti anche:

  • L’amigdala mediale. Da essa l’ipotalamo riceve informazioni stimolanti.
  • La sostanza grigia periacqueduttale dorsale del tronco encefalico. L’ipotalamo invia stimoli di eccitazione. Inoltre, da questa sostanza partono connessioni di eccitazione connessi al locus coeruleus e al nucleo solitario che mediano nelle risposte autonome durante l’attacco affettivo (6).

L’attacco predatore: cosa ci dice la neurobiologia dell’aggressività?

Questo tipo di attacco è controllato dall’ipotalamo laterale, ma anche da alcune regioni del tronco encefalico, come la materia grigia periacqueduttale ventrolaterale.

L’ipotalamo laterale riceve stimoli di eccitazione dall’amigdala centrale e laterale e inibitori dall’amigdala mediale. Lo studio citato ha permesso di osservare il modo in cui i due circuiti si inibiscono a vicenda. Mentre il gatto è in fase di “attacco predatore” non può al tempo stesso assecondare un “attacco affettivo”.

Haller (2014) afferma che i meccanismi descritti per il gatto e il suo ipotalamo, la sua sostanza grigia periacqueduttale e gli altri centri, come l’amigdala, funzionano in modo simile negli esseri umani. In questo caso si aggiunge la corteccia prefrontale, substrato dei fattori psicologici.

Le strutture limbiche (amigdala, formazione dell’ippocampo, area del setto, corteccia prefrontale e circonvoluzione del cingolo) regolano fortemente l’aggressività attraverso le connessioni con l’ipotalamo mediale e laterale (7).

L’amigdala

A quanto sembra c’è un chiaro coinvolgimento dell’amigdala nei comportamenti aggressivi. Diversi studi, di fatto, riscontrano una significativa riduzione del volume di materia grigia dell’amigdala nei soggetti violenti psicopatici (8,9). Altri studi, tuttavia, dimostrano l’opposto (1).

Quel che è certo è che l’amigdala svolge un proprio ruolo nell’aggressività. Tuttavia, non è dato sapere esattamente se aumenta o riduce le dimensioni quando questo comportamento prende forma.

Per quanto riguarda l’attivazione dell’amigdala, sono stati condotti alcuni studi su soggetti psicopatici che hanno evidenziato livelli più bassi alla vista di immagini violente (1).

Amigdala nel cervello umano.

La corteccia prefrontale nelle basi biologiche dell’aggressività

Cosa succede a livello funzionale nella OFC dei soggetti violenti? Uno studio condotto mediante PET, eseguito su assassini predatori (psicopatici) e impulsivi e su soggetti normali dal punto di vista neurologico e comportamentale (10) ha portato ai seguenti risultati, relativi al tipo di aggressione e all’attività della corteccia prefrontale:

  • Gli assassini impulsivi presentano minore attività prefrontale e maggiore attività subcorticale nel lobo temporale (in cui si trova l’amigdala) rispetto ai soggetti sotto controllo.
  • Gli assassini predatori mostrano un’attività prefrontale simile a quella dei soggetti sotto controllo, ma anche un’eccessiva attività subcorticale.

In linea di massima, sembra che la violenza provochi almeno una strana attività funzionale nella corteccia prefrontale.

In generale, gli studi relativi alle basi biologiche dell’aggressività riconoscono come le responsabili di questo comportamento le strutture subcorticali come l’amigdala e le altre strutture corticali. Sebbene gli studi non sia esaustivi, sembrano suggerire che la condotta violenta potrebbe essere il risultato di una disfunzione dell’attività corticale e subcorticale.


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  • Ortega-Escobar, J., & Alcázar-Córcoles, M. Á. (2016). Neurobiología de la agresión y la violencia. Anuario de psicología jurídica, 26(1), 60-69.
  • Finger, S. (2001). Origins of neuroscience: a history of explorations into brain function. Oxford University Press, USA.
  • Siegel, A. (2004). Neurobiology of aggression and rage. CRC Press.
  • McEllistrem, J. E. (2004). Affective and predatory violence: A bimodal classification system of human aggression and violence. Aggression and violent behavior, 10(1), 1-30.
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  • Haller, J., & Haller, J. (2014). Neurobiological bases of abnormal aggression and violent behaviour. New York, NY: Springer.
  • Ermer, E., Cope, L. M., Nyalakanti, P. K., Calhoun, V. D., & Kiehl, K. A. (2012). Aberrant paralimbic gray matter in criminal psychopathy. Journal of abnormal psychology, 121(3), 649.
  • Tiihonen, J., Hodgins, S., Vaurio, O., Laakso, M., Repo, E., Soininen, H. y Avolainen, L.(2000). Amygdaloid volume loss in psychopathy. Society for Neuroscience Abstracts, 2017.
  • Raine, A., Meloy, J. R., Bihrle, S., Stoddard, J., LaCasse, L., & Buchsbaum, M. S. (1998). Reduced prefrontal and increased subcortical brain functioning assessed using positron emission tomography in predatory and affective murderers. Behavioral sciences & the law, 16(3), 319-332.

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