I comportamenti aggressivi in psicologia

I comportamenti aggressivi si manifestano in diversi modi e alcune teorie ne mettono in luce il valore adattivo per la nostra sopravvivenza in quanto specie.
I comportamenti aggressivi in psicologia
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Scritto Sonia Budner

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

L’aggressività è presente un po’ ovunque nella vita di tutti i giorni. La troviamo sui giornali, per strada e sui social. Sembra essere una tendenza naturale dell’essere umano, al punto tale che – in diversa misura – sembrerebbe annidarsi in tutti noi. I comportamenti aggressivi si manifestano in vari modi e alcune teorie ne mettono in risalto il valore adattivo per la sopravvivenza della nostra specie.

La psicologia ha dedicato molto tempo e impegno allo studio dei comportamenti aggressivi, ai fattori che li scatenano, ai processi coinvolti e alle loro conseguenze. Esistono condotte aggressive mascherate o esplicite, dirette o indirette, sotto forma di parola o di azione, di tipo fisico, verbale, psicologico o relazionale.

Comportamenti aggressivi: di tipo ostile o strumentale

In generale, possiamo parlare di due tipi di comportamento aggressivo. L’aggressione ostile e l’aggressione strumentale (o predatrice). Si distinguono l’una dall’altra principalmente per i motivi alla base. Derivano da precedenti ben distinti, sono sintomi di problemi ben diversi e sono associate a processi cognitivi ed emotivi distinti.

  • Aggressione ostile: trattasi di un tipo di aggressione impulsiva, che ha lo scopo di danneggiare. Ha una forte componente emotiva. È un’aggressione reattiva.
  • Aggressione strumentale o predatrice: è fredda e premeditata. Il suo obiettivo principale non è fare del male, sebbene ne faccia, ma nasconde altri interessi. Può essere guidata da un furto o dall’assunzione di potere. È un’aggressione pianificata, che sia per vendetta o per interesse.
Donna che mostra comportamenti aggressivi

Biologia dei comportamenti aggressivi

Non sembra esistere una diretta correlazione tra genetica e condotte aggressive. Potrebbe trattarsi più che altro di un’interazione tra fattori biologici e ambientali che ci renderebbero più inclini all’aggressività. D’altro canto, dobbiamo considerare che l’aggressione tra esseri umani è altamente regolata a livello sociale.

Diverse condotte aggressive sembrano avere origine da diverse aree cerebrali. L’amigdala, l’ippocampo, l’area settale, la corteccia prefrontale e la circonvoluzione del cingolo, sembrano modulare i comportamenti aggressivi attraverso le connessioni con l’ipotalamo mediale e laterale (Haller 2014).

Si è osservata una riduzione della materia grigia in soggetti particolarmente aggressivi. Inoltre, si è ipotizzato che la combinazione di alti livelli di testosterone e bassi livelli di cortisolo funga da stimolatore dei comportamenti aggressivi. Anche i livelli di serotonina hanno un ruolo importante nel comportamento aggressivo, nella sua manifestazione e sul suo controllo.

Impulso innato o comportamento acquisito

Secondo la teoria neoassociazionista, elaborata da Berkowitz a partire dai lavori di Freud, l’impulso aggressivo si attiva quando si impedisce al soggetto di raggiungere la meta ambita. Ciò deriva da uno stato affettivo negativo, che è ciò da cui deriverebbe, a sua volta, il comportamento aggressivo nell’individuo.

Ricordiamo anche la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura, che sostiene che sono le influenze esterne a stimolare le condotte aggressive, che si aggiungono al nostro repertorio comportamentale per imitazione. Vale a dire, si acquisiscono a seguito della vista di altre persone che si comportano in modo aggressivo. Questo succede in particolare se la persona osservata gode della simpatia di chi apprende e che considera un proprio simile. Si osserva anche che in questo caso si ottiene un qualche beneficio dal comportamento aggressivo.

Sono queste due, essenzialmente, le posizioni dalle quali partono Anderson e Bushman, che hanno proposto una fusione dei due modelli. Questa terza teoria tiene in considerazione i fattori biologici, ambientali, psicologici e sociali al fine di spiegare il comportamento aggressivo. L’aggressività deriva da un’interazione delle caratteristiche personali dell’individuo con gli stimoli esterni che attivano un insieme di processi cognitivi ed emotivi.

Uomo furioso che sbatte il pugno contro il muro

Fattori che innescano o intervengono nell’attivazione dei comportamenti aggressivi

Tra i fattori che innescano o che intervengono sulle condotte aggressive possiamo indicare, ad esempio, gli istigatori sociali, quelli non sociali e i fattori interiori dell’individuo. Degli istigatori sociali fanno parte cause scatenanti come la provocazione, la percezione di essere trattato ingiustamente o il rifiuto sociale.

Tra gli istigatori non sociali spiccano le cosiddette chiavi aggressive (immagini o oggetti presenti in un dato contesto che attivano pensieri aggressivi). Sarebbe il caso della presenza di armi in un determinato contesto. Dall’altro lato, troviamo i fattori di stress ambientali, come il caldo, il sovraffollamento o i forti rumori, che spesso agiscono da fattori scatenanti dei comportamenti aggressivi.

Ci sono anche fattori cognitivi che intervengono nei comportamenti aggressivi. Vale a dire, la masticazione, la disconnessione morale o l’attivazione di script o copioni (schemi che rappresentano situazioni che guidano condotte aggressive). Tali script sono magazzini della memoria di esperienze e situazioni che si recuperano facilmente. Conservano anche convinzioni su come debba essere il comportamento normale in determinate circostanze.


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