Bethany Hamilton e la sua straordinaria vita
La storia di Bethany Hamilton ha per protagonista una persona che ha vissuto esperienze estreme fatte di dolore fisico ed emotivo, ma che è anche riuscita a superarle e a farsi strada. L’aspetto più interessante è che molte delle persone che hanno vissuto situazioni al limite rinunciano agli atteggiamenti di autocommiserazione come regola di vita.
Bethany Hamilton nasce a Kauai (Hawaii) nel febbraio 1990. I suoi genitori sono Cherie e Tom, due appassionati di surf. Si sono trasferiti dagli Stati Uniti continentali alle Hawaii per godere ogni giorno delle meravigliose onde del luogo. Non badavano alla precarietà economica alla quale potevano andare incontro trasferendosi. Nella loro nuova vita, Cherie aveva iniziato a lavorare come donna delle pulizie e Tom come cameriere negli hotel locali. Il resto del tempo lo dedicavano al surf.
La coppia ha avuto tre figli. Il maggiore è Noah, poi c’è Timothy, nato 5 anni dopo e, infine, Bethany, la più giovane, venuta al mondo 4 anni dopo Timothy. Tutti e cinque i membri della famiglia amavano il surf, ma nessuno quanto Bethany. Aveva appena imparato a camminare quando i suoi genitori la misero per la prima volta su una tavola da surf. Aveva solo due anni. Da allora, non ha smesso di amare il surf.
“Non puoi nuotare verso nuovi orizzonti fino a quando non trovi il coraggio di perdere di vista la riva.”
-William Faulkner-
Una nuova promessa del surf
Bethany Hamilton comincia presto a eccellere nel mondo del surf. Era una ragazza ribelle, coraggiosa e audace. Cercava sempre le onde più difficili e voleva battere i suoi record. A 9 anni aveva già vinto diverse competizioni locali. La sua famiglia ha sostenuto grandi sforzi per farla partecipare alle gare. A volte gli toccava dormire tutti insieme nella stanza di un motel.
Tuttavia, i loro sforzi venivano ben ripagati: Bethany era un’eccellente surfista che riusciva persino a battere le ragazze di 4 o 5 anni più grandi di lei. Così nel 1999 la società australiana Rip Courl diventa il suo sponsor. Da quel momento poteva disporre delle risorse necessarie per allenarsi senza pesare sul bilancio familiare.
Sempre in quel periodo, la ragazza inizia a studiare a casa. Ciò le permetteva di seguire i suoi ritmi e di avere il tempo per allenarsi, oltre a partecipare alle gare senza trascurare troppo lo studio. Sembrava andare tutto alla perfezione.
L’incidente di Bethany Hamilton
A 13 anni, Bethany era già seconda nella classifica americana dei surfisti della categoria under 18. Il suo grande sogno era quello di diventare un’atleta professionista e di vincere tutte le gare di lì in avanti.
Tuttavia, il 31 ottobre 2003 succede qualcosa di inaspettato. Come ogni giorno, Bethany era andata a fare surf al mattino, con la sua amica Alana. Si trovava a circa 300 metri dalla costa, quando i suoi amici la videro contorcersi sulla tavola. Dato che erano abituati a vedere le sue acrobazie, non si insospettirono subito. Ben presto, però, notarono che stava accadendo qualcosa di strano.
Bethany stava riposando sulla tavola con un braccio dentro l’acqua quando all’improvviso uno squalo tigre la attacca, distruggendo la tavola e mordendole un braccio. La ragazza, all’epoca tredicenne, afferma che in quel momento pensava solo a due cose: a non abbandonare il surf e a non perdere il supporto dei suoi sponsor.
Un recupero incredibile
Il padre dell’amica Alana la porta subito in ospedale. Casualmente, il padre di Bethany era nello stesso ospedale per un controllo di routine. La ragazza ha subito due interventi chirurgici. Alcuni volontari sono andati alla ricerca del braccio, ma non sono riusciti a trovarlo.
L’unico pensiero nella mente di Bethany Hamilton era quello di guarire e tornare sulla sua tavola da surf. Una settimana dopo l’incidente, era già a passeggio per l’ospedale in visita ad altri pazienti. Un mese dopo la rimozione dei punti, era già sulla tavola da surf. L’allenamento dopo l’incidente è stato estremamente faticoso, in quanto ha dovuto imparare a mantenere l’equilibrio con un solo braccio. In meno di un anno era già tornata a gareggiare.
Quando le chiedono le ragioni della sua grande determinazione, lei risponde che esistono tre valori importanti nella sua vita: “essere cristiana, la sua famiglia e gli amici”. Odia essere considerata un’eroina.
Accetta elogi solo quando riguardano i suoi successi come surfista. Ha deciso di non essere una vittima delle circostanze, ma di anteporre a tutto il suo grande desiderio di ritornare sulla tavola da surf, contro ogni previsione.
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- Ruiz, G. (2018). La cabeza del campeón: cómo construir una mentalidad ganadora para la vida. EDICIONES B.