Consapevolezza della finitezza: l'essere umano e la morte

La morte è fonte di paura, ispirazione, lutto, amore e nutrimento per l'idea di finitezza. Un concetto che forgia la nostra essenza in un modo molto speciale.
Consapevolezza della finitezza: l'essere umano e la morte
Laura Llorente

Scritto e verificato la filosofa Laura Llorente.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

La filosofia, tra gli altri interessi, ha come oggetto di studio la natura finita dell’uomo. D’altronde, l’essere umano è l’unico animale cosciente del fatto che esiste una fine chiamata morte, e che riflette su di essa al di là dell’evento. Sembra proprio che questa consapevolezza della finitezza incoraggi una riflessione più trascendentale, derivante dalla riflessione sulle azioni e decisioni che prendiamo in vita.

Borges, nel racconto L’immortale, narra la storia di un uomo eterno. A un certo punto della storia, il protagonista incontra Omero che è, a sua volta, immortale. Di questo incontro ricorda: “Io e Omero ci separammo alle porte di Tangeri; credo senza dirci addio”. Due persone immortali non sentono il bisogno di dirsi “addio”: non ci sarà mai una fine che rappresenti un ostacolo a questa possibilità.

L’essere umano, con la sua consapevolezza della finitezza, è un essere prezioso perché ogni momento che vive ha un valore infinito. In un certo senso, la sua finitezza dà valore al momento.

Uomo che si dirige verso la luce

Consapevolezza della finitezza: esseri umani gettati nel mondo

Come abbiamo appena accennato, ogni momento della vita è unico: la strada da percorre è un cammino verso la morte. L’essere umano viene gettato in un mondo in cui la sua condizione familiare, storica e sociale è già data. Ciò significa che nasciamo predestinati?

Per Martin Heidegger, il più importante filosofo esistenzialista del XX secolo, la consapevolezza della finitezza dell’uomo rende più desiderabile per ciascuno di noi avere un pensiero proprio e autentico. Il pensiero privo di autenticità non è riflessivo e non ci proietta verso una vita piena.

L’essere umano e il pensiero inautentico

Per capire il significato del pensiero inautentico, pensiamo a una situazione comune. Immaginate di salire su un taxi; la radio è accesa e il tassista inizia a parlarci delle notizie che trasmette. Ci racconta la sua opinione in merito, un’opinione che potremmo sicuramente desumere/prevedere dalla stazione radio che sta ascoltando.

Per Heidegger, ripetere le idee e le opinioni altrui senza una riflessione preliminare equivale a “essere parlato”. Il tassista (è solo un esempio, senza l’intenzione di offendere alcuno) non riflette su ciò che dice, ma ripete una serie di argomenti che non sono i suoi.

La vita inautentica per Heidegger è, pertanto, quella vissuta nell’esteriorità, che non è riflessiva e non è consapevole della sua mortalità; Quando l’essere umano è consapevole della sua finitezza, la cosa più probabilmente è che voglia avere i propri pensieri e prendere le proprie decisioni.

La vita inautentica è quella che non è consapevole della sua finitezza.

Donna felice assorta nei pensieri

L’essere umano e il pensiero autentico

L’uomo sembrerebbe un essere gettato nel mondo. Proverrebbe dal nulla e marcerebbe verso il nulla, fatto o idea che gli rivelerebbe la sua condizione finita. Tuttavia, allo stesso tempo è anche un essere proiettato nel futuro, proprio per questa stessa condizione.

La nostra condizione di esseri umani – esseri profondamente presenti che camminano verso il futuro – ci costringe a pensare, più che alla realtà, alla possibilità. Siamo le nostre possibilità, senza dimenticare che la possibilità di tutte le possibilità è la morte (qualunque cosa scegliamo, potremmo sempre morire, ovvero la mortalità è sempre presente).

L’essere umano che opta per una vita autentica, lo fa in virtù dell’angoscia prodotta dall’esperienza del nulla, che è l’esperienza della morte. Prenderebbe le sue decisioni sapendo che la vita è unica e che ogni momento, oltre a essere effimero, può essere l’ultimo. Sa che nessuno può morire al suo posto e, soprattutto, è consapevole del fatto che la morte non è solo un momento in cui gli altri trascendono.

“l’uomo può sentire l’angoscia, e quanto più l’angoscia è profonda, tanto più grande è l’uomo.”

-Sören Kierkegaard-


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  • Saña, Heleno (2007). «la filosofía de la desesperanza». Historia de la filosofía española (1ª edición). Almuzara. pp. 202-3.
  • Homolka, Walter y Heidegger, Arnulft (editores) (2016). Heidegger und der Antisemitismus. Positionen im Widerstreit. Herder. 448p.

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