Creatività e psicopatologia

Esiste una relazione tra creatività e psicopatologia? È necessario soffrire di una patologia per trasformarsi in un "genio creativo"? In questo articolo parleremo dello studio sulla relazione psicopatologia-creatività e del ruolo delle neuroscienze al riguardo.
Creatività e psicopatologia
Isabel Monzonís Hinarejos

Scritto e verificato la psicologa Isabel Monzonís Hinarejos.

Ultimo aggiornamento: 03 gennaio, 2023

La relazione tra creatività e psicopatologia è oggetto di interesse da più di cento anni. Già ai suoi tempi, Aristotele notò che i grandi scienziati e gli artisti, persone altamente creative, tendevano alla malinconia. Figure come Ernest Hemingway, Virginia Woolf, Edgar Allan Poe, Vincent Van Gogh o Edvard Munch soffrivano di disturbi mentali che ne influenzarono il processo creativo.

Ancora oggi, lo studio del rapporto tra creatività e psicopatologia resta arduo e complesso. Prima di tutto, perché per riscontrare tale relazione, è necessario trovare un metodo scientifico e formale per misurare qualcosa di talmente intangibile, per molti, come la creatività.

Secondo, perché i disturbi mentali sono molteplici e altamente variabili, e come si suol dire in ambito clinico “esistono tante psicosi quante sono le persone”. E questo ci porta alla terza ragione che giustifica la difficoltà nel misurare tale relazione. E sebbene i progressi nell’ambito delle neuroscienze siano notevoli, il mondo della psiche sembra essere ancora sconosciuto.

Profilo con tramonto

Lo studio sul rapporto tra creatività e psicopatologia

Come punto di partenza, possiamo affermare che lo studio del rapporto creatività-psicopatologia ha avuto inizio dopo il XVII secolo. Ovvero dopo aver accettato che la prima variabile potesse divenire oggetto di misurazione. In altre parole, la creatività ha cessato di essere considerata una variabile immateriale, senza possibilità di studio scientifico.

Autori come Galton, Silverman o Brain, tra gli altri, hanno affermato, partendo da una prospettiva naturalistica, che la creatività non fosse un fenomeno straordinario, bensì comune e con delle basi biologiche. Sebbene attualmente ciò appaia ovvio, non era ritenuto tale fino ad allora. Questi studiosi notarono anche che spesso i soggetti con elevate prestazioni creative soffrivano di disturbi o sintomi depressivi, maniaco-depressivi o nevrotici.

Tuttavia, si giunse presto alla conclusione che tale relazione dovesse essere studiata in modo più rigoroso e non solo attraverso i casi di studio. Da allora, sono stati definiti tre modi o metodi per studiare l’influenza della psicopatologia sulla creatività:

  • Attraverso gli studi biografici di figure creative della storia. I risultati forniti da questo metodo non sono però precisi o conclusivi, sebbene molto interessanti.
  • Analizzare la psicopatologia delle persone creative mediante l’uso di inventari, scale, criteri clinico-metrici per le persone con professioni creative. Lo scopo è quello di verificare se esiste o meno una maggiore incidenza di disturbi mentali. E, se così fosse, in quale tipologia rientrano (affettiva, psicotica, ecc.).
  • Attraverso lo studio della creatività nei pazienti psichiatrici. Questo metodo si basa sul principio contrario al precedente. Se nel primo si cerca la psicopatologia nella creatività, in questo si cerca la creatività nella psicopatologia. Tuttavia, la maggior parte delle ricerche si è concentrata su pazienti affetti da bipolarità o schizofrenia.
Cervello puzzle

Cosa dicono le neuroscienze riguardo a questa relazione?

Negli ultimi decenni sono stati condotti numerosi studi neuroscientifici nel tentativo di determinare una relazione tra queste due variabili.

Sebbene i risultati siano molto diversi – e talvolta persino contraddittori – indicano che “vi è una corrispondenza con i disturbi mentali e/o con evidenti disturbi del comportamento” (Escobar e Gómez-González, 2006). Questi studi mettono in relazione la creatività con l’alcolismo, il suicidio, la depressione maggiore, il disturbo bipolare, la schizofrenia e i deficit di disfunzione cerebrale (epilessia, autismo, ecc.).

Tuttavia, occorre sottolineare ancora una volta che tale relazione non è definitiva. Al momento, infatti, non esiste un netto consenso tra gli esperti. A livello neuroanatomico, la creatività è legata, tra l’altro, al funzionamento della corteccia prefrontale, responsabile delle funzioni cognitive superiori.

Così come è legata anche al sistema limbico che gestisce le risposte fisiologiche agli stimoli emotivi. Tuttavia, gli esperti affermano che la soluzione risiede nel flusso di informazioni che “scorre” attraverso le regioni del cervello coinvolte nella creatività.

Si può quindi concludere che, sebbene ci sia ancora molta strada da fare, la creatività è coinvolta nei disturbi mentali in cui le strutture appena menzionate risultano alterate. Nonostante ciò, i disturbi mentali non sono un fattore determinante o sufficiente per essere creativi.


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