Dietro la pigrizia: cosa ci nasconde il cervello?
Dietro la pigrizia si nasconde un’entità dalle molteplici sfaccettature. Spesso multiforme, è un complesso labirinto di sensazioni, emozioni e pensieri contrastanti, che non sempre sappiamo snocciolare.
Tuttavia, il rumore di questa apatia, di questa mancanza di motivazione che consuma la voglia e risucchia le energie è ben noto al nostro cervello, responsabile dell’immobilità fisica.
Alcuni dicono che la pigrizia sia un’esca che ci intrappola in un presente ibernato in cui cresce un’unica sensazione: adempiere a tutti gli impegni segnati in agenda è impossibile.
Anche la sensazione di stanchezza e di sconforto profondo è frustrante e questa rabbia verso noi stessi finisce per bloccarci ancora di più, facendoci sprofondare in una situazione fastidiosa.
Ebbene, questa dimensione ha un suo senso e una spiegazione, tanto che non dovrebbe implicare una frattura con il nostro Io o nuocere alla nostra autostima. Dovremmo evitare di etichettare con leggerezza un bambino o un adolescente come pigro se prima non sappiamo a cosa si deve la sua inattività.
Spesso, di fatto, si celano paure, indecisione, tristezza e persino un senso di inutilità. Scopriamone di più.
Cosa si nasconde dietro la pigrizia? L’angoscia per il futuro
In molti casi dietro la pigrizia si cela una dimensione residua dei nostri antenati più remoti. Almeno, questa è una delle spiegazioni offerte dall’antropologia. Quegli antenati del genere umano con cui condividiamo la nostra linea genetica, avevano una necessità primordiale nella propria quotidianità: preservare energie.
Le risorse erano molto scarse. La fame era un nemico quotidiano, così come i predatori e quel clima spesso avverso, in cui la calura del sole poteva diventare estrema e le notti davvero gelide.
I nostri antenati erano nomadi e dovevano risparmiare le risorse fisiche; ecco dunque che realizzavano i minori sforzi possibili, ovvero solo quelli necessari. La loro realtà, dunque, si limitava a soddisfare i bisogni primari e a breve termine.
Kalman Glantz, psicoterapeuta dell’Università di Cambridge e co-autore di Exiles from Eden, sostiene che la dimensione della pigrizia sia emersa quando l’essere umano ha iniziato a prendere consapevolezza del futuro. Il bisogno di pianificare a lungo termine, di sforzarsi per ottenere benefici in un secondo momento, ha dato origine in poco tempo a un eccessivo sforzo psicologico e a un costo emotivo.
All’improvviso ci siamo sentiti obbligati a spendere più energie. Oltretutto, sono emerse realtà come l’esigenza verso se stessi, la pressione di gruppo e la paura di non essere all’altezza.
La pigrizia, dunque, non è semplice negligenza, approssimazione o inezia. Si tratta di un compendio di molte dimensioni, laddove, in molti casi, emerge l’angoscia per il futuro più o meno prossimo.
L’apatia del cervello e gli sforzi eccessivi
Nel 2015 Dottor Masud Husain, dell’Università di Oxford, ha dimostrato un aspetto interessante, che favorisce una migliore comprensione di quanto si cela dietro la pigrizia. Attraverso la risonanza magnetica è stato possibile vedere le differenze a livello cerebrale tra una persona molto attiva e una intrappolata in una frustrante inerzia.
Innanzitutto, si è evidenziato che abbiamo bisogno di energie per pianificare e passare dal livello dell’intenzione a quello dell’azione. A tale scopo, il cervello secerne una grande quantità di dopamina per poi attivare la corteccia motrice per stimolare il movimento, l’attività e l’impegno.
Un altro dato emerso è che nel cervello di buona parte delle persone che sembrano pigre risiede, in realtà, l’apatia. Questo significa che i livelli di dopamina sono bassi.
Al tempo stesso, l’attivazione della corteccia cerebrale è poco intensa, perché un cervello “apatico” si sente incapace di fare questo sforzo eccessivo.
Cosa si nasconde dietro l’apatia che accompagna la pigrizia?
Dietro la pigrizia si nasconde una dimensione che il cervello spesso rielabora come apatia. Ma a cosa è dovuta questa sensazione?
Cosa ci spinge a lasciarci intrappolare da quella sensazione che rende tutto opaco e asfissiante? Dal punto di vista psicologico, è importante mettere in risalto le seguenti dimensioni:
- Bassa sensazione di essere efficienti.
- Assenza di supporto emotivo.
- Assenza di reale interesse per quel compito che vogliamo realizzare.
- Sensazione che non valga la pena fare ciò che dobbiamo fare.
- Paura di fallire, di non riuscirci bene come sperano gli altri.
- Sconforto, sensazione di essere inutili, bassa autostima.
Il coinvolgimento psicologico ed emotivo della pigrizia rende questa dimensione una realtà non trascurabile. Dunque, serve a poco arrabbiarci con noi stessi per la nostra scarsa motivazione. Dobbiamo piuttosto indagare, approfondire e andare oltre per capire per quale motivo ci sentiamo così.
Per il cristianesimo la pigrizia è un peccato capitale. Da sempre esiste una concezione dispregiativa di questa dimensione; eppure, è arrivato il momento di vederla in quanto tale, per quello che è: una maschera.
Dietro di essa si celano paura, indecisione, problemi di autostima, insoddisfazione. Eventi specifici che meritano la nostra attenzione e sui quali dovremmo lavorare.
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- Le Heron, C., Holroyd, C. B., Salamone, J., & Husain, M. (2019). Brain mechanisms underlying apathy. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 90(3), 302–312. https://doi.org/10.1136/jnnp-2018-318265