Dimentichiamo alcuni sogni: perché?

La maggior parte di noi dimentica i propri sogni poco dopo il risveglio. Ci restano le sensazioni e alcune immagini disconnesse che finiscono per svanire. Perché succede? Perché il nostro cervello non è in grado di ricordare questi universi onirici?
Dimentichiamo alcuni sogni: perché?
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Trascorriamo buona parte della nostra vita dormendo, immersi in quel suggestivo universo onirico; d’altro canto, però, molto materiale che produciamo in quell’arco di tempo cade nell’oblio. Perché succede? Non importa che quelle esperienze siano incredibilmente intense e quasi reali: al risveglio, le immagini, ogni frammento e ricordo ci sfuggono, come fumo che svanisce al primo soffio di aria. Ma perché dimentichiamo alcuni sogni?

L’aspetto più interessante è che per un breve istante di tempo abbiamo la sensazione che se ci sforzassimo un po’ di più, potremmo recuperare quel ricordo. Tuttavia, non serve a nulla concentrarsi, perché l’unica cosa che resta nostra, spesso, è l’impronta emotiva del sogno o, a volte, dell’incubo.

William Shakespeare diceva che gli esseri umani sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Ovviamente, dietro questa immagine poetica si cela una verità innegabile. L’atto di sognare è una suggestiva combinazione di meccanismi mentali in cui rientrano i ricordi, le esperienze vissute e alcuni racconti pennellati di creatività, di surrealismo e di fantasia. L’essere umano può contare anche su questi straordinari ingredienti.

Come negarlo? Ci piacerebbe poter ricordare ogni sogno e questo perché per tradizione siamo portati a credere che scomporre ogni immagine, parola, sensazione o fatto avvenuto in quel tessuto onirico ci permetterebbe forse di conoscerci un po’ meglio.

La funzione principale dei sogni è cercare di ristabilire il nostro equilibrio psicologico.

-Carl Jung-

Donna che dorme e con una casa sui capelli

Perché dimentichiamo alcuni sogni? Due teorie ci danno la risposta

C’è chi possiede la curiosa capacità di ricordare molti dei propri sogni. Sono quelle persone che non esitano a condividere con gli altri tali esperienze, cercando, di solito, in essi simbolismi e interessanti interpretazioni. Altri, invece, ricordano raramente qualcosa del proprio universo onirico; si tratta di coloro che non esitano a esclamare frasi come: “io non sogno mai”.

Tuttavia, dobbiamo avere chiara una cosa: tutti sogniamo. Sognare non ci permette solo di goderci quello stato di riposo profondo e ristoratore, fondamentale per la nostra salute. Il cervello ha anche bisogno di questo meccanismo per fissare nuove informazioni, per eliminare dati che non ci servono e per eseguire funzioni metaboliche necessarie per il suo equilibrio. Vale a dire che si tratta di un meccanismo di selezione.

In tal modo, secondo gli esperti, se vivessimo 90 anni, ne trascorreremmo circa 30 dormendo, 22 di sonno profondo e 7 fatti di sogni. Di questi 7 anni, tuttavia, non ricordiamo quasi nulla. Ma allora perché dedicare tanto tempo a qualcosa che in fin dei conti è così poco produttivo nei contenuti?

L’ippocampo non presta attenzione ai sogni

Mentre dormiamo, non tutte le aree del cervello si “disconnettono”. Sappiamo che ci sono aree incredibilmente attive e una di queste, che impiega diverso tempo prima di abbassare i suoi livelli di attività per riposare, è l’ippocampo.

Esso trasmette le informazioni rilevanti immagazzinate nella memoria a breve termine all’area della memoria a lungo termine. L’ippocampo è, per così dire, concentrato su alcuni compiti ben specifici. Tali attività gli impediscono di prestare attenzione al nostro mondo onirico, che non percepisce come importante. Il suo compito, in questi momenti, consiste nel consolidare l’apprendimento e i ricordi.

Quello che succede nei nostri sogni non è di suo particolare interesse. Almeno, è quanto sostenuto da diversi studi, come quello condotto da Thomas Andrillon, neuroscienziato dell’Università di Monash, a Melbourne, in Australia. Come è stato osservato attraverso risonanza magnetica, l’ippocampo invia informazioni alla corteccia, ma non ne riceve.

A volte può captare e conservare qualcosa, delle immagini, delle sensazioni o brevi spezzoni. Questa probabilità aumenta quando ci si risveglia subito dopo il sonno. In queste situazioni, è stato dimostrato che il ricordo dell’esperienza onirica dura appena un minuto o due. A poco a poco, ce ne dimenticheremo.

Ippocampo e sogni

Bassi livelli di acetilcolina e di noradrenalina

C’è un secondo motivo per il quale dimentichiamo alcuni sogni. Questa teoria (complementare alla precedente) si concentra su due neurotrasmettitori: l’acetilcolina e l’adrenalina. Un aspetto interessante da sapere è che quando ci addormentiamo, i livelli di queste due sostanze si abbassano drasticamente nel nostro cervello. 

Questo fenomeno si traduce in una minore capacità di fissare i ricordi. Tuttavia, non è tutto. Si è osservato che quando entriamo nella fase REM -momento in cui attraversiamo il confine dei sogni per immergersi nel loro regno- l’acetilcolina si alza all’improvviso, ma questo non vale per l’adrenalina. Per poter ricordare quello che avviene in quel tessuto onirico, dovremmo avere alti livelli di entrambi i neurotrasmettitori.

Perché dimentichiamo alcuni sogni, mentre ne ricordiamo altri?

Sappiamo già che esistono due fattori a causa dei quali dimentichiamo alcuni sogni. L’ippocampo e i neurotrasmettitori, come l’adrenalina e l’acetilcolina, rendono difficile la memorizzazione dei ricordi mentre dormiamo. Ora, esperti in materia come il ricercatore Ernest Hartmann -professore di psichiatria della Facoltà di Medicina dell’Università di Tufts- indicano la presenza di un altro fattore che favorisce l’oblio.

Il cervello non percepisce i sogni come qualcosa di importante: vale a dire, non ne vede l’utilità. Ricordarli si deve a un motivo molto interessante: perché hanno una componente emotiva. Più intenso è un sogno -e più coerente è la sua trama- maggiori saranno le probabilità di ricordarlo.

Per concludere, i sogni sono ancora quell’enigma che ci attrae da sempre. Sia Freud che Carl Jung li consideravano indispensabili per conoscere meglio l’essere umano. Eppure, il cervello li scarta e ci impedisce di ricordarcene; questo perché, secondo quest’organo, curiosamente, non sono così importanti come possono esserlo per noi. 


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  • Vallat, R., Lajnef, T., Eichenlaub, J. B., Berthomier, C., Jerbi, K., Morlet, D., & Ruby, P. M. (2017). Increased evoked potentials to arousing auditory stimuli during sleep: Implication for the understanding of dream recall. Frontiers in Human Neuroscience11. https://doi.org/10.3389/fnhum.2017.00132

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