Disturbo da conversione e belle indifference
A volte il cervello è in grado di causare reazioni incredibili a livello psicologico, quasi come in un film di fantascienza. Il disturbo da conversione o, disturbo da sintomi neurologici funzionali come è stato ribattezzato dal DSM5, ne è un esempio.
Il disturbo da conversione è una perfetta dimostrazione di come corpo e mente siano strettamente collegati. Si tratta di un disturbo funzionale, ma che si manifesta a livello fisico come se si trattasse di una malattia organica, anche se non c’è niente che lo giustifichi.
Ciò che oggi si conosce come disturbo da sintomi somatici deriva da un insieme di disturbi derivati dal concetto di nevrosi isterica. Nel XIX secolo Briquet fu il primo a classificare in un certo ordine l’isteria, limitandosi a una classificazione empirica dei sintomi.
Attualmente conosciamo la conversione come sintomatologia in cui le funzioni corporee smettono di operare o sono seriamente ostacolate. Questo avviene senza la presenza di un danno somatico né come parte di un disturbo fittizio.
È importante non confondere i disturbi somatoformi, come la conversione, con le malattie psicosomatiche. In queste ultime troviamo una base o processo fisiopatologico noto, in cui i fattori psicologici sono collegati all’inizio o al corso del disturbo.
Charcot scoprì che un vasto numero di donne presentavano una serie di sintomi senza una base organica dimostrabile. Così, attribuì una natura di origine psicologica a tutti quei sintomi, chiamandoli conversione isterica.
Caratteristiche cliniche del disturbo di conversione
Come detto in precedenza, il disturbo di conversione è caratterizzato dalla perdita di alcune funzioni corporee. In questo senso, possiamo trovarci di fronte a pazienti che all’improvviso diventano ciechi da un occhio, perdono la voce, manifestano paralisi a un arto o persino intensi mal di testa.
Questi ultimi sono stati denominati “chiodi isterici”. Dopo una visita medica, non troviamo assolutamente nulla che li spieghi. Quindi, qual è la causa?
Così come succede con il suo compagno di classifica, il disturbo da somatizzazione, la conversione di solito colpisce le personalità istrioniche. Una personalità istrionica è quella che presenta una tendenza marcata alla suggestione, alla superficialità, all’instabilità emotiva, alla dipendenza e all’egocentrismo. Tuttavia, questo tipo di personalità continua a essere molto più marcata nel disturbo da somatizzazione.
La caratteristica principale di questo disturbo è la cosiddetta belle indifference. Si tratta della scarsa preoccupazione che il paziente avverte per i sintomi che sta manifestando.
Immaginiamo di svegliarci un giorno con un braccio paralizzato. Molto probabilmente ci preoccuperemo molto, lo osserveremo, andremo dal medico e diventeremo piuttosto ansioso per cosa può succederci.
È normale. Tuttavia, questo non succede ai pazienti con disturbo da conversione, i quali si mostrano imperturbabili di fronte all’apparente disgrazia. Un po’ come accade con la sindrome di Anton, in cui il paziente diventa cieco, ma sostiene di vedere perfettamente. Non sappiamo ancora per certo perché si manifesta questa belle indifference, ma è davvero impressionante.
Un’altra caratteristica evidente del disturbo da conversione è la relazione con fattori psicologici e, soprattutto, con lo stress. Esiste un legame temporale chiaro tra l’evento stressante affrontato dal paziente e la comparsa dei sintomi di conversione.
I sintomi variano notevolmente, perciò rappresenta un quadro molto eterogeneo. I più comuni sono cecità, sordità, paralisi, afonia e perdita di sensibilità totale o parziale, senza alcun sostegno nelle prove mediche.
L’inizio del disturbo è comune in adolescenza e nei primi anni dell’età adulta (10-35 anni). Si può presentare anche nell’infanzia e, in particolare, nei minori di 10 anni, i sintomi si limitano ad alterazioni dell’andatura e convulsioni.
Per le donne è più frequente. Presentano una prognosi peggiore i pazienti con condizione socioeconomica bassa, minor complessità psicologica o scarsa istruzione, così come le donne al di sotto dei 40 anni che provengono da zone rurali. La depressione è un disturbo con cui ha molta comorbidità, anche se di solito è mascherata.
In genere la remissione si verifica in modo spontaneo e in pochi giorni con o senza terapia, anche se, ovviamente, la terapia velocizza il processo. Se il paziente vive di nuovo un fattore di stress, la cosa più normale è che si presenti di nuovo la sintomatologia. Per questo motivo possiamo dire che si tratta di un disturbo cronico.
Cos’è la conversione e come curarla
Il DSM ha spiegato il significato del sintomo proprio del disturbo di conversione in base a due meccanismi: il guadagno primario, ossia non avere sulla coscienza un conflitto o una necessità interna, e il guadagno secondario, evitare un’attività nociva per il soggetto oppure ottenere il sostegno che non si avrebbe in altro modo.
Per quanto riguarda il guadagno primario, questo disturbo è spesso associato a esperienze traumatiche, stress eccessivo, abusi sessuali e fisici.
Sembra che nella maggior parte dei casi lo stress eccessivo sia il fattore precipitante prossimale da cui si scatena il disturbo. A volte, i dolori si collegano strettamente al problema a cui i soggetti erano esposti. Ad esempio, alcuni pazienti avvertono dolore in una parte del corpo in cui un’altra persona ha subito una lesione durante un incidente.
Riguardo al guadagno secondario, è importante dire che come avviene in molti altri disturbi, il paziente può rafforzare la problematica, anche se inconsciamente. L’attenzione, le cure o l’abbandono di attività come il lavoro, in alcune persone possono costituire un guadagno che perpetua il problema. Ciò avviene perché in altre circostanze quell’attenzione non sarebbe stata ricevuta, pertanto non è altro che un’ulteriore richiesta di affetto.
Per quanto riguarda il trattamento, anche se come abbiamo detto questo disturbo tende a sparire spontaneamente, non è sbagliato accelerare il processo di guarigione con la psicoterapia. In questo modo cercheremo di risolvere il fattore di stress che ha dato origine al problema.
Gli indicatori di una buona prognosi sono: un fattore stressante identificabile, un buon funzionamento premorboso, inizio improvviso, assenza di altri disturbi mentali o fisici, assenza di procedimenti legali e breve durata della sintomatologia.
Dalla terapia cognitivo-comportamentale si fa uso dell’allenamento per ridurre l’ansia e affrontare lo stress aiutato da tecniche come l’ipnosi o il rilassamento. Anche la terapia psicodinamica apporta miglioramenti in tal senso ed è mirata alla risoluzione di conflitti psichici preesistenti.
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- Belloch, A., Sandín, B. y Ramos, F (2008). Manual de psicopatología. Volúmenes I y II. McGraw-Hill.Madrid
- American Psychiatric Association (APA) (2014): Manual de Diagnóstico y Estadísitico de los Trastornos Mentales, DSM5. Editorial Médica Panamericana. Madrid.