Educazione cognitiva vs accumulo di dati

In un momento storico in cui ottimizzare l'apprendimento è un interesse primario per genitori e studenti, è essenziale capire in cosa consiste. Capire come assimiliamo le informazioni o interiorizziamo le procedure è il punto di partenza per raggiungere questo obiettivo.
Educazione cognitiva vs accumulo di dati
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 22 marzo, 2023

La dottoressa Julia Harper è una delle figure principali a favore dell’educazione cognitiva, ovvero un apprendimento centrato sul cervello e non sui dati.

Possiede un master in terapia occupazionale, un dottorato in psicologia e dirige la clinica Therapeed, centro specializzato in neuroplasticità attivo dal 1999.

Harper sostiene che almeno una persona su 25 non elabora adeguatamente le informazioni che arrivano al suo cervello, ma non ne è consapevole. Tuttavia, aggiunge che la scienza ha dimostrato che le facoltà cognitive possono essere massimizzate attraverso un allenamento adeguato.

Come altri esperti, ritiene che molti paesi non possono vantare un’educazione cognitiva, bensì si favorisce l’accumulo di dati durante l’apprendimento. Ciò genera la mancanza di prestazioni complete in vari campi associati all’intelletto.

“C’è un modo per rendere il nostro cervello e i nostri modelli comportamentali più costruttivi ed efficaci, e questo vi permetterà di cambiare il vostro comportamento”.

-Julia Harper-

Meccanismi cognitivi.

Educazione cognitiva

Secondo la dottoressa Julia Harper, il cervello deve essere educato a scuola. La dottoressa sottolinea infatti che l’apprendimento inizia proprio nel cervello.

In questo organo si trovano la corteccia e la subcortecca; entrambe svolgono un ruolo fondamentale durante le diverse fasi dell’apprendimento.

  • La subcorteccia è responsabile dell’80% dell’apprendimento. È in essa che si verificano i processi di adozione e automazione delle informazioni.
  • Nella corteccia, invece, si generano i risultati dell’apprendimento. Nell’educazione tradizionale tutto si concentra sulla corteccia, tralasciando i processi precedenti.

L’educazione cognitiva opta per un apprendimento incentrato sulla subcorteccia. Bisogna dunque partire da una profonda comprensione del sistema nervoso, in modo da potenziare le capacità superiori.

In caso contrario, il cervello riceverà le informazioni, ma non sarà in grado di comprenderle ed elaborarle correttamente.

Apprendimento e neuroplasticità

La dottoressa Julia Harper sostiene che il cervello può essere trasformato a qualsiasi età. Bisogna solo allenarlo a stabilire le giuste connessioni e a dare i giusti ordini. La neuroplasticità serve a riparare le connessioni “difettose”.

La metodologia usata per raggiungere questo obiettivo si chiama W.A.Y. e inizia con una divisione funzionale del cervello. Per esempio: livello uno, il midollo; livello due, il tronco cerebrale superiore e il cervelletto; livello tre, la corteccia destra o sinistra, e così via.

In seguito si stabilisce in quale area sono presenti eventuali difficoltà e successivamente si interviene. A tale scopo, si usano vari strumenti e si eseguono esercizi mirati. Questi generano nuovi stimoli che ci permettono di rompere le abitudini indesiderate (connessioni) e di crearne di nuove.

Per ottenere un’educazione cognitiva, è necessario un team in cui intervengono terapeuti cognitivi, neurologi, audiologi, psicologi e nutrizionisti.

È consigliabile un trattamento di sei settimane, in cui le prime tre settimane servono per eliminare le abitudini e le tre settimane seguenti per costruire nuovi modelli.

Uomo in terapia.

L’effetto dell’ambiente

Uno degli esempi che la dottoressa Julia Harper cita è quello di un bambino che non riesce a controllare il suo intestino. Secondo la psicologa, in questo caso sarebbe in difetto il secondo livello cerebrale.

Questa disfunzione è di solito accompagnata da altri comportamenti fuori dalla norma come l’impulsività, la mancanza di flessibilità e la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti.

La ricercatrice sottolinea inoltre che i genitori spesso non dispongono degli strumenti necessari per educare il cervello dei loro figli. Questo è evidente in certi comportamenti che danneggiano i minori, ma che vengono sistematicamente trascurati. Tra questi ci sono i seguenti:

  • Esposizione agli schermi. La scienza ha dimostrato che nessun bambino sotto i 2 anni dovrebbe essere esposto agli schermi. Questi colpiscono il cervello, diminuendo la capacità di attenzione.
  • Luci dello schermo. Oltre a quanto sopra, la Harper nota che le luci degli schermi stimolano le aree cerebrali associate alle dipendenze. Per questo, dopo che il bambino li usa, comincia a tenerli vicini per mangiare, divertirsi, ecc.
  • L’antigravità nel bambino. I bambini hanno bisogno di trascorrere del tempo a pancia in giù, perché l’antigravità stimola il cervello. Questo aiuta anche a gattonare, essenziale per lo sviluppo del piccolo.

Conclusioni sull’educazione cognitiva

Un’educazione cognitiva si basa sui dati scientifici a oggi a disposizione in merito al cervello. In caso contrario, dice la dottoressa Harper, è comunque possibile correggere i comportamenti del soggetto in qualsiasi momento della sua vita grazie alla neuroplasticità.


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  • Fuster, J. M. (2014). Cerebro y libertad. Los cimientos cerebrales de nuestra capacidad para elegir. Participación educativa. Revista del Consejo Escolar del Estado. Segunda época. Vol. 3/Nº 5/2014. Conocimiento, políticas y prácticas educativas, 139.


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