Effetti della religione sul cervello: quali sono?

A prescindere dalla fede religiosa (o dalla sua assenza) in ciascuno di noi, è impossibile negare gli effetti della religione sul cervello umano.
Effetti della religione sul cervello: quali sono?

Ultimo aggiornamento: 15 luglio, 2019

A prescindere dalla fede religiosa (o dalla sua assenza) in ciascuno di noi, è impossibile negare gli effetti della religione sul cervello umano. Alcune credenze religiose, di fatto, sono fenomeni scientifici che possono essere provati con esattezza.

Gli effetti della preghiera sul benessere personale sono ben documentati. La ricerca nell’ambito della neuroteologia (la neuroscienza della fede teologica) ha permesso alcune sorprendenti scoperte, che possono cambiare la percezione che da un punto di vista scientifico abbiamo della spiritualità.

Sappiamo, ad esempio, che la fede può allungare la speranza di vita e che può aiutare ad affrontare meglio le malattie. D’altra parte, alcuni scienziati suggeriscono che l’esperienza religiosa attiva gli stessi circuiti cerebrali del sesso e delle droghe.

Alcuni effetti della religione sul cervello sono perfettamente misurabili. La neuroteologia ha permesso di fare sorprendenti scoperte al riguardo.

Conflitti tra due reti nel cervello

Il conflitto tra religione e scienza incontra molti punti di ancoraggio nel corso della storia, dalle conferenze negli antichi panteon greci fino alle discussioni nate nei forum virtuali. Secondo uno studio del professor Jack e di altri collaboratori, e condotto presso l’Università de L’Aquila, questo scontro ha in realtà origine da un conflitto tra due reti cerebrali.

La scienza ha scoperto che coloro che vivono la religione come una bussola indiscussa sembrerebbero reprimere la rete cerebrale utilizzata per il pensiero analitico, al fine di integrare la rete nel pensiero empatico. Allo stesso modo, coloro che non abbracciano alcun tipo di religione sembrano reprimere il proprio pensiero empatico in favore del pensiero analitico.

“Una questione di fede, dal punto di vista analitico, può risultare assurda”, spiegano i ricercatori. “Sulla base delle nostre conoscenze sul cervello, però, il salto dalla fede alla credenza nel soprannaturale equivale a mettere da parte la forma critica/analitica di pensare, per aiutare noi stessi a ottenere una maggiore percezione sociale ed emotiva”.

Cervello in 3D

Secondo questo studio, le due reti trovano difficile mantenere un equilibrio tra loro, in quanto si trovano a “confrontarsi” molto spesso. Tuttavia, i ricercatori ritengono che nessuna di queste forme di pensiero abbia il monopolio delle risposte ai grandi dilemmi del mondo. 

La nostra stessa natura ci ha permesso di integrare ed esplorare le nostre esperienze sfruttando entrambi gli schemi di pensiero. Secondo gli autori dello studio, comprendere l’interazione tra questi due modi di pensare potrebbe arricchire l’uno e l’altro. 

La religione e i circuiti cerebrali dell’elaborazione delle ricompense

Un recente studio dell’Università dello Utah ha svelato che la religione può attivare gli stessi circuiti cerebrali di ricompensa che attivano anche sesso, droga e altre attività che creano dipendenza. Lo studio ha analizzato in che modo i circuiti cerebrali si attivano quando un credente vive un’esperienza profondamente spirituale.

I ricercatori hanno esaminato i cervelli di 19 giovani mormoni usando uno scanner a risonanza magnetica funzionale. Quando è stato chiesto loro se, e fino a che punto, “percepivano lo spirito”, coloro che hanno riferito sentimenti spirituali più intensi hanno mostrato una maggiore attività nel nucleo accumbens bilaterale.

Queste aree cerebrali di piacere e ricompensa vengono attivate anche durante un rapporto sessuale, mentre ascoltiamo musica, giochiamo o assumiamo droghe. I partecipanti hanno anche riportato delle sensazioni di pace e benessere fisico.

Religione nel cervello: religione diversa, effetti diversi

Andrew Newberg, professore di neuroscienze e direttore dell’Istituto di Ricerca di Salute Integrativa di Marcus, presso l’Università Thomas Jefferson, spiega che le diverse pratiche religiose hanno effetti diversi sul cervello. Vale a dire che le diverse religioni attivano le regioni cerebrali in modo distinto. Secondo Newberg, sia i buddisti che meditano che i monaci cattolici che pregano, ad esempio, evidenziano una maggiore attività cerebrale dei due lobi frontali del cervello.

Gli altri effetti della religione sul cervello sono osservabili mediante una maggiore attività dei lobi frontali evidenziata nelle persone che meditano.

Effetti della meditazione

Queste aree sono correlate a una maggiore concentrazione e attenzione, ad abilità di pianificazione, alla capacità di proiettare in vista del futuro e alla capacità di costruire argomentazioni complesse. Sia la preghiera che la meditazione sono associate a una ridotta attività dei lobi parietali, responsabili dell’elaborazione dell’orientamento temporale e spaziale.

Tuttavia, i monaci che pregano utilizzando le parole, anziché confidare nelle tecniche di visualizzazione utilizzate nella meditazione, presentano una maggiore attività nelle aree cerebrali che elaborano il linguaggio dei lobi subparietali.

L’intensità della preghiera: effetti della religione sul cervello

D’altro canto, altre pratiche religiose possono avere l’effetto opposto sulle stesse aree del cervello. Ad esempio, uno studio recente cui ha preso parte il Dr. Newberg dimostra che l’intensità della preghiera nella religione musulmana (che ha come idea fondamentale l’abbandono di se stessi a Dio) riduce l’attività della corteccia prefrontale e dei lobi frontali a essa associati, oltre che l’attività dei lobi parietali.

Tenendo conto del fatto che la corteccia prefrontale prende parte al controllo esecutivo, il comportamento intenzionale e la presa di decisioni, i ricercatori ipotizzano che avrebbe senso che una pratica incentrata sul delegare il controllo finisca con il dare come risultato una minore attività in questa area del cervello.

Gli effetti della religione sul cervello dipendono da quale pratica religiosa si predilige.

Religione e cervello: come fa la mente a creare un’esperienza spirituale?

Uno studio condotto su alcuni veterani del Vietnam ha dimostrato che coloro che avevano subito lesioni della corteccia prefrontale dorsolaterale del cervello erano più propensi a riferire esperienze mistiche. Come spiega James Giordano, queste parti del cervello controllano la nostra percezione dell’Io in relazione ad altri oggetti nel mondo, così come la nostra integrità corporea. Per questo motivo, le sensazioni e le percezioni extra-corporee e dell’Io esteso che molti credenti riferiscono.

In tal senso, secondo Giordano, se gli esseri si fondono con l’esperienza mistica possiamo dire che l’attività della rete del lobo temporale sinistro e di quello destro cambia. Bisogna sottolineare che i lobi parietali sono anch’essi aree in cui gli studi di Newberg hanno riscontrato una minore attività cerebrale durante la preghiera.


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