Essere il figlio minore: pro e contro

La posizione del figlio minore non è sempre la più comoda, in quanto dipende dal tipo di famiglia in cui crescerà.. Nella maggior parte dei casi, la madre riflette i suoi desideri sul più piccolo.
Essere il figlio minore: pro e contro
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 10 marzo, 2023

È comune pensare che i figli più piccoli siano i preferiti, dunque i più coccolati. Al tempo stesso, esistono diversi luoghi comuni sul figlio minore.

Come in molti altri ambiti, non conviene generalizzare. L’elemento determinante è il tipo di famiglia in cui si nasce. Se la struttura familiare è amorevole e sana, il piccolo sarà oggetto di cure e riceverà i benefici di un ambiente costruttivo.

Nel caso di una famiglia disfunzionale, invece, il figlio minore potrebbe essere il destinatario di diverse forme di abuso. Si trova in una posizione più vulnerabile, poiché nasce e cresce in un ambiente già strutturato in modo inadeguato. In un tale scenario, risentirà non solo della condotta dei genitori, ma anche dei fratelli confusi dalle dinamiche familiari.

“I tuoi figli non sono figli tuoi. Sono i figli e le figlie della vita stessa.”

-Khalil Gibran-

Padre che parla con suo figlio.
I figli minori tendono a essere più tolleranti.

Racconti e miti

Il figlio minore ha occupato un ruolo decisivo in diverse storie, miti e leggende. Nella Bibbia, ad esempio, i primi fratelli della storia sono Caino e Abele. Il più giovane era Abele e finì per essere vittima di suo fratello, che lo invidiava in quanto il prediletto di Dio.

Il figlio minore di Giacobbe (che tra l’altro acquistò la primogenitura dal fratello maggiore, Esaù, per una pentola di minestra) era Giuseppe. Questi fu venduto dai suoi fratelli ad alcuni mercanti, perché gelosi del fatto che il padre lo preferisse a loro.

Nella mitologia greco-romana, Gaia incaricò il figlio minore, Saturno, dell’arduo compito di castrare il padre, Urano. Saturno lo fece e con esso lo spodestò. Quindi, temendo che i suoi stessi figli avrebbero fatto lo stesso con lui, decise di divorarli non appena nati.

Il più giovane, tuttavia, fu risparmiato da un simile destino. Ma ecco che il mito si ripete: Giove, o Zeus in Grecia, rivendicò i suoi fratelli e attaccò il padre, Saturno. Riuscì a sconfiggerlo divenendo il re dell’Olimpo.

Come possiamo vedere, nella mitologia e nei racconti il figlio minore ha la doppia condizione di vittima e di salvatore.

Il figlio minore in psicoanalisi

Sigmund Freud attribuiva grande importanza all’ordine di nascita dei figli. Riteneva che ciò esercitasse una grande influenza sulla formazione del carattere, sui processi di identificazione e sulla configurazione delle nevrosi.

Notò che molto spesso il figlio maggiore è quello incaricato di preservare le tradizioni della generazione precedente, mentre il figlio minore scopre nuovi territori.

Secondo questa prospettiva, il figlio maggiore è destinato a identificarsi più fortemente con il padre. È un’identificazione diretta. Il genitore si aspetta che il figlio sia la sua estensione. Il suo ruolo è quello di lenire le ferite narcisistiche del padre. Spesso si frappone tra questi e gli altri figli volendo essere “unico” in quella gerarchia.

Il figlio minore, invece, va incontro a un processo di identificazione più complesso. È comune che su di lui vengano riflessi gli ideali narcisistici della madre. In altre parole, diventa il suo “figlio prediletto”.

Di solito rappresenta la forza che mette in discussione le tradizioni e non si sente obbligato a preservarle. Allo stesso modo, il desiderio di spodestare il padre è maggiore nel figlio minore, situazione riflessa dai miti greco-romani.

Madre con figlio adulto.
Il figlio minore potrebbe essere più insicuro a causa dell’iperprotezione ricevuta.

Il figlio minore in psicologia

In psicologia si è persino parlato della “sindrome del figlio minore” come di una realtà osservabile in molte famiglie. Le madri tendono a essere iperprotettive nei confronti del figlio più piccolo. Ciò rende spesso più dipendenti e insicuri.

È comune continuare a sentirsi e comportarsi come un bambino indifeso anche in età adulta. Una madre iperprotettiva porta anche a sentire che gli altri sono responsabili delle situazioni negative che si presentano. Allo stesso modo, diventa difficile distinguere l’autonomia dall’impotenza.

Al contrario, il figlio minore tende a essere più aperto e tollerante rispetto ai fratelli. Sebbene si faccia valere con difficoltà, gode di maggiori abilità sociali che gli permettono di andare oltre le differenze ed essere empatico.

Fidandosi di più del proprio giudizio e smettendo di temere la mancanza di supporto, diventeranno sicuramente adulti meravigliosi.


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