Franco Basaglia, uno psichiatra rivoluzionario

Insieme a Ronald D. Laing e David G. Cooper, Franco Basaglia è conosciuto come uno dei padri della "antipsichiatria". Molte delle sue opere sono diventate dei classici, tradotti in svariate lingue e letti da più generazioni.
Franco Basaglia, uno psichiatra rivoluzionario
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Ultimo aggiornamento: 20 febbraio, 2023

Franco Basaglia è stato un precursore dei sui tempi. Questo psichiatra veneziano propose e attuò un nuovo approccio alla cura della malattia mentale, estremamente rivoluzionario. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità considera l’esperienza avviata da Basaglia come uno dei punti di riferimento più importanti per comprendere la psichiatria attuale.

Insieme a Ronald D. Laing e David G. Cooper, Franco Basaglia è conosciuto come uno dei padri della “antipsichiatria”. Molte delle sue opere sono diventate dei classici, tradotti in svariate lingue e letti da più generazioni.

Basaglia non fu solo uno scienziato rigoroso, ma anche un umanista e un attivista. Si oppose alla psichiatria tradizionale, non solo per l’inefficienza di molti dei suoi metodi, ma anche per le proprie e profonde convinzioni etiche. La sua eredità continua tuttora a dare frutti.

“Dietro ogni malattia psichica c’è un conflitto sociale”.

-Franco Basaglia-

I primi anni di Franco Basaglia

Franco Basaglia nacque a Venezia, nel 1924. Di famiglia benestante, visse un’infanzia tranquilla. All’età di 19 anni intraprese gli studi di medicina all’Università di Padova. Fu coinvolto nel movimento antifascista e per questo fu incarcerato tra il 1944 e il 1945. Il tempo trascorso in prigione segnò definitivamente la sua posizione rispetto al ricovero obbligatorio.

Nel 1950, Franco Basaglia ottenne il titolo in psichiatra. Otto anni dopo divenne professore all’Università di Padova. Tre anni più tardi lasciò l’insegnamento per trasferirsi a Gorizia, dove gli fu affidata la direzione dell’ospedale psichiatrico locale. Fu lì che scoprì che i pazienti internati negli ospedali psichiatrici subivano un trattamento simile a quello dei detenuti.

A quel tempo, Basaglia aveva già una sua idea riguardo alla malattia mentale. Non accettava che venisse tratta come una malattia fisica, bensì la interpretava piuttosto come una conseguenza dell’emarginazione e dei contesti disfunzionali.

Il suo primo discorso in ospedale è famoso ancora oggi. Le sue parole erano una dichiarazione di intenti: “Un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato è prima di tutto una persona e come tale deve essere considerata e curata (…). Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone”.

Franco Basaglia

L’esperienza triestina

Nell’agosto del 1971, Basaglia assunse la direzione dell’ospedale psichiatrico di Trieste. Al suo arrivo i pazienti ricoverati erano 1.182. Per la comunità locale, il luogo era una sorta di discarica in cui finivano gli individui inadatti alla vita in società e quindi “fastidiosi”.

In tali circostanze, Basaglia intraprese un processo di trasformazione, sia all’interno che all’esterno dell’ospedale. Le sue idee ottennero il sostegno di professionisti, governi e istituzioni in tutto il mondo, che compresero la necessità della rivoluzione proposta dal medico italiano.

Per quanto riguarda il lavoro all’interno delle strutture, fu estremamente importante lo sviluppo di laboratori artistici nei quali coinvolgere i pazienti. Basaglia si preoccupava di creare opportunità affinché i pazienti intraprendessero iniziative autonome; la questione di fondo era far sì che cessassero di essere soggetti passivi, e che l’ambiente circostante abbandonasse l’idea che i pazienti avessero poco o nulla da offrire. L’obiettivo era quello di concentrarsi sulle abilità dell’individuo, in modo tale da compensarne i limiti.

Pazienti ospedale psichiatrico

Il lavoro con i pazienti

Basaglia creò un sistema ospedaliero aperto. I pazienti ricoverati potevano uscire e tornare in società. Molti di loro fecero ritorno alle loro case. Inoltre, organizzava delle assemblee interne per conoscere l’opinione dei pazienti e cercare insieme delle soluzioni alternative.

Uno dei principi fondamentali era che i manicomi cessassero di essere luoghi remoti ed emarginati dalle dinamiche sociali. L’altro era la ricerca del sostegno della società in modo tale che i pazienti potessero reintegrarsi.

Questa esperienza spinse Franco Basaglia ad avviare un movimento che avrebbe posto fine all’idea di manicomio. Per tale ragione, ebbe contro parte della psichiatria dell’epoca; quella che difendeva la modalità d’intervento in ambienti isolati e totalmente controllati. Lo stessa che riteneva che i pazienti dovessero stare nelle strutture perché non erano e non sarebbero stati in grado di vivere in società.

Nonostante tutto, le sue idee alla fine trionfarono. Nacque così Psichiatria Democratica che ottenne la promulgazione della Legge 180, la quale impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il ricovero obbligatorio delle persone con disturbi mentali.

Franco Basaglia, un progetto lungimirante

Nel 1980, l’ospedale di Trieste non somigliava più a quello che era prima. I vecchi servizi e le vecchie procedure vennero sostituiti con altri più economici, umani ed efficienti.

Il vecchio manicomio fu riordinato in 40 servizi diversi. L’idea di internamento o isolamento era stata del tutto abbandonata. Al contrario, il nuovo approccio utilizzava nuove risorse e strumenti, come l’assistenza domiciliare. I casi più gravi venivano trattati in appartamenti nei quali si raggruppavano piccole comunità. Il concetto primario in questo caso divenne la riabilitazione psicosociale.

Franco Basaglia morì nel 1980 lasciandoci in eredità tutte quelle idee che avevano cambiato il mondo della psichiatria in molte parti del mondo. La sua è stata una rivoluzione copernicana in ambito psichiatrico. Per Basaglia nessun uomo meritava di essere denigrato e allontanato dalla società. Con le sue idee, ha contribuito a farci recuperare il valore della vita e, pertanto, il suo significato.


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  • Basaglia, F., & Ongaro, F. B. (1973). La mayoría marginada: la ideología del control social (Vol. 16). Laia.


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