George Orwell: manipolazione del linguaggio e totalitarismi

George Orwell è noto per essere uno dei più grandi scrittori del genere distopico. Con il suo impareggiabile romanzo 1984, ha posto le basi del suo pensiero, trasferendo al lettore il suo punto di vista critico.
George Orwell: manipolazione del linguaggio e totalitarismi
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Scritto Sonia Budner

Ultimo aggiornamento: 02 gennaio, 2023

George Orwell è stato un romanziere, saggista e giornalista inglese i cui romanzi La fattoria degli animali e 1984 sono entrati negli annali della letteratura. La sua opera, basata su esperienze personali, è divisa in tre parti: la lotta contro l’imperialismo inglese, il sostegno al socialismo democratico e la lotta finale contro i totalitarismi nazisti e stalinisti.

Orwell è uno dei più importanti saggisti degli anni ’40 del XX secolo. I suoi testi più importanti si concentrano soprattutto sui pericoli del totalitarismo. Colpito profondamente dalla guerra civile spagnola, alla quale partecipò per combattere il fascismo, e dalla sua esperienza durante la seconda guerra mondiale, George Orwell scrisse contro i sistemi totalitari e i pericoli della guerra.

Il romanzo 1984 contiene tutte le conclusioni di George Orwell sulle società totalitarie. Il mondo che ricrea in questo romanzo ha ispirato il termine orwelliano utilizzato per riferirsi a queste società. In esso affronta concetti come la manipolazione del linguaggio, il controllo mentale e l’abuso di potere. Attraverso la distopia, lo scrittore è riuscito a delineare un futuro terrificante al quale non vorremmo mai arrivare.

File illuminato con l'anno 1984

Primi anni di vita di George Orwell

George Orwell è in realtà lo pseudonimo di Eric Arthur Blair, nato a Motihari, in India, nel 1903. Il padre era funzionario dell’amministrazione inglese in India.

Eric fu mandato con la madre in Inghilterra in tenera età, e lì sarebbe stato educato nelle migliori scuole. Ottenne infatti delle borse di studio sia per Wellington che per Eton.

In quest’ultima scuola, il giovane George Orwell instaurò delle amicizie che gli sarebbero tornate poi utili per le prime pubblicazioni. Terminati gli studi a Eton, tornò in India e si unì alla polizia imperiale in Birmania, dove rimase per cinque anni. Durante questo periodo, ebbe seri problemi di salute e iniziò a sviluppare un profondo rifiuto contro l’imperialismo.

George Orwell e la guerra

Dopo aver lasciato la Birmania, Orwell tornò in Inghilterra e inizia a pubblicare alcuni dei suoi scritti. Si dedicò all’insegnamento, ma per un po’ di tempo lavorò anche in una libreria, sebbene la sua occupazione principale fosse quella di scrittore.

Più tardi, si trasferì a vivere con una sua zia in Francia nella speranza di consolidare la sua carriera di scrittore, ma il periodo francese fu solo una delusione. Rientrato in Inghilterra, nel 1933, decise di adottare lo pseudonimo di George Orwell per i suoi romanzi. Nel 1936, si recò in Spagna per combattere contro il fascismo nella guerra civile spagnola.

Sebbene alcuni amici, come Hemingway, tentarono di dissuaderlo, giunse a Barcellona verso la fine dello stesso anno. Idealista fino in fondo, combatté sul fronte di Huesca, dove fu ferito gravemente alla gola da uno sparo nemico.

La sua partecipazione alla guerra civile spagnola avrebbe cambiato per sempre la sua visione del mondo. Al ritorno dal paese iberico, dovette essere ricoverato in un sanatorio per una grave forma di tubercolosi.

In seguito, si unì alla Home Guard durante la seconda guerra mondiale. Le sue esperienze e riflessioni di quegli anni si ritrovano tutte nell’opera Diario di Guerra. Lavorò anche per la BBC, in programmi mirati a ottenere il supporto dell’esercito alleato dai paesi dell’Asia orientale.

Poco prima della sua morte, si sposò con Sonia Brownell. George Orwell morì il 21 gennaio del 1950 a causa di una tubercolosi che lo costrinse a stare sul letto di un ospedale per gli ultimi tre anni di vita.

I totalitarismi e la corruzione del linguaggio

George Orwell credeva fermamente che il totalitarismo e la corruzione del linguaggio fossero interconnessi. Affermò che il linguaggio in politica distorce tutti i concetti e gli eventi, dando essi altre forme.

La sua opera 1984 contiene importanti riflessioni a supporto di queste idee. Una di queste verte su come il linguaggio possa essere modificato nella sua struttura per bloccare completamente qualsiasi pensiero di disobbedienza o ribellione. Allo stesso modo, la manipolazione del linguaggio è usata in politica come una massiva campagna di manipolazione psicologica.

Scrisse in modo approfondito sul “bipensiero”, ovvero sulla capacità di sostenere contemporaneamente due idee contraddittorie tra loro. Nel romanzo 1984, questa dissonanza cognitiva viene utilizzata per concetti come il Ministero della pace, che è in realtà si occupa della guerra, o il Ministero dell’abbondanza, che gestisce la scarsità economica.

Uomo che parla per manipolare un altro

Per George Orwell, il linguaggio struttura il pensiero umano e per questo è di vitale importanza. Quando il controllo del linguaggio si trova sotto il potere di un’agenzia politica, può essere ristrutturato in modo tale che nessuno possa mettere in discussione il potere assoluto del governo, ovvero il totalitarismo.

Conclusioni

In alcuni casi, la letteratura e altre forme d’arte come il cinema hanno la possibilità di veicolare messaggi importanti alla popolazione. In tal senso, il genere distopico si presta particolarmente a queste riflessioni.

La visione di un futuro cupo, ma che ricorda il presente, rende più propensi ad adottare uno sguardo critico e oggettivo verso la realtà. Come possiamo cambiare le cose? Cosa possiamo fare per evitare di arrivare a quel punto?

Orwell è senza ombra di dubbio un maestro del genere e ci ha donato una delle migliori opere distopiche mai scritte: 1984.


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