I dendriti e l'inizio di una rivoluzione

Una ricerca ha dimostrato che i dendriti sono molto più che semplici conduttori passivi. Generano segnali elettrici propri, in picchi cinque volte più grandi e più frequenti di quelli provenienti dal nucleo dei neuroni. Una scoperta che può essere il punto di partenza di una vera e propria rivoluzione.
I dendriti e l'inizio di una rivoluzione
Gema Sánchez Cuevas

Revisionato e approvato da la psicologa Gema Sánchez Cuevas.

Scritto Sonia Budner

Ultimo aggiornamento: 05 gennaio, 2023

Da molti anni le neuroscienze fanno ricorso a strumenti vari per cercare di “ascoltare” le conversazioni tra neuroni. Allo stesso modo in cui i linguisti decifrano una lingua sconosciuta, gli scienziati cercano di decodificare i modelli di sparo neurale e di scoprire la grammatica del cervello. In questo universo da esplorare, sembra che siano nate nuove stelle: i dendriti.

Le ultime ricerche dimostrerebbero che, in quanto a stima delle capacità del nostro cervello, le neuroscienze hanno finora solo scalfito la superficie. L’Università della California ha scoperto un livello nascosto di comunicazione neuronale che avviene attraverso i dendriti. Questo potrebbe tradursi  in una capacità di elaborazione del cervello fino a cento volte maggiore di quanto si pensa al momento.

Si tratta di una scoperta che potrebbe cambiare in modo significativo le basi delle neuroscienze convenzionali. Fino a qualche mese fa tali basi erano sorrette dalla convinzione che i dendriti fossero una specie di cablaggio passivo, il cui compito era trasportare i segnali elettrici al corpo neurale, il soma. Questa ricerca, invece, ha dimostrato che sono molto più che semplici conduttori passivi. Generano impulsi elettrici, con picchi cinque volte più grandi e più frequenti di quelli che provengono dai nuclei dei neuroni. 

Neuroni e cervello

Cosa significa questa scoperta?

Potrebbe comportare un cambiamento radicale nella conoscenza neuroscientifica sul funzionamento del cervello. Si ipotizza anche che i processi di apprendimento avvengano a livello dei dendriti e non nel soma dei neuroni. 

La neuroscienza, fino a oggi, ha sostenuto che gli impulsi elettrici emessi dai corpi cellulari siano alla base delle nostre capacità cognitive. Ora sappiamo che il dendrite non ha un ruolo passivo e che emette anch’esso segnali elettrici propri.

Questo fatto è di per sé già sorprendente, tuttavia i ricercatori sostengono che i dendriti sono anche intelligenti. Sono capaci, nel tempo, di regolare il proprio sparo elettrico. Un tipo di plasticità che finora è stato osservato solo nei corpi neuronali. Questo suggerirebbe che i dendriti sono in grado di imparare da soli.

Poiché questi sono molto più attivi del corpo cellulare, possiamo cominciare a intuire che gran parte delle informazioni generate in un neurone si creano a livello dei dendriti senza passare dal corpo cellulare. Cioè, questi ultimi possono funzionare da unità di calcolo ed elaborare proprie informazioni. Un’autonomia che non si sospettava fino a qualche mese fa.

“È come scoprire improvvisamente che i cavi collegati alla CPU del computer possono anche elaborare le informazioni, assolutamente strano e alquanto controverso.”

– Dr. Mayank R. Mehta, responsabile della ricerca

La capacità del nostro cervello: le ricerche

L’equipe di ricercatori guidata dal Dr. Mayank Metha ha ideato un sistema che permette di posizionare elettrodi nei topi in prossimità dei dendriti. Questo espediente ha permesso di captare i segnali elettrici emessi dagli animali nella fase di veglia, mentre si muovevano, nonché durante il sonno. In questo modo sono riusciti a registrare l’attività elettrica dei dendriti per quattro giorni e a inviare i dati direttamente al computer.

Gli elettrodi sono stati collegati all’area cerebrale legata alla pianificazione dei movimenti, la corteccia parietale posteriore. Si è osservato così che nella fase del sonno gli impulsi elettrici sembravano onde irregolari, ognuna caratterizzata da un picco. 

Questo significa che durante il sonno i dendriti “chiacchierano” tra loro, e lo fanno con spari elettrici fino a cinque volte più veloci di quelli originati nei corpi cellulari. Durante la fase di veglia la velocità di sparo è moltiplicata per dieci.

Cervello

Dendriti: misuratori del qui e ora

Un’altra scoperta sorprendente, avvenuta nel corso di questa ricerca, riguarda il tipo di segnale emesso dai dendriti. I segnali elettrici potevano essere digitali, ma mostravano anche grandi fluttuazioni, quasi il doppio delle spine stesse. Questo tipo di fluttuazione di ampia gamma porta a pensare che i dendriti mostrano anche un’attività di elaborazione di tipo analogico. Qualcosa che finora non era mai stato visto in nessuno schema di attività neuronale.

Quanto elaborato da questo impulso emesso dal dendrite sembra essere correlato al tempo e allo spazio. Osservando i topi aggirarsi nel labirinto, sono stati isolati due tipi di segnali. Uno sotto forma di picchi del corpo cellulare, come anticipazione di un certo comportamento (emesso, ad esempio, prima di voltare l’angolo). I dendriti, invece, emettevano i loro impulsi mentre l’animale girava l’angolo.

Sembra che le neuroscienze abbiano sottovalutato la capacità di elaborazione del cervello. Soltanto dal punto di vista del volume, e considerato che i dendriti sono cento volte più estesi del soma, si potrebbe supporre che il cervello abbia, in realtà, una capacità di elaborazione cento volte maggiore rispetto a quanto si pensava. A quanto pare, adesso che sappiamo di più sui dendriti, i neuroni non saranno più le unità funzionali del cervello.


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