Il cervello ansioso e la rete delle preoccupazioni

Il cervello ansioso e il ciclo dei pensieri negativi e ruminanti sono favoriti, secondo la scienza, da un'alterazione dell'amigdala.
Il cervello ansioso e la rete delle preoccupazioni
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Il cervello ansioso più che paura sperimenta angoscia. Si sente esausto e al limite delle proprie risorse a causa del ciclo ripetitivo della preoccupazione e la sensazione costante di essere circondato da minacce e pressioni. La neuroscienza ci dice che questa condizione sarebbe generata da uno stato di iperattività dell’amigdala, la nostra sentinella delle emozioni negative.

Diceva Napoleone Bonaparte che le preoccupazioni dovrebbero essere come gli abiti, da poter togliere la notte per dormire più tranquillamente e da poter lavare, di tanto in tanto, per igienizzarli. Questi processi cognitivi sono, in realtà, per lo più stati normali della mente.

Ad Kerkhof, psicologo clinico all’Università Vrije di Amsterdam, sottolinea un aspetto importante al riguardo. Preoccuparci per qualcosa è del tutto comprensibile e ragionevole. Il problema sorge quando, giorno dopo giorno, ci preoccupiamo per le stesse cose. In questo caso, la nostra efficienza cognitiva perde forza e cominciamo a fare il peggior uso possibile di quel dono che è l’immaginazione.

Una domanda che si pongono da sempre gli esperti nel campo delle neuroscienze e delle emozioni è la seguente: cosa fa cadere il nostro cervello in questa deriva psicologica? Perché ingigantiamo i problemi fino al punto di non poter smettere di pensarvi?

L’ansia è come lo scalpello di uno scultore, altera un gran numero di processi mentali e cerebrali. Conoscere i meccanismi fisiologici di questo processo, tuttavia non è di grande aiuto.

“Preoccuparsi è da stupidi. È come andare in giro con l’ombrello aspettando che venga a piovere.”

-Wiz Khalifa-

Testa modellata con griglia di ferro

Il cervello ansioso e il “sequestro” dell’amigdala

Un cervello ansioso lavora in modo opposto rispetto a un cervello efficiente. Vale a dire, il secondo ottimizza le risorse, fa un buon uso delle funzioni esecutive, gode di un adeguato equilibrio emotivo e un basso livello di stress. Il primo non lo fa. Il cervello ansioso è caratterizzato da iperattività, esaurimento e persino infelicità.

Sappiamo cos’è l’ansia e come si nutre di pensieri ciclici che, come la ruota di un mulino, girano sempre nella stessa direzione e producono “la stessa musica”. Cosa succede, però, dentro di noi? Uno studio pubblicato sull’American Journal of Psychiatry ci offre una visione interessante.

Emozione e dolore

Stein, Simmons e Feinstein, ricercatori dell’Università della California, ritengono che l’origine del cervello ansioso risieda nell’amigdala e nella nostra insula cerebrale.

Un aumento della reattività in queste strutture corrisponde a una sensibilità emotiva più intensa. Allo stesso tempo, queste aree hanno lo scopo di captare le minacce presenti nell’ambiente e indurci uno stato emotivo atto a reagire.

Quando l’ansia ci accompagna per settimane o addirittura mesi, avviene un processo singolare. La nostra corteccia prefrontale, che ha l’incarico di favorire l’autocontrollo e la razionalità, comincia a essere meno efficiente.

In altre parole, a prendere il controllo è la amigdala, che accelera l’intensità dei pensieri ossessivi. Allo stesso tempo, occorre sottolineare un altro aspetto notato dai neurologi nei test di neuroimaging: l’ansia genera dolore cerebrale. L’attivazione a livello della corteccia cingolata anteriore sembra dimostrarlo.

Cervello ansioso rappresentato da cervello avvolto dalle fiamme

Alcune persone hanno una maggiore tendenza a preoccuparsi troppo

Sappiamo che un eccesso di preoccupazione può condurre a stati d’ansia di maggiore o minore gravità. Ma perché qualcuno di noi gestisce meglio gli assili quotidiani e altri, invece, cadono in un circolo di pensieri ossessivi e ruminanti?

Uno studio condotto dall’Università del Quebec e guidato da Mark H. Freeston e Josée Rhéaume conferma la capacità di alcune persone di fare un buon uso delle preoccupazioni. Sono in grado di rimuovere la paura dell’effetto negativo, assumere il controllo, ridurre la percezione della colpa. Sanno applicare un approccio proattivo per trovare una soluzione al problema concreto.

Altre persone, invece, non padroneggiano questi processi, si bloccano e intensificano la preoccupazione.

Lo studio spiega che il cervello ansioso può avere una componente genetica. Le persone altamente sensibili, inoltre, tendono a sperimentare maggiormente questo stato mentale.

Come gestire le preoccupazioni in modo efficace?

Nessuno vorrebbe avere un cervello ansioso. Tutti desideriamo una mente efficace, sana e resistente. È necessario imparare a controllare le preoccupazioni allo scopo di mantenere sotto controllo l’ansia, nella misura del possibile. Perché, lo sappiamo, poche realtà psicologiche sono tanto estenuanti (e dolorose) come questa condizione.

Vediamo alcune semplici regole che aiutano a tenere sotto controllo la preoccupazione.

Tempo per vivere, tempo per preoccuparsi

Questo è un consiglio semplice, ma efficace. Si basa su una strategia cognitivo-comportamentale che ci consiglia di dedicare un tempo preciso alle preoccupazioni: 15 minuti al mattino e 15 minuti alla sera.

In questo quarto d’ora possiamo e dobbiamo pensare a tutto quello che ci preoccupa. Cercheremo, inoltre, di dare una risposta al problema e di pensare a una possibile soluzione.

Al di fuori di questo tempo, non dobbiamo permettere che questi pensieri entrino. Diremo a noi stessi “non è il momento per pensarci”.

Ricordi positivi come ancore

Le preoccupazioni sono come corvi neri che sorvolano il nostro campo mentale. Arrivano senza essere stati chiamati e si aggirano, pronti a scendere al di fuori del tempo che abbiamo deciso di dedicare loro.

Quando appaiano, dobbiamo essere pronti a scacciarli via. Un modo per riuscirci è restare ancorati a ricordi positivi e rilassanti. Possiamo evocare un ricordo, una sensazione, un’immagine rilassante.

Donna in riva al mare con uccelli neri

Dobbiamo, però, tenere conto di un aspetto: queste strategie richiedono tempo, esigono impegno, forza di volontà e costanza. Non è facile domare la mente, calmare il pensiero ansioso. Quando abbiamo trascorso buona parte della nostra vita a farci trasportare dal rumore di fondo che lasciano gli assilli eccessivi, è difficile cambiare.

Ci si può comunque riuscire. Bisogna solo spegnere l’interruttore dell’angoscia, rinnovare lo sguardo con nuovi sogni e non dimenticare l’esercizio fisico. Il resto arriverà con il tempo.


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Shin, L. M., & Liberzon, I. (2010, January). The neurocircuitry of fear, stress, and anxiety disorders. Neuropsychopharmacology. https://doi.org/10.1038/npp.2009.83
  • Sánchez-Navarro, JP, y Román, F. (2004). Amigdala, corteza prefrontal y especializacion hemisferica en la experiencia y expresion emocional. Anales de Psicología , 20 , 223–240. https://doi.org/10.2174/138527205774913088
  • Stein, M. B., Simmons, A. N., Feinstein, J. S., & Paulus, M. P. (2007). Increased amygdala and insula activation during emotion processing in anxiety-prone subjects. American Journal of Psychiatry164(2), 318–327. https://doi.org/10.1176/ajp.2007.164.2.318

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.