Insegnare a pensare, il nuovo traguardo

Il sistema educativo tradizionale comincia a esaurire le proprie risorse contro le sfide della società attuale. Se oggi, ad esempio, non mancano le informazioni, quello che conta è saper scegliere fonti affidabili e restare aperti e disposti ad aggiornare le conoscenze pregresse.
Insegnare a pensare, il nuovo traguardo
Laura Gómez Domínguez

Scritto e verificato l'educatrice Laura Gómez Domínguez.

Ultimo aggiornamento: 12 febbraio, 2023

Il sistema educativo tradizionale si basa su un modello di apprendimento sistematico e meccanico, il cui peso principale è occupato dalla capacità di memorizzazione. Negli ultimi anni si sta affermando un approccio diverso. Insegnare a pensare è l’obiettivo verso cui tende l’attuale rivoluzione in campo educativo. La chiave è fornire agli studenti gli strumenti necessari per cercare le informazioni e assimilarle in modo critico.

Occorre preparare gli studenti in modo che un domani possano essere capaci di risolvere i problemi e compiere scelte basate su un’analisi corretta. Insegnare a pensare implica che le azioni dentro l’aula siano guidate dal pensiero critico; solo in questo modo i giovani diventano bravi pensatori e non semplici memorizzatori.

Bambino pensieroso in classe.

Perché insegnare a pensare?

Nella maggior parte delle scuole non esiste ancora un modello educativo che insegni a usare il pensiero. La scuola tradizionale continua a essere affollata di strumenti, metodi e tecniche a breve termine. Si occupa gran parte del tempo a insegnare ai ragazzi a risolvere equazioni e memorizzare testi che, probabilmente, finiranno nel dimenticatoio nel giro di pochi giorni, senza lasciare traccia.

Molti esperti in campo educativo scommettono ora su metodi basati sulla comprensione, sul valore delle domande prima delle risposte, su nuovi modi per risolvere i problemi utilizzando il pensiero. Per raggiungere questo scopo, occorre rinnovare procedure e strumenti.

“Come la terra che, per quanto ricca, non può dare frutti se non viene coltivata, anche la mente non può produrre se non è nutrita.”

– Seneca –

Che cos’è l’apprendimento basato sul pensiero (TBL)?

Il sistema educativo ha fatto un passo avanti: riconosce che l’approccio tradizionale si concentra troppo su un apprendimento per ripetizione e con scarso significato intrinseco. Questo modello di insegnamento non è molto efficace dal momento che il pensiero critico e riflessivo non viene messo in pratica.

L’apprendimento basato sul pensiero, invece, offre strumenti più consapevoli e profondi, in grado di modificare il modo in cui lo studente si pone di fronte alle nuove informazioni. Robert Swartz, una delle personalità più influenti in campo educativo e ideatore di questo approccio, lo definisce come un metodo per insegnare a pensare in modo creativo e critico.

Swartz precisa che il TBL è nato dopo aver assistito a una lezione di storia a Boston. Il docente aveva offerto ai suoi studenti due storie diverse con cui confrontarsi, chiedendo alla fine quale delle due fosse più credibile. Swartz si rese conto che i bambini stavano imparando a decidere se il testo fosse da accettare come veritiero e affidabile. Capì che questa prospettiva poteva essere applicata a tutto.

Si tratta di una metodologia attiva che va ben oltre i contenuti; gli studenti imparano a pensare e ad affrontare i problemi del mondo reale usando quei contenuti, valutando più opzioni e approdando alla scelta migliore. Lo scopo è evitare che l’apprendimento dipenda dalla memorizzazione, bensì dall’interiorizzazione dei contenuti.

L’obiettivo dell’apprendimento basato sul pensiero è che gli studenti acquisiscano capacità di pensiero permanente e arrivino ad assimilare il contenuto delle materie dei programmi standard in modo più appagante e profondo rispetto ai tradizionali metodi impiegati in classe.”

– Robert Swartz –

Pensiero collaborativo in classe

Per imparare a pensare in classe, abbiamo bisogno di insegnanti facilitatori. In altre parole, figure in grado di guidare gli studenti verso la risoluzione collettiva di problemi, questioni e progetti. In questo modo viene incentivata la partecipazione attiva della classe.

Il lavoro di gruppo è quindi cruciale se partiamo dal principio che ogni riflessione ottiene migliori risultati quando è frutto di collaborazione. Pensare insieme su argomenti importanti significa collaborare con persone che ci aiutano a riflettere, a condividere l’apprendimento.

Insegnare a pensare: l’importanza delle domande

Il dialogo è uno strumento di valore inestimabile se si vuole creare conoscenza. Già nel V secolo a.C, Socrate, che ne aveva intuito l’utilità, aveva sviluppato il suo metodo: la maieutica.

Il metodo socratico prevede l’uso delle domande come strumento per sviluppare il pensiero. Le domande proposte in classe stimolano gli studenti a trovare una risposta e/o a porne di nuove.

Le domande servono a migliorare la capacità degli studenti di strutturare le idee, sintetizzare una risposta e difenderla attraverso il ragionamento. Questo aumenta il loro grado di autonomia, rendendoli capaci di muoversi, con strumenti simili, in campi ancora da esplorare. In questo senso, un buon insegnate sa quali domande sono più appropriate in ogni situazione.

“Il sommo grado del sapere è riflettere sul perché.”

– Socrate –

Bambini che studiano in gruppo.

Sei cappelli per pensare

Sei cappelli per pensare” è una tecnica ideata da Edward De Bono per facilitare la risoluzione o l’analisi dei problemi da diversi punti di vista. Favorisce e stimola il pensiero laterale e creativo; incoraggia il pensiero parallelo ed è un’alternativa al ragionamento tradizionale.

I sei cappelli rappresentano sei modi di pensare, ciascuno di colore diverso per indicare le direzioni che può assumere il pensiero quando si affronta un problema. Durante lo svolgimento di questo esercizio, ogni partecipante immagina di mettere e togliere un cappello, che rappresenta il pensiero utilizzato.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.