La fotografia in psicologia per curare il bambino interiore
Ogni essere umano che oggi è un adulto, in passato è stato un bambino. E come ogni altro bambino, è nato con un determinato patrimonio genetico al quale si è sommata l’influenza dell’ambiente circostante. L’importanza di quest’ambiente è dovuta al fatto che influisce sul bambino in modo sostanziale, offrendogli lo spazio in cui inizia a imparare e a conoscere il mondo. La fotografia in psicologia ci può aiutare a individuare i momenti in cui quest’apprendimento non è avvenuto nel modo migliore.
L’attaccamento è un vincolo affettivo intenso, duraturo, unico, che si sviluppa e si consolida fra due o più individui attraverso le loro interazioni reciproche. Il suo obiettivo è la ricerca e il mantenimento di questa vicinanza nei momenti di pericolo, perché fornisce sicurezza, consolazione e protezione. È così che la maggior parte dei bambini stabiliscono uno stile di attaccamento sicuro.
Tuttavia, non vale per tutti. Un bambino ha bisogno di sicurezza, fiducia e, evidentemente, delle risorse necessarie per sopravvivere (cibo, igiene e protezione). Se non riceve queste cose, il bambino può sviluppare alcune carenze affettive che, trascorsa l’infanzia, si proietteranno nella sua vita adulta.
Questi vuoti lasciano un segno profondo nella parte più nascosta della persona: l’inconscio. Da adulti, si possono sviluppare schemi comportamentali con altre persone o provare alcune emozioni ricorrenti senza capirne l’origine. Conoscere la propria infanzia e quali bisogni non sono stati adeguatamente soddisfatte è indispensabile per conoscersi e capire su cosa bisogna lavorare. E in questo ci aiuta la fotografia in psicologia.
La fotografia in psicologia per curare il bambino interiore
La fotografia in psicologia ha come obiettivo quello di insegnarci ad amare noi stessi e darci l’affetto di cui abbiamo bisogno. È una strategia emotiva che risveglia nel paziente ricordi, sentimenti e sensazioni lontani, che sono stati repressi per molto tempo.
Il terapeuta invita il paziente a parlare con il suo bambino interiore. La fotografia serve proprio per aiutarlo a sviluppare questa comunicazione di tipo simbolico.
Questa tecnica può essere messa in pratica in diversi modi. Ogni terapeuta deve usare la propria creatività e, allo stesso tempo, adattarla al paziente che ha di fronte. Alcune persone sono più razionali o antiemotive ed è particolarmente difficile realizzare questo percorso con loro.
Quando il paziente ha davanti a sé la fotografia di quando era bambino, il terapeuta gli chiederà di osservarla per un paio di minuti, senza formulare nessun tipo di giudizio, cerando solo di entrare in connessione con quella parte infantile che vive ancora dentro di lui.
Quando il paziente riesce a stabilire questa connessione, il terapeuta lo aiuta a realizzare una comunicazione sincera e affettiva con il bambino. Gli può chiedere: «Cosa prova il bambino quando i suoi genitori non sono disponibili per lui? Di cosa ha bisogno il bambino?».
All’inizio verranno formulate domande che puntano a definire con chiarezza i sentimenti del bambino, e che in gran parte definiscono le emozioni che il paziente sperimenta nella vita adulta.
Una risposta potrebbe essere: «Il bambino si sente solo e vuoto», «Si sente insicuro e nervoso, aspetta che arrivi la sua mamma e che lo abbracci».
Quando questo tipo di domande hanno trovato risposta, l’idea è che il paziente aiuti il suo bambino interiore. Ovvero, aiuti se stesso. A tale scopo, il terapeuta può chiedergli: «Cosa darai al bambino a partire da adesso? Pensi che si merita di restare in questa relazione di coppia che lo svilisce ogni giorno? Come puoi aiutarlo a uscire da questa situazione e renderlo più sicuro?
Il paziente si accorge così che il bambino, che ora è un adulto, non faceva altro che cercare sicurezza fuori di sé. Cercava di colmare le sue mancanze e i suoi vuoti infantili con l’alcol, con le relazioni sbagliate o con la sua dipendenza dal lavoro.
Deve capire che la sicurezza non arriva da fuori, come quando si è bambini, ma che quella sensazione tanto anelata risiede nell’affetto per noi stessi. Se il paziente inizia a calmare il suo bambino interiore, a dargli amore incondizionato, allora inizierà a curarlo.
Che succede quando si cura il bambino interiore?
La fotografia in psicologia funge da strumento emotivo ed esperienziale. È un mezzo per raggiungere un fine, non è l’obiettivo stesso.
Per arrivare alla cura completa del bambino interiore, il paziente deve mantenere nella sua quotidianità lo stesso amore, affetto e attenzione che ha promesso di darsi durante la seduta. Può riuscirci annotando alcune frasi dietro la fotografia. Ad esempio: «Non permetterò più che ti trattino così, mi prenderò cura di te».
Queste frasi non devono restare una nota a pie di pagina, ma devono riaffiorare in forma di comportamenti e impegno. Per questo, le tecniche comportamentali sono strumenti validi. Una volta che il paziente avrà curato il suo bambino interiore, inizierà a vivere una vita più libera e piena. Smetterà di cercare la sicurezza negli altri, per piantare i pilastri dentro di sé. Inizierà ad abbracciarsi, ad amarsi in modo incondizionato.
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- Cadarso, V. Abraza a tu niño interior. Editorial Palmyra