La vulnerabilità è un valore

Permettersi di essere vulnerabili è un atto di coraggio. Dopotutto, non è forte chi sopporta di più o chi indossa la maschera della felicità più a lungo. Forte è colui che mostra ciò che sente, ammettendo i propri errori e le proprie ferite.
La vulnerabilità è un valore
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 04 novembre, 2022

Al di là di ciò che si può pensare, la vulnerabilità è un valore. È un’altra faccia della realtà di noi esseri umani e, come tale, merita di essere accettata. Attraverso essa, non solo accogliamo l’altra parte del nostro universo emotivo, ma facilitiamo anche una connessione più intima, oltre che autentica, con tutto ciò che ci circonda.

È necessario avere una grande forza per permettersi di essere vulnerabili. In un mondo in cui la sicurezza, l’efficienza e la forza sono tanto apprezzate, chi osa lasciar cadere la sua armatura di apparente perfezione dimostra chiaramente un notevole coraggio. E questo modo di agire non mostra affatto una sconfitta o un atto di debolezza.

La vulnerabilità è un valore; non è una mancanza di forza o di coraggio. È un altro lato del carattere umano. In sostanza, un’altra parte della nostra natura, che ci consente di essere più sensibili ai nostri bisogni e, contemporaneamente, di entrare in empatia con il dolore e le realtà emotive altrui.

“Sono così grata perché sentirmi così vulnerabile significa che sono viva.”

-René Brown-

La vulnerabilità è un valore

Non siamo supereroi, siamo persone

Mario Benedetti affermava che la perfezione non è altro che una correzione accurata degli errori. Tuttavia, ammettiamolo, le persone non sono propense ad accettare gli errori, i fallimenti e i cambiamenti a volte imposti dal destino. In qualche modo, la società ci ha abituato a navigare in un universo ordinato fatto di apparenze, di maschere con le quali fingere risolutezza e buon umore anche quando dentro di noi palpitano le paure, i dolori e le ansie.

Da un punto di vista culturale, la vulnerabilità emotiva e persino fisica ha da sempre un’impronta dispregiativa e persino vergognosa. Chi si allontana dal modello di perfezione, forza e risolutezza- e accetta i dubbi e gli errori come parte del gioco – arriva a star male con se stesso in quanto non si adatta a ciò che la società si aspetta e rinforza.

D’altra parte, è curioso che nel mondo della letteratura, della poesia o della filosofia esistenziale di autori come Martin Heidegger, la vulnerabilità sia stata intesa come necessaria e costruttiva. Anche le opere del Dr. Robert D. ci ricordano che questa dimensione è un’ulteriore area dell’esistenza. D’altronde, siamo tutti limitati, sensibili, mortali ed erratici.

L’equilibrio tra vulnerabilità e forza

È meraviglioso, ad esempio, mostrare le nostre capacità e abilità in determinate attività o sfide, è meraviglioso dimostrare quanto siamo bravi in ​​una certa area di competenza. Tuttavia, ammettere che a volte non si può fare o sapere tutto è altrettanto accettabile. Di fatto è proprio così; è una realtà.

Assumersi la responsabilità dei propri errori, mostrare dolore, frustrazione o tristezza di fronte a circostanze che vanno al di là delle nostre possibilità o addirittura ammettere che stiamo attraversando un brutto momento è del tutto ammirevole e raccomandabile. Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo, né perdiamo valore nell’esprimere che la nostra forza convive con la nostra fragilità.

La vulnerabilità è un valore, la durezza no

La durezza di carattere, la personalità che fa uso di un atteggiamento duro e apparentemente infallibile, non raggiunge alcuna vetta nella vita. Quantomeno non in ciò che conta davvero: felicità, benessere, rispetto, convivenza. Nemmeno in ambito professionale sono più raccomandabili certe abilità basate sulla durezza, la risolutezza e l’implacabilità.

Al giorno d’oggi, è ormai evidente che aspetti quali sensibilità, empatia e vulnerabilità creano ambienti di lavoro migliori; si raggiungono accordi migliori e rendono più umano i contesti in cui ci muoviamo.

Ragazza triste

Si è perfetti quando ci si permette di essere vulnerabili

Brené Brown, professoressa e ricercatrice presso l’Università di Houston, afferma che la vulnerabilità è la culla dell’amore, dell’appartenenza, della gioia, del coraggio, dell’empatia e della creatività. Perché affermare che quando ci permettiamo di essere vulnerabili siamo imperfetti?

Triste è per esempio chi non si è mai dato il permesso di esserlo. Chi non ha mai osato aprirsi a qualcuno per comunicare le proprie emozioni, sentire il dolore o la felicità altrui. Infelice è colui che è ossessionato dal mostrare sempre agli altri la propria competenza, la durezza del suo carattere, l’inflessibilità e l’incapacità di assumersi la responsabilità dei propri errori. Queste sono le dinamiche che mostrano imperfezione, ed è qui che si annida l’infelicità.

Coraggioso è colui che è in grado di mostrarsi con le sue luci e le sue ombre, con i suoi punti di forza e di debolezza. Coraggio è cadere quando non se ne può fare a meno e rialzarsi al momento giusto. Il potere della vulnerabilità ci rende umani, ci dona perfezione perché fa accettare se stessi e gli altri con tutta la ricchezza interiore. Niente può essere più confortante.


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Brown, Brene (2012). Daring Greatly: How the Courage to be Vulnerable Transforms the Way We Live, Love, Parent, and Lead.  Gotham Books.
  • Stolorow, RD (2011). Mundo, afectividad, trauma: Heidegger y psicoanálisis post-cartesiano . Nueva York: Routledge

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.