Legge di Yerkes e Dodson: rapporto tra rendimento e motivazione

La legge di Yerkes e Dodson sostiene che il rendimento aumenti con l'eccitazione fisiologica o mentale
Legge di Yerkes e Dodson: rapporto tra rendimento e motivazione

Ultimo aggiornamento: 04 gennaio, 2024

La legge di Yerkes e Dodson sostiene che il rendimento e l’eccitazione sono direttamente correlati e che alti livelli di eccitazione possano arrivare persino a migliorare il rendimento.

Sviluppata nel 1908 dagli psicologi Robert M. Yerkes e John Dillingham Dodson, la legge di Yerkes e Dodson sostiene che il rendimento aumenti con l’eccitazione fisiologica o mentale, ma solo fino a un certo punto. Quando i livelli di eccitazione diventano troppo alti, il rendimento diminuisce. Il miglior modo di potenziare la motivazione e il rendimento è dunque quello di lavorare con obiettivi che ci mantengano allerta.

Nel loro esperimento, Yerkes e Dodson scoprirono che le cavie da laboratorio trovavano la motivazione necessaria per completare un labirinto se ricevevano scariche elettriche lievi. Tuttavia, quando le scariche aumentavano di intensità, il loro rendimento diminuiva e cercavano di scappare correndo. L’esperimento ha lasciato a intendere che l’eccitazione può aumentare la concentrazione su un compito, ma solo fino a un certo punto.

Cosa dice la legge di Yerkes e Dodson

Un esempio del funzionamento di questa legge è l’ansia che si prova prima di un esame. Un livello ottimale di stress può aiutare a concentrarsi nella prova e a ricordare le informazioni. Quando l’ansia è troppa, però, può compromettere la capacità di concentrazione, rendendo più difficile ricordare i concetti.

Un altro esempio della legge di Yerkes-Dodson è il rendimento sportivo. Quando un atleta è sul punto di fare una mossa importante, un livello ideale di eccitazione – secrezione di adrenalina – può potenziare il suo rendimento e permettergli di agire al meglio. Se è troppo stressato, potrebbe andare in tilt e fare la sua mossa in maniera poco energica o precisa.

Cosa determina dunque il livello ideale di eccitazione? In realtà, non c’è una risposta fissa a questa domanda, in quanto può cambiare da un’attività all’altra.

Atleta

Per esempio, si sa che il rendimento diminuisce quando il livello di attivazione è basso. Ciò significa che quando si realizza un’attività relativamente semplice, si può affrontare una varietà molto più alta di livelli di attivazione.

Attività semplici, come fare fotocopie o pulire casa, hanno meno probabilità di essere influenzate da livelli di attivazione molto bassi o molto alti. Nel caso di attività più complesse, invece, il rendimento è fortemente influenzato dai livelli di attivazione alti o bassi.

Se i livelli di eccitazione sono troppo bassi, è possibile provare la sensazione di non avere energia a sufficienza per realizzare quel lavoro. Livelli di eccitazione troppo alti sono anch’essi un problema, rendendo difficile concentrarsi abbastanza a lungo da completare il compito.

Teoria della U invertita

Il processo descritto da Yerkes e Dodson viene di solito rappresentato graficamente come una curva a forma di campana che aumenta e si riduce con livelli più alti di eccitazione. La legge di Yerkes e Dodson è infatti conosciuta anche come teoria della U invertita.

A seconda delle diverse attività, la forma della curva può essere molto variabile. Per compiti semplici o molto noti, la relazione è monotona e il rendimento migliora via via che aumenta l’eccitazione. Al contrario, per compiti complessi, sconosciuti o difficili, la relazione tra l’eccitazione e il rendimento si inverte dopo un punto, e il rendimento inizia a diminuire con l’aumento dell’eccitazione.

Grafico della legge della u invertita

La parte ascendente della U invertita può considerarsi come l’effetto energizzante dell’eccitazione. La parte discendente è dovuta agli effetti negativi dell’eccitazione (o stress) nei processi cognitivi come l’attenzione, la memoria o la risoluzione di problemi.

Secondo il modello della U invertita, il rendimento massimo si raggiunge quando la persona sperimenta un moderato livello di pressione. Quando la pressione è troppa o troppo poca, il rendimento diminuisce, a volte drasticamente.

Il lato sinistro in basso del grafico mostra una situazione in cui la persona non ha sfide, in cui non trova ragioni per impegnarsi in un compito o quando è in pericolo di affrontare il lavoro in modo poco curato o senza motivazione.

La metà del grafico mostra quando si lavora con la massima efficacia, quando si è abbastanza motivati per lavorare duro e senza sovraccarichi.

Il lato destro del grafico mostra il punto in cui si cede alla pressione o si è oberati.

I quattro fattori influenti

Il modello della U invertita cambia da individuo a individuo a seconda della situazione. In realtà, ci sono quattro fattori influenti che possono determinare la curva, ossia il livello di abilità, la personalità, il grado di ansia e la complessità del compito.

Il livello di abilità di un individuo influisce sull’impegno con cui si realizza il compito dato. Un individuo molto allenato, fiducioso delle sue abilità, ha maggiori probabilità di affrontare bene situazioni in cui la pressione è alta.

La personalità dell’individuo influisce anch’essa sul modo in cui gestisce la pressione. Gli psicologi credono che gli estroversi gestiscano meglio la pressione rispetto agli introversi. Allo stesso tempo, gli introversi adempiono meglio al compito quando la pressione è bassa.

Per quanto riguarda l’ansia, la fiducia che una persona ha in sé determina il modo in cui gestisce le situazioni. È più probabile che una persona mantenga la compostezza sotto pressione se ha un’alta fiducia in sé e non mette in dubbio le proprie abilità.

Infine, il livello di difficoltà del compito è un altro fattore di rilievo per il rendimento di un individuo. La difficoltà richiesta non è la stessa per fare delle fotocopie o scrivere un saggio o un articolo. In ogni caso, il livello di complessità di qualsiasi compito può variare da persona a persona.

Ultime osservazioni

Sebbene abbia più di un secolo di vita, la legge di Yerkes e Dodson risulta ancora oggi di grande utilità. Questa teoria, di fatto, viene applicata tutt’oggi, soprattutto in ambito lavorativo e sportivo.

Le ricerche realizzate tra gli anni 1950 e 1980 hanno confermato l’esistenza della correlazione tra i livelli elevati di stress e il miglioramento della motivazione e della concentrazione, sebbene la causa esatta del collegamento non sia ancora stata determinata.

Nel 2007 alcuni ricercatori hanno suggerito che il collegamento sia dato dalla produzione cerebrale degli ormoni dello stress che, misurati durante prove di rendimento della memoria, hanno mostrato una curva simile a quella della U invertita. Questo studio ha anche rivelato una correlazione positiva con un buon rendimento della memoria, il che suggerisce che tali ormoni potrebbero essere responsabili anche dell’effetto di Yerkes e Dodson.


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