Tra i lupi: la storia del bambino che sopravvisse in mezzo alla natura

Tra i lupi: la storia del bambino che sopravvisse in mezzo alla natura

Ultimo aggiornamento: 06 agosto, 2017

“Ho la sensazione di avere imparato molto dai lupi e molto poco dagli uomini.” Questa è la frase che definisce alla perfezione gran parte della vita di Marcos Rodriguez Pantoja, il bambino di Cazorla, Spagna, che visse in mezzo alla natura nel dopoguerra, con i lupi come unica compagnia.

Furono 12 gli anni durante i quali Marcos dovete lottare per sopravvivere, e ci riuscì: imparò a procacciarsi il cibo, a fabbricarsi i vestiti e a vivere con il branco.

Poiché suo padre non aveva i mezzi per mantenerlo, dovette venderlo a un pecoraio, il quale morì nel bel mezzo del bosco, lasciandolo completamente solo alla tenera età di 7 anni. Nessuno poteva immaginare che, 12 anni dopo, questo bambino fosse ancora vivo e che fosse divenuto l’uomo forte che venne ritrovato.

Oggi Marcos sente di non potersi adattare alla società e ritiene che il mondo degli uomini sia troppo superficiale: “Alla gente importano solo i vestiti che porti, se li hai abbinati bene o meno”.

Non riesce a capire come mai gli esseri umani si lamentino tanto, quando in realtà hanno tutto ciò che serve per andare avanti, per sopravvivere ed essere feliciÈ lui il primo a dire che questa tappa selvaggia è stata una delle più felici della sua vita, perché ha imparato a cacciare e perché il cibo non gli mancava mai.

I lupi come unica famiglia

Quando Marcos rimase solo nel bosco, non si sarebbe mai immaginato che presto avrebbe avuto compagnia, che una famiglia sarebbe a breve venuta ad accoglierlo e a coccolarlo. Si trattava di un branco di lupi che decise di adottarlo.
Il bambino iniziò a cedere ai lupi la carne che aveva cacciato. Adesso non cacciava più i lupacchiotti, per questo i lupi più anziani cominciarono a fidarsi di lui e a trattarlo come uno di loro.

Diversamente da quello che possiamo immaginare, il piccolo Marcos non voleva fare ritorno alla società. Da bambino veniva ricevuto percosse dalla matrigna e trascuratezza dal padre. Aveva provato sulla sua pelle l’odio, la crudeltà, la fame e la povertà; dunque, rifiutava tutto quello che era legato a quel mondo.

Nel nuovo contesto, invece, si sentiva amato dagli animali: dalle volpi, dai topi e soprattutto dai lupi, che si prendevano cura di lui come nessuno aveva fatto prima.

L’antropologo che scrisse la tesi su questo caso, Gabriel Janer, dice che Marcos non ha inventato nulla, ma che ha cercato di immaginare un amore che potesse soddisfare il suo bisogno di affetto, quell’affetto mai ricevuto da bambino e che i lupi gli diedero. Grazie a loro, Marcos si sentiva amato e coccolato, e questo gli permise di trovare la felicità nella natura. Marcos non sa se ritenere il giorno in cui è stato ritrovato dalla polizia in termini positivi o negativi, perché da quel momento per lui ebbe inizio la dura vita dell’uomo. A suo parere, molto più dura di quella in mezzo alla natura.

La vita in società

Tornare a vivere in società significava fare cose poco appetibili: lavorare per guadagnarsi i soldi con cui comprarsi il cibo, patire personalmente l’invidia, il rancore e la derisione degli altri uomini. Secondo Marcos, tutto questo non succede quando vivi con i lupi.

Da quando ha rimesso piede nel mondo degli umani, è sempre stato vittima di inganni, ha sempre incontrato persone che hanno cercato di approfittarsi della sua ingenuità. “Io non sapevo cosa fossero i soldi, e non mi importava. Non capivo perché servissero per avere una mela.”

La società per come la conosciamo inculca nell’uomo alcune necessità di cui in realtà questi non ha bisogno. Sono necessità false.

Le persone soffrono a causa di queste pseudo-necessità, ma non sanno di avere già tutto quello che basta per vivere bene. La pubblicità ingannevole con cui veniamo bombardati ha un forte peso, ma siamo noi a potenziarne l’effetto quando sosteniamo le idee difese da altri, che rispondono solo ai loro interessi.

Marcos non ha ancora capito perché ci lamentiamo tanto in un mondo di abbondanza: non è necessario cacciare, i vestiti sono già pronti per essere indossati, abbiamo a disposizione acqua potabile e vivere con un tetto sulla testa è normale e semplice… quindi?

Viviamo in una società che vuole controllarci, manipolarci per farci cedere e agire in un certo modo: consumare, svegliarci a un’ora precisa, vestirci in un certo modo, trovare un determinato tipo di lavoro. Tale denaturalizzazione ci riempie di pesanti sentimenti di ansia.

Marcos ci racconta che prima queste cose non gli succedevano, prima viveva il presente. “Tutto ciò che sapevo era che il sole sarebbe sorto, e che dopo sarebbe sopraggiunta la notte, nient’altro.”

È chiaro che nessuno di noi vivrà la vita di Marcos, ma se iniziassimo a sbarazzarci delle necessità insensate, ci faremmo un gran favore. Camminare con un bagaglio più leggero e osservare l’abbondanza attorno a noi ci darà ali e lucidità per scacciare tutta questa sofferenza inutile.


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