Malessere psicologico dei dipendenti

L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro lo ha detto chiaramente: le aziende devono garantire e curare il benessere psicologico dei propri dipendenti. In caso contrario, verranno applicate delle sanzioni.
Malessere psicologico dei dipendenti
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Riconoscere e affrontare il malessere psicologico dei dipendenti dovrebbe essere l’obiettivo di qualsiasi azienda. I rischi psicosociali che derivano da un lavoratore che soffre di stress, ansia o depressione associati al mobbing hanno un costo elevato, sia a livello umano che economico.

Non a caso queste dinamiche generano infelicità, assenze per malattia, maggior rischio di incidenti, bassa produttività e molto altro. Eppure, pare che ancora oggi il versante psicologico riguardante il lavoro sia ritenuto di secondo piano.

Conta di più la produzione, il raggiungimento degli obiettivi, le risorse tecnologiche piuttosto che le esigenze umane. Questo ci porta a pensare che, a volte, non è possibile conciliare la vita privata con quella professionale.

Per fortuna, questa prospettiva sta cambiando. Oggi, gli ispettori del lavoro valutano i fattori psicologici comprendendo che i “rischi psicosociali” sono anche dei “rischi professionali”.

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha stabilito che d’ora in poi le aziende dovranno occuparsi di questo aspetto. In caso contrario, verranno applicate delle sanzioni.

Si tratta certamente di un cambiamento rivoluzionario che si configura come un grande passo avanti per la nostra società.

Riconoscere il malessere psicologico dei dipendenti: un obiettivo di secondo piano

Molti hanno accolto la decisione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro con scetticismo.

Il fatto che il dipartimento di risorse umane sia ora obbligato a occuparsi, prevenire e riconoscere problemi come lo stress o l’ansia nei dipendenti per alcuni è un’impresa impossibile o un’utopia.

Fino ad ora, abbiamo sempre pensato al rischio di stare male al lavoro come ad un rischio di danno fisico, provocato ad esempio dalla vicinanza con i cavi elettrici, i macchinari, incendi ed esplosioni, inquinamento, cadute, temperature estreme, etc.

Tuttavia, abbiamo dimenticato (o consapevolmente ignorato) che le normative che regolano i rischi professionali includono anche l’ambito psicologico. Perché non basta garantire che un reparto disponga di un determinato numero di estintori con le relative revisioni aggiornate.

Anche l’ambiente di lavoro influisce sulla salute mentale del dipendente.

I fattori psicosociali sono stati a lungo stigmatizzati

Individuare il malessere psicologico dei dipendenti passa attraverso l’analisi dei fattori psicosociali dell’azienda. Occorre cioè affrontare tutte quelle condizioni presenti nel lavoro di una persona che possono incidere sul suo benessere mentale. Pertanto, le aree da considerare sono le seguenti:

  • Stress.
  • Carico mentale e fatica.
  • Insoddisfazione lavorativa dovuta agli orari, all’organizzazione, allo stipendio, ecc.
  • Demotivazione associata alla propria insoddisfazione.
  • Richieste contraddittorie e mancanza di chiarezza nelle responsabilità e nei compiti della posizione.
  • Cattiva organizzazione, che genera insicurezza nel lavoratore.
  • Problemi interpersonali (mobbing, litigi, discriminazioni, conflitti, etc).

L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute dei lavoratori segnala qualcosa di interessante: più della metà degli europei considera lo stress il problema principale in qualsiasi ambiente di lavoro.

Ciò si traduce in malattie fisiche e mentali a lungo termine; tuttavia, in molte aziende questo argomento continua ad essere un tabù.

Secondo uno studio condotto presso l’Università di Albany dal Dr. Michael T. Ford, di fronte a queste situazioni, molti lavoratori provano un certo senso di ingiustizia e di abbandono.

Come molti altri problemi legati alla malattia mentale, lo stress e l’ansia non vengono presi in considerazione. Sono stigmatizzati e le aziende non li vedono come un problema. Se un dipendente soffre di malessere psicologico, il problema è suo, non è mai una “causa-effetto” dell’azienda stessa.

Non basta riconoscere il malessere psicologico dei dipendenti, bisogna agire

L’iniziativa europea per costringere le aziende a riconoscere il malessere psicologico dei dipendenti è una buona notizia. Tuttavia, bisogna agire per cambiare davvero le cose. È inutile che sottoporre dei test ai lavoratori per valutare gli aspetti psicosociali, se successivamente non si verificano dei cambiamenti.

Cioè, se si rileva che il 70% della forza lavoro mostra un alto livello di stress, non serve a niente saperlo: bisogna agire. Perché un ambiente ad alto carico di esaurimento psicologico si traduce in scarse prestazioni. Possono aumentare anche gli incidenti, i problemi cardiovascolari, muscolo-scheletrici e mentali.

Lo stress è il substrato di ogni problema psicosociale. Sorge ogni volta che le richieste che ci vengono fatte sono maggiori rispetto alla nostra capacità di soddisfarle.

E questo accade quotidianamente in molte aziende. Purtroppo, non tutti sono disposti ad adattare le condizioni di lavoro alle risorse e alle condizioni dei dipendenti.

Come prevenire i problemi psicosociali?

Lo stress da lavoro purtroppo è ancora un tabù: si pensa che sia un problema della persona che ne soffre, che non sa adattarsi alle condizioni di lavoro dell’azienda.

Tuttavia, è fondamentale tenere a mente che l’attenzione verso lo stress lavorativo da parte dell’azienda non è solo un obbligo morale: è un imperativo giuridico che il datore di lavoro deve rispettare e che è disciplinato dalla Direttiva Quadro 89/391/CEE.

Pertanto, quando si tratta di prevenire problemi psicosociali, non è sufficiente solo riconoscere il disagio psicologico dei dipendenti. Devono essere messi in moto dei meccanismi affinché non venga raggiunto questo limite.

Quindi, se è vero che i datori di lavoro sono obbligati a garantire delle condizioni adeguate che tutelino la salute mentale, c’è anche un altro fattore da considerare.

Anche i lavoratori devono apprendere le tecniche e le strategie adeguate per tutelare il proprio benessere psicologico sul lavoro. È decisivo anche affrontare le sfide in modo flessibile, avere una buona intelligenza emotiva e capacità di gestione dello stress quotidiano. Siamo di fronte a una sfida in cui siamo tutti responsabili.


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  • Robbins, J. M., Ford, M. T., & Tetrick, L. E. (2012). Perceived unfairness and employee health: A meta-analytic integration. Journal of Applied Psychology, 97(2), 235-272. http://dx.doi.org/10.1037/a0025408

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