Mobbing sul posto di lavoro: i tipi più comuni

Gli abusi sul posto di lavoro si manifestano in modi e situazioni diverse. Per contrastarli in modo efficace, è dunque importante conoscere l'ambiente in cui ci si muove.
Mobbing sul posto di lavoro: i tipi più comuni
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Le situazioni di mobbing, o di bullismo, protratte nel tempo sono tra gli eventi più nocivi per la salute psicologica. Alcuni studi affermano che tali esperienze possono tradursi in disturbi da stress post-traumatico. Il mobbing sul posto di lavoro può essere quasi impercettibile all’inizio, ma gradualmente prende piede minando la nostra stabilità psicologica.

Per esempio, essere eliminati dal gruppo WhatsApp della azienda, non essere coinvolti negli incontri e nelle attività extra-lavorative. Oppure i colleghi potrebbero iniziare a delegare compiti che non vogliono portare a termine. Situazioni che hanno un sapore intimidatorio.

Il mobbing sul posto di lavoro spesso esordisce con episodi che causano una certo fastidio, che poi crescere di giorno in giorno diventando cronico. Finiamo per non trovare più pace nemmeno nel fine settimana, perché pensiamo a cosa ci aspetterà il lunedì. Il problema è che spesso, per non vivere più queste situazioni, non si ha altra scelta che lasciare il lavoro (Piñuel e Cantero 2002).

Donna preoccupata.

Mobbing sul posto di lavoro: riconoscerne i diversi tipi

Possiamo definire il mobbing come una condizione di intimidazioni ripetute e prolungate nel tempo da parte di superiori e subordinati verso un dipendente.

Quello esercitato dai colleghi si chiama mobbing orizzontale, mentre quello messo in atto da subordinati prende il nome di mobbing verticale. Un’altra forma comune di mobbing sul posto di lavoro è il bossing, ovvero quello esercitato dalla dirigenza.

Conoscere le diverse situazioni di mobbing è molto importante, in quanto ognuno di noi potrebbe vivere esperienze logoranti sul posto di lavoro senza nemmeno sapere di esserne vittima. Ne parliamo in dettaglio nelle prossime righe.

1. Discriminazione: un ostacolo che blocca la crescita professionale

Una delle modalità più ricorrenti di mobbing consiste nel costruire muri e barriere intorno alla persona per ostacolarne la crescita professionale.

Un esempio può essere quello in cui vengono offerte ai colleghi, proposte e opportunità a voi negate. Per qualche motivo venite esclusi dalla condivisione dei successi, la vostra carriera è quasi come congelata, mentre intorno tutti prosperano.

2. Ciò che siete e ciò che fate non ha valore (svalutazione)

Siete fan di una qualche serie o film? In un contesto di mobbing, i colleghi o i capi svaluteranno sempre ciò che più vi appassiona. Non solo vi guarderanno dall’alto in basso per come vi vestite o per quello che dite, ma per quanto vi impegniate, non apprezzeranno nemmeno il vostro lavoro.

3. Non siete nessuno o non esistete (isolamento sul lavoro)

Come anticipato all’inizio, in alcuni casi, il dipendente viene improvvisamente eliminato dal gruppo WhatsApp dell’azienda. Questo è un classico esempio di isolamento sul lavoro, ma ne esistono altre altre forme:

  • I colleghi creano il vuoto intorno a noi (non ci parlano, ci evitano, etc).
  • Noi veniamo quasi mai coinvolti nei lavori di squadra.
  • Durante le pause nessuno scambia due parole con noi.
  • Non veniamo informati sugli appuntamenti, le riunioni e gli eventi inerenti il lavoro.

4. Mobbing sul posto di lavoro: l’eccesso o l’assenza di compiti assegnati

Questa è indubbiamente una delle modalità più comuni di mobbing. Ovvero, quando improvvisamente ci viene assegnato un eccessivo carico di lavoro. O, al contrario, non ci viene assegnato alcun compito.

In altri casi, possono esserci assegnate delle mansioni degradanti o umilianti rispetto al nostro inquadramento professionale.

Ad esempio, a un ricercatore di laboratorio potrebbero improvvisamente essere assegnate mansioni di logistica, di raccolta campioni o di pulizia.

5. Insulti, mancanze di rispetto, boicottaggio

Il caso più eclatante di mobbing è quello in cui vi è un’azione intimidatoria chiara, diretta e dolorosa. Parliamo, ad esempio, di insulti, spintoni nel corridoio, prese in giro, fino al vero e proprio boicottaggio professionale che si traduce in un ambiente lavorativo tossico.

In alcuni casi, più colleghi possono unirsi rendendo la vita impossibile alla persona, per puro piacere, invidia o per mera discriminazione.

Tale situazione quotidiana non fa che aumenta il rischio che la vittima incorra nel disturbo post-traumatico da stress, come spiegano diversi studi (Mikkelsen, EG e Einarsen, S, 2002).

Uomo preoccupato.

6. Mobbing sul posto di lavoro: colpevolizzare la vittima

Capita un incidente, c’è un problema o viene commesso un errore? La colpa è vostra. Di fronte a tali dinamiche bisogna essere chiari: il modo più efficace per minare l’equilibrio psicologico di una persona è quello di sfiancarla mentalmente. In tal senso, incolpare la persona per tutto quello che accade (e non accade) è solitamente una tecnica efficace.

7. Pettegolezzi e voci diffamanti

Un’altra modalità dolorosa di mobbing sul lavoro è quella legata alla diffusione di pettegolezzi infondati. Non c’è nulla di più potente, in qualsiasi ambiente di lavoro. Il loro scopo è unire il gruppo e umiliare la vittima. Non importa se siano falsi e infondati, l’importante è che feriscano e creino un danno alla persona.

Conclusioni

Al giorno d’oggi il mobbing e le molestie psicologiche sul lavoro continuano a verificarsi troppo spesso. Queste dinamiche, questi scenari contaminati dalla negatività, gli abusi e i boicottaggi, non lasciano solo delle vittime.

Tutto ciò influisce anche sulla produttività, ma in particolare sulla salute fisica e psicologica. Fermiamo la cultura delle molestie, non prendiamone parte e, se la subiamo, non esitiamo a chiedere aiuto e a intraprendere le azioni legali del caso.


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    • Carbo, J. A. (2017). Understanding, defining, and eliminating workplace bullying: Assuring dignity at work. New York: Routledge.
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    • Piñuel, I. (2003). Mobbing: cómo sobrevivir al acoso psicológico en el trabajo. Ed. Punto de Lectura. Madrid.
    • Piñuel, I., & Cantero, A. O. (2002). La incidencia del ‘mobbing’o acoso psicológico en el trabajo en España. Resultados del barómetro CISNEROS II® sobre violencia en el entorno laboral. Lan Harremanak. Revista de Relaciones Laborales, (7).

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