Mary Shelley: consigli per superare i momenti bui

Mary Shelley ha scritto "The Last Man" nel suo momento più buio; subito dopo la morte di tre dei suoi figli e quella di Percy B. Shelley. In questo libro ci offre preziosi consigli per affrontare quei momenti in cui la vita sembra non avere senso...
Mary Shelley: consigli per superare i momenti bui
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio, 2024

Ci sono storie di vita che ci ispirano, anche se bagnate da fiumi di tristezza. Ne è un esempio la figura di Mary Shelley, autrice di Frankenstein o Il moderno Prometeo. La sua esistenza è sempre stata segnata da un amore appassionato ma tragico: quello di Percy B. Shelley. Un rapporto venato di innumerevoli alti e bassi dovuti alle avventure del poeta con altre donne.

Uno dei suoi sforzi costanti era quello di far guadagnare approvazione alla poesia di suo marito. Spesso dava la priorità al suo lavoro molto più che al suo.

Tuttavia, non ha mai smesso di creare, dando libero sfogo al suo pensiero e alla sua creatività. Non possiamo dimenticare che la sua educazione era squisita, e che una delle ossessioni del padre era quella di formarla sempre nelle materie più diverse.

Sua madre era la filosofa e scrittrice femminista Mary Wollstonecraft (morta poco dopo il parto) e suo padre, il romanziere, giornalista e filosofo William Godwin. Mary Shelley ha sorpreso il mondo con la sua classica opera gotica, ma è stata anche un esempio di come la sofferenza traccia i nostri destini con inchiostro invisibile. La sua è stata segnata da diverse tragedie che ha affrontato grazie ad una mentalità tutta particolare che vale la pena ricordare.

«C’è una sola soluzione all’intricato enigma della vita; migliorare noi stessi e contribuire alla felicità degli altri”.

-Mary Shelley-

libro mary shelley
Ci sono momenti in cui la vita non ha senso. È in quei momenti che dobbiamo fare il massimo sforzo per trovare qualcosa a cui legarci.

Mary Shelley e perché la vita vale sempre la pena di essere vissuta

“Frankenstein è l’opera più meravigliosa che sia stata scritta in vent’anni. Hai coltivato la tua mente in modo così ammirevole che sei diventato un grande autore di successo. Se non puoi essere indipendente, chi può esserlo?” Queste parole furono pronunciate da William Goldwin alla figlia, consapevole che quest’opera avrebbe fatto la storia della letteratura.

Tuttavia, oltre allo stesso Frankenstein, c’è un altro libro di Mary Shelley che merita la nostra attenzione; ci riferiamo a L’ultimo uomo, pubblicato nel 1826. Questo fantastico romanzo distopico non ci lascia indifferenti. È ambientato nel 2092, data in cui si celebrerà il terzo centenario della nascita del suo amato marito, Percy B. Shelley.

Si tratta di una terribile pandemia che ha messo fine all’umanità. Solo un giovane, Lionel Verney, è sopravvissuto. Questo essere solitario e idealista ricorda il suo passato, facendo un’analisi profetica di dove può condurre la società.

In quelle pagine c’è pessimismo e speranza, ma lo stile della sua scrittura è così poetico e stoico allo stesso tempo, che funge da balsamo per il superamento.

«Per vivere, secondo questo senso della parola, non bisogna solo osservare e imparare, bisogna anche sentire. Non basta essere semplici spettatori dell’azione, bisogna agire; non dobbiamo descrivere, ma essere soggetti di descrizione.

-Mary Shelley-

Nel mezzo dell’oscurità, troviamo uno scopo

Quando Mary Shelley ha scritto The Last Man, stava attraversando il peggior momento della sua vita. Stava affrontando la depressione per i suoi aborti spontanei, la morte di molti dei suoi figli piccoli per malattie infettive e il profondo dolore per la perdita del marito.

Percy B. Shelley salpò l’8 luglio 1822 dalla costa livornese con due amici su un veliero. Dieci giorni dopo, i loro corpi furono ritrovati sulla costa di Viareggio. Lord Byron seppellì il suo amico proprio su quella spiaggia. In quel momentoebbe inizio per lei la fase più buia e, sebbene sia rimasta attiva crescendo il figlio che le era rimasto, scrivendo e condividendo il tempo con i suoi amici, niente è stato più lo stesso.

Perché vivere? Il protagonista di The Last Man si chiedeva costantemente. Quello che fa questo personaggio è tornare alle sue radici, a casa sua. In un mondo completamente devastato, bisogna tornare a ciò che una volta dava senso, a una casa e, da lì, riformulare i propri obiettivi.

Nel caso di Mary Shelley, il suo obiettivo era quello di rendere il marito un’icona della poesia attraverso la pubblicazione postuma dei suoi scritti e la promozione del suo lavoro.

“Niente contribuisce tanto a calmare la mente quanto uno scopo fermo, un punto su cui l’anima può fissare il suo occhio intellettuale.”

-Mary Shelley-

Persona nel mezzo della foresta oscura che pensa a Mary Shelley
Nei momenti bui, cerchiamo sempre di dare il meglio di noi stessi, lasciando da parte i rancori.

Miglioriamo come persone e rendiamo felici gli altri

Lionel Verney era l’alter ego della stessa Mary Shelley in The Last Man. In quel mondo solitario, in rovina e senza traccia di un altro essere umano, il protagonista si dedica all’osservazione della bellezza della natura. Non ci vuole molto per essere incantati dai suoi ruscelli, dai suoi alberi, dai suoi fiori, dalle sue foreste frondose e da quella sottile trasformazione con il passare di ogni stagione…

È lì, in questo scenario di equilibrio naturale, che scopre quanto sia resistente la terra. È in quel luogo che scopre che, nonostante la desolazione che lo circonda, la bellezza emerge sempre in modo mirabile. In quella fine dell’umanità stessa, prende coscienza che l’essere umano ha anche quella capacità: fiorire e trasformarsi in qualcosa di buono, in qualcosa di bello.

Nei momenti bui tutti abbiamo l’opportunità di fiorire e migliorarci. Lungi dall’essere intrappolati nel risentimento per la perdita, nella rabbia per ciò che ci è stato tolto, sarà sempre meglio dare il massimo per rendere felici gli altri.

La vita sarà sempre un intricato enigma, ma se contribuiamo al bene comune, le daremo maggior senso e significato. Questa è la chiave.

Conclusioni sulla vita di Mary Shelley

Morta all’età di 53 anni a causa di un tumore al cervello, questa scrittrice ha avuto una vita piena, dedicata a ciò che amava veramente, anche più di suo marito, la letteratura. Suo padre l’ha educata perché avesse la mente libera e facesse della scrittura il suo stile di vita e il suo strumento di libertà.

Anche Percy B. Shelley la incoraggiò a guadagnarsi la propria reputazione nel mondo delle lettere. Riuscì, inoltre, nel suo intento di fare del marito un’icona della poesia. Non è autrice di un solo romanzo, quello che le ha dato il successo. È una delle figure più straordinarie del romanticismo e qualcuno da ammirare per il suo atteggiamento, carisma e intelligenza.


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