Mulholland Drive: un labirinto di luci e ombre

Mulholland Drive è un film che si può amare o odiare, uno di quelli che non lascia indifferenti e che, ogni volta che lo si guarda, permette di scoprire qualcosa di nuovo. Un film in cui lo spettatore, piuttosto che tentare un’analisi stilistica, dovrebbe lasciarsi semplicemente trasportare in un labirinto di passioni, sogni e bugie.
Mulholland Drive: un labirinto di luci e ombre
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 11 ottobre, 2022

Mulholland Drive (2011) è uno dei film più noti del regista David Lynch, anche autore de I segreti di Twin Peaks. Come per quasi tutte le sue opere, anche questa creazione non lascia indifferenti e, una volta vista, divide il pubblico tra chi ne è esaltato e chi ne è disgustato. Con il passare degli anni questa pellicola è stata premiata come una delle più iconiche del secolo in corso, anche se non all’unanimità.

Presentare una trama di questo film non è per nulla facile vista la struttura complessa. La trama? Una giovane ragazza sopravvive per due volte alla morte quando, proprio nel momento in cui sembrava stesse per essere uccisa in macchina, si salva paradossalmente grazie a un incidente stradale.

Trama di Mulholland Drive

Nella borsa, la ragazza ha solo del denaro e una piccola chiave blu. Nulla che possa aiutare a capirne l’identità, aspetto chiave del film visto che dopo l’incidente la ragazza perde la memoria e si nasconde in una casa non sua. Betty è invece un’aspirante attrice che vive a Los Angeles nella casa prestatale da una zia. Appena arrivata a casa per la prima volta, si imbatte nella giovane accidentata, che decide di farsi chiamare Rita.

Da questo momento in poi il film indaga la reale identità di Rita, portando lo spettatore in un viaggio tra le passioni più segrete delle due protagoniste fino a giungere a una serie di situazioni apparentemente sconnesse tra loro. Dal thriller iniziale, passiamo a una oscurità assoluta e a una discesa negli inferi, in un gioco di apparenze e simboli che in questo articolo proviamo a decifrare.

Mulholland Drive doveva originariamente essere una serie tv, ma i produttori rimasero talmente scandalizzati dall’episodio pilota che preferirono trasformarlo in un lungometraggio.

Forse, il problema di fondo è il tentativo, da parte dello spettatore, di coglierne una certa linearità, di trovarne la spiegazione finale e di capirne ogni sfaccettatura, invece di lasciarsi trasportare dalle emozioni e sensazioni che questa pellicola risveglia.

Per quale motivo cerchiamo a ogni costo di cogliere la spiegazione di tutto quello che accade? Ecco perché noi de La Mente Meravigliosa, piuttosto che dare una spiegazione del film, abbiamo scelto di analizzarne alcuni momenti chiave.

Perché cercare una spiegazione?

Mulholland Drive è un autentico labirinto, un film onirico che potremmo associare alla complessa struttura dei nostri sogni. Ancora oggi si cerca di trovare una chiave di lettura all’opera di Lynch, anche se proprio quest’ultimo ha più volte affermato che la pellicola non ha una vera e propria spiegazione.

In un’epoca in cui siamo abituati a un eccesso informativo, guardare Mulholland Drive può rappresentare un’esperienza rivelatrice. Un film che permette allo spettatore di dare una propria interpretazione personale rispetto a ciò che vede sullo schermo.  L’arte non sempre deve poter essere spiegata a parole. A volte, la sua spiegazione avviene su altri livelli o si limita a suscitare in noi determinate emozioni.

Pensiamo per un momento ad alcune opere pittoriche, musicali o poetiche. Non sempre queste trasmettono un messaggio chiaro e, spesso, la cosa non ci pesa nemmeno dato che preferiamo lasciarci trasportare dalle emozioni. Anche il cinema può suscitare questo genere di emozioni senza rappresentare solo un mezzo di intrattenimento.

Il semplice fatto che Mulholland Drive scateni in noi domande e interrogativi lo spinge oltre l’etichetta di semplice intrattenimento. La filmografia di Lynch è solita sconfinare nell’onirico, motivo per cui risulta paradossalmente più facile cercare di comprendere il messaggio di Mulholland Drive partendo dal mondo dei sogni. Quando sogniamo, le immagini e le storie che affollano la nostra mente e che durante il sogno ci sembrano totalmente logiche, si rivelano del tutto sconnesse una volta svegli.

Mulholland Drive si integra perfettamente in questa logica specifica dei sogni dato che, come questi ultimi, vive di una profonda libertà interpretativa.

Mulholland Drive: un’illusione

Quando sogniamo,nei nostri sogni appaiono persone che abbiamo già visto almeno una volta nella nostra vita, ma che non ricordiamo o a cui il sogno attribuisce ruoli diversi da quelli interpretati nella realtà.

Nel sogno, anche gli spazi possono differire enormemente dalla realtà, così come le nostre potenzialità, che ci portano a volte a compiere azioni che nella vita non saremmo in grado di fare. Volendo quindi fare un parallelismo tra Mulholland Drive e il mondo onirico, possiamo ritrovare nel film tutta una seria di elementi che si incastrano perfettamente nelle dinamiche proprie del mondo dei sogni. La pellicola è inoltre carica di simbolismo, in particolare in un luogo rivelatore: il Club Silencio.

La scena del Club Silenzio è indubbiamente una delle più ipnotiche del film e, allo stesso tempo, quella che determina un prima e un dopo nella trama. Se fino a questo punto si poteva individuare una struttura almeno in parte lineare, a partire da questa scena ci troviamo davanti a tutt’altro film.

Protagoniste di Mulholland Drive

Questo Club agisce un po’ come il Teatro Magico nell’ermetico romanzo Il Lupo della Steppa di Hermann Hesse. Un luogo di ritrovo a partire dal quale nessun personaggio tornerà a essere chi era e che, forse, custodisce la vera chiave per comprendere le protagoniste.

Il colore blu

Il Club Silencio è un luogo dominato dal colore blu e che sembra evocare una profonda dualità della protagonista. Il blu, che allude alla mente e all’introspezione, è lo stesso colore che ritroviamo nella chiave che Rita aveva nella borsa al momento dell’incidente e nella cassaforte che Betty custodisce.

Durante il film sarà proprio la chiave blu ad aprire la cassaforte dando vita a una nuova realtà, a un susseguirsi di vicende che, finalmente, sembrano acquisire un senso. Tutto quello che si è visto fino a quel momento sembra assumere un nuovo significato, facendoci assistere a un evidente sdoppiamento della personalità. Grazie al Club Silencio, scopriamo di essere stati ingannati. Tutto quello che abbiamo visto era solo un’illusione, una menzogna. Proprio come l’arte, i sogni e, per l’appunto, questo film. Il mago del club sembra parlare alle ragazze e a noi a contempo, risvegliandoci dal sonno a cui Lynch ci aveva costretto fin lì.

Passiamo così dalla prima parte della pellicola, dai toni polizieschi, a una più oscura, che ruota attorno a un punto di inflessione tanto sconcertante quanto rivelatore. Dall’ottimismo del sogno americano che la giovane Betty sembra vivere, passiamo alla decadenza e all’instabilità di Rita, approfondendo la dualità che alberga in quest’ultima.

Conclusioni

Nonostante i tanti pregi e i punti di forza di questo film, c’è ancora qualche critico che non riesce a digerirlo e che lo ritiene un’opera sopravvalutata. Se anche così fosse, ci troviamo comunque davanti a un film carico di pregevoli interpretazioni, in grado di lanciare la carriera di Naomi Watts che proprio in questa pellicola vediamo recitare in modo magistrale.

Non si può certamente negare come Mulholland Drive sia un vero e proprio rompicapo dalla soluzione profondamente soggettiva. Un esercizio per lo spettatore di cui far tesoro. In definitiva, Mulholland Drive è un invito per la mente, un rompicapo illusorio carico di passioni e bugie.

«No hay banda, there is no band, il n’est pas d’orchestra.»
-Mulholland Drive-


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