Neuroinfiammazione: depressione e processi infiammatori
Sono sempre di più gli studi che sostengono la relazione tra infiammazione e depressione, ovvero che alcuni disturbi depressivi sarebbero la conseguenza di uno stato di neuroinfiammazione cronica associata allo stress. In questo modo, tali cambiamenti emodinamici e linfatici porterebbero all’eccessivo rilascio di citochine, che a loro volta causerebbero un disagio psicologico.
Questa ipotesi non è nuova e se in un primo momento può stupirci pensare che la presenza di certi agenti patogeni e infiammatori possa influire a tal punto sulla nostra sofferenza emotiva, va detto che negli ultimi anni c’è un notevole consenso al riguardo.
“Alcune ferite non saranno mai visibili sul corpo, ma sono più profonde e dolorose di quelle che sanguinano.”
-Laurell K. Hamilton-
Possiamo fare riferimento a numerosi lavori. Il dottor Bruce Charlton, dell’Università di Buckingham, pubblica da oltre un decennio studi sulla relazione tra un anomalo aumento di citochine e la depressione. Il neurologo Antonio Damasio, da parte sua, parla anche del “marcatore somatico” con cui indica che il corpo risponde fisiologicamente a determinati stimoli considerati minacciosi (per cui sperimentiamo tachicardia, infiammazione, febbre…). In seguito appare la sofferenza psicologica.
Vediamo maggiori dati al riguardo.
La teoria della neuroinfiammazione: su cosa si basa?
Se dovessimo uscire e chiedere alla gente che cos’è la depressione, buona parte degli intervistati ne descriverebbe semplicemente i sintomi. Affaticamento, demotivazione malumore, disillusione, vuoto, buio, amarezza e dolore fisico. Ora, se incoraggiassimo queste persone a specificare o delimitare la causa di questi stati debilitanti, quasi nessuno potrebbe dare una risposta obiettiva.
Quest’ultima domanda compete più al campo medico e a quello scientifico. E in questo caso va evidenziato che non esiste un chiaro consenso sui fattori esatti alla base di questa malattia. Non è facile, in primo luogo perché esistono diversi disturbi depressivi. Si tratta di una condizione multifattoriale che, per di più, si manifesta in modo unico in ogni paziente.
Negli ultimi anni la teoria della neuroinfiammazione sta acquisendo maggiore rilevanza. In questo caso si tratterebbe di una realtà clinica associata principalmente a persone con precedenti di ansia e stress. Per comprendere meglio questo approccio, ci saranno di aiuto le informazioni fornite da uno studio pubblicato nell 2016 sul The Journal of Clinical Psychiatry.
La depressione come disturbo psiconeuroimmunitario
In uno studio effettuato presso il dipartimento di epidemiologia (Janssen Research & Development, New Jersey) è stato svolto un interessante studio su 14.275 persone che soffrivano di depressione.
- Questo studio è durato 5 anni, tra il 2007 e il 2012.
- Attraverso diversi esami del sangue si è potuto vedere che quasi il 60% dei pazienti presentava un 46% in più di livelli di proteina C-reattiva (CRP), un marcatore che rivela una malattia infiammatoria.
- Gran parte di questi pazienti non rispondeva alle terapie ordinarie per il trattamento della depressione.
- Erano tutti soggetti a determinate situazioni di stress e/o ansia.
- Avevano un sistema immunitario più debole. Le loro ferite impiegavano più tempo a cicatrizzare, avevano più raffreddori, allergie, ecc.
I medici giunsero alla conclusione che queste persone soffrivano di un disturbo psiconeuroimmune. La teoria della neuroinfiammazione potrebbe essere applicata a quei casi in cui il corpo reagisce in modo particolare agli stimoli stressanti. L’aumento di cortisolo nel sangue favorisce il rilascio di citochine, ammine vasoattive, ossido nitrico, glucocorticoidi… Tutto questo prima o poi causa un elevato disagio psicologico.
Come possiamo ridurre il rischio di soffrire di neuroinfiammazione?
La teoria della neuroinfiammazione ci dice che questi stati possono essere prevenuti. L’origine di questa circostanza risiede prima di tutto nelle nostre fonti di stress: il modo in cui gestiamo la nostra ansia, le nostre preoccupazioni. Se non gestiamo questi fattori, se lasciamo che questi stati diventino cronici, il corpo reagisce per difendersi da tale minaccia. Presto compaiono cambiamenti biochimici e infiammazione.
Per evitare queste situazioni così debilitanti, teniamo a mente alcune strategie preventive.
Ridurre i livelli di stress
Impariamo a dare le giuste priorità. Non dobbiamo solo lasciar riposare la mente, anche il corpo deve percepire quello stato di calma interiore con cui riacquistare l’equilibrio, l’omeostasi. Dedichiamo a noi stessi tempo e attenzione, concediamoci momenti di relax.
Una dieta migliore
Evitiamo gli alimenti che provocano infiammazione: zuccheri, farine bianche, grassi saturi… Optiamo piuttosto per le seguenti proposte:
- Frutti rossi: fragole, mirtilli, ribes…
- Limoni e arance.
- Curcuma.
- Cereali integrali.
- Frutta secca.
- Verdure a foglia verde.
- Aglio.
- Ananas.
- Pomodori.
- Bietole rosse.
Fare regolarmente esercizio fisico
Fare ogni giorno una passeggiata di mezz’ora, correre, nuotare, ballare… Mettiamo regolarmente in moto il nostro corpo e diamogli vita, facilitiamo al cuore il suo lavoro, ossigeniamo il cervello, lasciamoci abbracciare dalle endorfine e dalla serotonina…
Esercizi di rilassamento
Nel nostri articoli parliamo spesso dei benefici dello yoga e della mindfulness. La teoria della neuroinfiammazione ci ricorda che queste strategie sono altamente consigliate anche per recuperare l’equilibrio interiore. Tuttavia, è sufficiente trovare quelle pratiche che, in un modo del tutto soggettivo, ci aiutano a rilassarci di più.
C’è a chi piace scrivere, dipingere, praticare semplici esercizi di respirazione o condividere il tempo con certe persone. Si tratta solo di trovare quel punto perfetto di equilibrio nel quale corpo e mente si armonizzano. Dove niente fa male, niente preoccupa e tutto è in perfetta calma.
Cerchiamo di agevolare questi stati. Ne vale la pena e, naturalmente, la vita.