Paralisi facciale e conseguenze sociali

Riuscite a immaginare di non poter esprimere un'emozione tramite le espressioni del viso? O, in generale, di non poter muovere i muscoli del viso?
Paralisi facciale e conseguenze sociali

Ultimo aggiornamento: 05 settembre, 2020

Le espressioni facciali sono essenziali per una corretta interazione sociale e la corretta interpretazione delle emozioni. Alla luce di ciò, le persone con paralisi facciale possono avere difficoltà in entrambi questi aspetti.

Le espressioni del viso sono modelli di comportamento innati e universali. È stato dimostrato attraverso gli studi che confrontano le espressioni facciali dei bambini ciechi e dei bambini che ci vedono normalmente, nonché tramite studi interculturali.

I risultati ottenuti indicano che le espressioni facciali erano abbastanza simili nei diversi gruppi. In seguito a ciò, ogni gruppo non ha avuto difficoltà a riconoscere le espressioni degli altri partecipanti.

Attraverso i movimenti del viso siamo in grado di esprimere le nostre emozioni. Si tratta di movimenti controllati da due circuiti indipendenti che si attiveranno a seconda della genuinità dell’emozione che desideriamo trasmettere. Ma cosa succede quando si soffre di paralisi facciale?

Volti con espressioni diverse.


Paralisi facciale emotiva

Questa paralisi è causata da una lesione nel della corteccia prefrontale, nella sostanza bianca del lobo frontale o nel talamo dell’emisfero sinistro del cervello. Questo sistema è associato all’architettura fisica responsabile dei movimenti volontari dei muscoli facciali, grazie alla connessione con il midollo allungato o la regione caudale.

Le lesioni in questa area del cervello impediscono di esprimere emozioni autentiche sul lato del viso controlaterale alla lesione, ovvero sul lato destro. Le persone affette da questo tipi di paralisi facciale, tuttavia, sono perfettamente in grado di riprodurre a piacimento un’espressione facciale su entrambi i lati del viso.

Paralisi facciale intenzionale o volontaria

La paralisi facciale intenzionale, o paralisi facciale volontaria, non consente di muovere i muscoli facciali durante la simulazione di un’emozione. Il lato del viso controlaterale alla lesione non risponde all’ordine di simulare una certa espressione facciale.

Quando l’emozione è genuina, invece, i muscoli facciali su entrambi i lati del viso rispondono. Il volto di queste persone non è in grado di fingere un’emozione non provata.

Questa paralisi è causata da una lesione nella corteccia motoria primaria dell’emisfero destro; in particolare, nella regione che corrisponde al viso. Può dipendere anche da una lesione delle fibre che collegano questa regione frontale con il muscolo motore del nervo facciale, anche nell’emisfero destro del cervello.

La capacità di imitare o riprodurre le emozioni altrui, e il conseguente feedback della nostra stessa espressione facciale, ci permette di immedesimarci negli altri, riconoscere le loro emozioni e rispondervi adeguatamente.

Uno studio di neuroimaging ha dimostrato che l’osservazione e l’imitazione delle espressioni emotive provoca un aumento dell’attività dei neuroni specchio nella circonvulazione frontale; ciò a sua volta si traduce in comportamenti più empatici e in migliori relazioni con gli altri.

L’abilità di riprodurre l’espressione facciale di un’altra persona facilita il ​​riconoscimento delle sue emozioni, ma questo non significa che un individuo con paralisi facciale volontaria sia del tutto incapace di riconoscere lo stato emotivo di chi ha davanti a sé. Piuttosto riscontra qualche difficoltà.

Ruolo delle espressioni facciali nel riconoscimento delle emozioni

Come già indicato, le espressioni del viso ci permettono di comunicare al mondo come ci sentiamo. Questa funzione, tuttavia, ha senso solo se gli altri sono in grado di capire tale stato e rispondere in ​​modo appropriato.

L’emisfero destro è più coinvolto nel riconoscimento delle emozioni rispetto a quello sinistro. Le persone che presentano lesioni all’emisfero destro, dunque, non riescono a riconoscere facilmente le emozioni.

Diverse aree cerebrali sono coinvolte nel riconoscimento emotivo, tra queste l’amigdala, la corteccia prefrontale, la circonvoluzione frontale in cui si trovano i neuroni specchio, etc. Ci concentreremo, però, su questi ultimi.

Quando vediamo l’espressione di un’altra persona, il nostro cervello riproduce inconsciamente e automaticamente quell’emozione. I nostri neuroni specchio si attivano quando osserviamo le espressioni facciali altrui e ci permettono di imitarle. Ciò ci consente di capire come si sentono gli altri e di essere empatici con loro.

Oltre alla paralisi facciale volontaria, anche la sindrome di Moebius compromette la relazione tra movimenti del viso e riconoscimento emotivo. Questa paralisi colpisce anche l’espressione facciale delle emozioni e, di conseguenza, il loro riconoscimento.

“Esprimere i propri sentimenti è un’abilità sociale fondamentale.”

-Daniel Goleman-

Illustrazione del viso di una donna.


Conseguenze della paralisi facciale

Le espressioni del viso ci permettono di comunicare oltre le parole, arricchendo e accompagnando quello che diciamo in molte occasioni.

Oltre a ciò, interpretare quelle altrui ci consente di dedurre i loro desideri o bisogni ancor prima che vengano trasmessi attraverso altri canali. In definitiva, le espressioni facciali ci rendono socialmente più intelligenti.

Non essere in grado di riconoscere le espressioni di chi ci circonda può ostacolare le nostre relazioni sociali. Allo stesso modo, l’incapacità o la difficoltà nell’esprimere correttamente quello che proviamo rappresenta una sfida per chi ci circonda.

Per fortuna, possiamo ricorrere al linguaggio verbale e altri linguaggi non verbali, come la mimica o la prosodia, per esprimerci e compensare i problemi di espressione facciale.

“Le emozioni cambiano il modo in cui vediamo il mondo e come interpretiamo le azioni degli altri.”

-Paul Ekman-


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Carlson, N. R., & Clark, D. P. (2014). Fisiología de la conducta. Madrid, Spain:: Pearson Educación.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.