Pensiero computazionale: cos'è?
Il pensiero computazionale è una competenza che in futuro ci aprirà moltissime strade. Saper formulare problemi, organizzare le informazioni in modo logico o pensare in termini astratti sono le abilità alla base di questo importante approccio cognitivo. In un mondo sempre più complesso, è assolutamente fondamentale saper gestire le sfide dell’ambiente circostante.
Si tratta di imparare a pensare come le macchine? Non proprio. Questo approccio integra molte aree che oggi sono inaccessibili alle intelligenze artificiali. Il pensiero computazionale, infatti, riguarda anche il pensiero laterale, le variabili emotive e, per prima cosa, la comprensione del comportamento umano.
Anche se il termine “computazionale” ci ricorda un universo fatto di algoritmi, chips e programmi informatici, questa corrente vuole andare oltre il mero aspetto informatico. Il suo scopo è sfruttare l’unione di tecnologia e umanità per dare risposte ai bisogni dell’uomo e affrontare le sfide future con proposte innovative.
Pensiero computazionale: definizione, caratteristiche e scopo
Il termine “pensiero computazionale” deriva dalle teorie di Seymour Papert, primo nel campo dell’intelligenza artificiale e inventore del linguaggio di programmazione Logo nel 1968. Nel 1995 evidenziò la necessità di riformulare l’ambito educativo adattandolo all’arrivo dei computer, così da formare studenti capaci di utilizzare gli strumenti e il linguaggio della tecnologia.
Dopo la morte del Dottor Papert, che per tutti gli anni novanta gettò le basi di questo nuovo approccio, fu la Dottoressa Jeannette Wing a sviluppare la sua idea. L’ingegnere informatico ed ex vicepresidente di Microsoft spiega, in ricerche quali Computational thinking and thinking about computing, che il pensiero computazionale influirà presto su tutti i campi di attività.
Insiste anche su un’altra idea: questa nuova competenza deve essere integrata nella formazione scolastica. Si tratta di un’abilità essenziale alla base della struttura di qualsiasi ambito, dall’ingegneria ai campi umanistici, alla scienza. Vediamo dunque in cosa consiste il pensiero computazionale.
Di cosa si tratta esattamente?
Il pensiero computazionale è un’abilità cognitiva di alto livello che ci permette di affrontare la risoluzione di un problema in modo scientifico. Tutti sappiamo che i computer e le nuove tecnologie ci semplificano la vita aiutandoci a superare piccoli ostacoli, ma è necessario che l’uomo sia sempre un passo avanti.
Come segnala la Dottoressa Jeannette Wing, dobbiamo capire come “pensano” le macchine per poterne migliorare il funzionamento in futuro. Si tratta di saper combinare le facoltà naturali con quelle artificiali, il nostro intuito e i nostri pensieri laterali con i processi cognitivi estrapolati dalla computazione.
Caratteristiche del pensiero computazionale
Questa prospettiva prevede lo sviluppo di una serie di abilità cognitive di cui non siamo totalmente consapevoli, pur ricorrendovi ogni giorno, o che non riusciamo a sfruttare totalmente.
Si tratta di “imparare a pensare meglio” per risolvere le sfide quotidiane con innovazione. Il pensiero computazionale si fonda su quattro concetti di base:
- Scomporre: ogni problema è formato da piccole parti che possono essere divise per meglio comprenderlo.
- Riconoscere schemi: ogni fenomeno, ogni esperienza, stimolo, problema o circostanza, tende a seguire uno schema interno e a rispondere a un modello identificabile.
- Pensiero astratto: questo ragionamento è esclusivo dell’essere umano. Grazie a esso possiamo produrre idee originali o prevedere situazioni o scenari per capire come agiremmo in una determinata circostanza.
- Algoritmi: un piano, un insieme di passaggi o schemi che ci permettono di risolvere un problema passo per passo. Grazie a ciò, possiamo elaborare una serie di istruzioni chiare e semplici con cui affrontare qualsiasi rompicapo. Gli algoritmi sono definiti da alcuni aspetti; per esempio sono composti da un numero finito di passaggi, sono orientati a un fine e sono specifici (non ambigui).
I passaggi che lo definiscono
Quando si fa uso del pensiero computazionale, oltre a conoscere le dimensioni che lo definiscono e che abbiamo appena analizzato, bisogna comprendere un altro aspetto: quale sequenza segue. Prendete nota:
- Analisi: per arrivare alla risoluzione di un qualsiasi problema si parte sempre da una profonda analisi dello stesso.
- Astrazioni: saper formulare il problema. Cosa sta succedendo? Esiste uno schema? Che strategia posso adoperare? Posso relazionarlo a esperienze passate o legate alla stessa situazione?
- Espressione della soluzione o della proposta: dopo aver realizzato uno schema mentale sulla strategia da seguire, è il momento di applicarla, di metterla alla prova.
- Valutazione: dopo l’esecuzione, arriva il momento di fare un’analisi. Ho ottenuto il risultato desiderato o posso migliorarlo?
- Generalizzazione e trasferimento: dopo aver valutato il successo ottenuto, posso applicare quanto sviluppato ad altre aree.
L’importanza di imparare a pensare
Daniel Kahneman, psicologo, vincitore del Premio Nobel e uno dei più grandi pensatori al mondo, segnala che oggi abbondano le persone che prendono decisioni senza pensare (spinte dagli impulsi). Peggio ancora, in molti votano senza sapere chi stanno votando
. Non c’è nulla di più decisivo che insegnare alle nuove generazioni a pensare, ad avere una prospettiva critica degli eventi e a osservare la realtà da una prospettiva più analitica e riflessiva.
Il pensiero computazionale è l’impulso per il futuro. Non soltanto ci permetterà di risolvere problemi in modo più intelligente, ma ci posizionerà un passo avanti rispetto all’intelligenza artificiale per garantire che il mondo della tecnologia sia sempre al servizio dell’umanità. Teniamolo a mente.
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