Preoccupazioni di tipo 1 e 2: differenze

Pensate che preoccuparsi sia utile per trovare soluzioni? Pensate che quelli a cui sembri non importare siano degli irresponsabili? Scoprite in che modo le convinzioni influenzano la nostra quotidianità.
Preoccupazioni di tipo 1 e 2: differenze
Elena Sanz

Scritto e verificato la psicologa Elena Sanz.

Ultimo aggiornamento: 16 febbraio, 2023

Capita a tutti di preoccuparsi, di fatto ciò svolge una funzione importante, poiché ci guida e ci prepara ad agire per risolvere problemi e prevenire i pericoli. Tuttavia, in alcune persone si raggiungono livelli patologici. Distinguere tra preoccupazioni di tipo 1 e di tipo 2 può aiutarci a capire questa realtà.

La distinzione tra preoccupazioni di tipo 1 e 2 è stata proposta nel modello metacognitivo di Wells per il disturbo d’ansia generalizzato. Tuttavia, i suoi postulati possono essere applicati a prescindere dalla suddetta condizione.

In questo modo, se tendiamo a preoccuparci eccessivamente, conoscere i meccanismi mentali permetterà di prendere decisioni migliori.

Donna ansiosa che pensa "Potrebbe andare peggio".

Preoccupazione patologica

Prima di approfondire le differenze tra le preoccupazioni di tipo 1 e di tipo 2, è importante definire il punto in cui la preoccupazione passa da naturale a patologica.

Ciò accade, in primo luogo, quando si verifica con troppa frequenza, con intensità troppo elevata o quando le probabilità che un evento capiti sono molto basse.

Ma, soprattutto, diventa patologica quando smette di svolgere la sua funzione. Preoccuparsi deve essere sempre il preambolo di un’azione; la bandiera rossa che ci dice che c’è un problema di cui dobbiamo occuparci.

Quando ci fermiamo in questo primo passaggio, rimuginando più e più volte sulla medesima sequenza di pensieri e incapaci di agire, qualcosa è andato storto.

All’interno di questa apprensione disfunzionale possiamo distinguere tra preoccupazioni di tipo 1 e di tipo 2 in base alle convinzioni su cui si sostengono. Sono queste idee che dobbiamo rivedere per uscire dal circolo vizioso della preoccupazione.

Differenze tra preoccupazioni di tipo 1 e di tipo 2

Convinzioni positive

Le preoccupazioni di tipo 1 non sono al di fuori dell’ordinario. Possono riguardare argomenti quotidiani come il lavoro, la famiglia, la salute o la vita sociale.

Quello che succede è che sorgono con troppa frequenza, intensità e non promuovono l’azione. La persona continua a preoccuparsi perché mantiene una serie di convinzioni positive al riguardo:

  • “Preoccuparsi per qualcosa rende meno probabile che accada”. Questa convinzione è molto comune e viene mantenuta perché nella maggior parte dei casi ciò che temiamo è molto improbabile. Così, quando finalmente non accade, ci convinciamo di averlo evitato grazie alla preoccupazione.
  • “Preoccuparmi mi aiuta a trovare il modo di evitare ciò che temo.” Molte volte abbiamo la sensazione che pensando a un problema troveremo una soluzione adeguata. Ciò può essere positivo all’inizio, ma dopo aver fatto lo stesso viaggio mentale numerose volte, continuare a rimuginare ci manterrà vittime di un ciclo infinito.
  • “La preoccupazione mi aiuta a prepararmi all’evento negativo “. Pur essendo abbastanza diffusa, questa affermazione non è vera. Pensare più e più volte alla stessa angosciante idea non ci aiuterà a essere più preparati, ci priverà solo del presente.

Potrebbero esserci molte altre convinzioni positive come “la preoccupazione ci rende persone migliori, più empatiche o più responsabili”. In ogni caso, tutte queste idee alimentano l’abitudine di preoccuparsi.

Convinzioni negative

Quando la tendenza a preoccuparsi viene mantenuta per molto tempo, la persona inizia a sviluppare convinzioni negative.

Comincia a notare come ciò interferisca con la sua vita, il disagio che le provoca. Diventa consapevole di aver raggiunto un punto in cui non è più possibile controllare queste idee ripetitive.

Ciò genera quello che Wells chiama metapreoccupazione o preoccupazioni di tipo 2. In altre parole, l’individuo inizia a preoccuparsi di essere preoccupato, perché comincia a percepirlo come qualcosa di negativo.

Cerca dunque di controllare ed evitare certi pensieri, ma non riuscendoci riafferma le sue convinzioni che siano pericolosi e incontrollabili. Il risultato è un continuo alimentare la preoccupazione.

Uomo preoccupato.

Preoccupazioni di tipo 1 e di tipo 2?

Se ritenete che la preoccupazione sia eccessivamente presente nella vostra vita quotidiana, al punto da interferire con le vostre attività, analizzate le vostre convinzioni.

Come valutate l’abitudine di preoccuparsi? Pensate che sia positivo o pericoloso? Se rilevate in voi stessi una qualsiasi delle idee sopra menzionate, conviene esaminarle.

Ricordate che la preoccupazione deve essere circoscritta, giustificata e proporzionata. Ma prima di tutto, dovrebbe motivare ad agire. Non ristagnate in pensieri circolari, piuttosto avanzate nel percorso di risoluzione dei problemi.

E, soprattutto, se vi riconoscete in qualcuno degli schemi presentati in questo articolo, non esitate a consultare un professionista che possa consigliarvi nel migliore dei modi.


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  • Wells, A. (1995). Meta-cognition and worry: A cognitive model of generalized anxiety disorder. Behavioural and cognitive psychotherapy23(3), 301-320.
  • López, A. B. (1998). Trastorno de ansiedad generalizada. Recuperado de http://diposit. ub. edu/dspace/bitstream/2445/357/1/116. pdf.

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