A volte noi stessi ci priviamo dei piaceri della vita

A volte noi stessi ci priviamo dei piaceri della vita
Sergio De Dios González

Scritto e verificato lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 07 marzo, 2023

Ci sono persone alle quali stare bene e godere dei piaceri della vita provoca un enorme malessere; si potrebbe parlare di un’allergia psicologica o fobia alimentata e sostenuta da meccanismi raramente consapevoli.

È uno stadio dal quale si sentono estranee e da cui preferiscono scappare piuttosto che approfondirlo. Che sia la conseguenza di un’infanzia difficile, della sensazione di non meritare un simile onore o di una questione di perfezionismo, sono semplicemente incapaci di godere di qualsiasi stato di benessere.

Durante i momenti piacevoli sentono di correre un grave pericolo: quello di abituarsi a stare bene pur avendo la sensazione che presto, inevitabilmente, sparirà. Sono incapaci di concepire la vita se non come una lotta o un cammino di sofferenza. Una vita senza battaglie, senza dover stringere i denti e mettere in tensione i muscoli è sintomo che qualcosa non quadra.

Tempio al tramonto

Piaceri della vita che non mi spettano

Questo fenomeno era frequente un tempo, per esempio, quando una persona di un determinato ceto sociale accedeva ad una classe superiore. In special modo se l’ascesa era instabile, la persona tendeva a mostrare resistenza a godere dei privilegi che aveva raggiunto o che le erano stati concessi per questione di fortuna.

Vigeva l’idea che la classe sociale nella quale nascevi doveva essere anche quella in cui morivi, e qualsiasi cambiamento in tal senso, anche se in meglio, non era ben concepito. Si trattava spesso di una questione pratica, ma anche mentale.

In questo senso, ci sono persone che anche quando sono libere da preoccupazioni, tendono a cercarsele da sole. Succede lo stesso con il dolore: quando soffriamo per qualcosa di grande non badiamo alle sofferenze più piccole. Ebbene, alcune persone passano continuamente al setaccio il proprio corpo perché incapaci di credere che non possa esistere un piccolo fastidio, un piccolo sintomo che permetta loro di abbracciare la possibilità di essere vittime di una grave malattia, come un tumore.

Si sentono molto più a loro agio nel ruolo di vittime, oppressi o sacco da pugilato, piuttosto che in quello di vincitori. Per questo motivo, è raro vederle festeggiare per qualcosa: trovano sempre un motivo per non farlo, arrivando a ingigantirlo o addirittura inventarlo per non ispirare negli altri altra emozione che non sia la pena.

Per loro, la pena è l’arma più potente per assicurarsi la compagnia altrui. È la loro consolazione e non sono disposte a rinunciarvi neppure a scapito di tutti i possibili traguardi che si trafilano all’orizzonte. 

Pozzo dei piaceri

Vittime perpetue

Oltre alla sobrietà con cui affrontano i piaceri della vita, il loro ruolo di vittime erranti e permanenti concede loro una valida giustificazione (valida più che altro ai loro occhi) per non rispettare alcuni impegni. Si fanno scudo con i loro piccoli dolori o con una sofferenza più prolungata nel tempo per non dover fare determinati favori.

Come posso preoccuparmi degli altri se sto così male, se sono quello messo peggio e devo affrontare i problemi più tragici? Cosa succede se aiuto un altro e questi si abitua?

Paura. È questa l’emozione. Paura della solitudine, paura di non poter essere indipendente, paura di deludere gli altri, paura di tornare presto alla tristezza, paura ad aspirare a qualcosa che un tempo era solo un sogno, ma che ora sembra possibile. Paura di guardare in basso e vedere l’imminente caduta, di guardare in alto e vedere quanta salita ancora resta da fare. Paura di trovare i propri limiti, di essere stupidi, poco intelligenti. Paura di godere dei piaceri della vita e di lasciarsi andare a quella sensazione.

Tutte queste paure spariscono, o nella maggior parte dei casi si addormentano, quando non ci muoviamo troppo, quando non osiamo godere appieno. Quando non anticipiamo il piacere per paura che appaia un varco nel terreno che lo ingoi e lo faccia sparire. Le paure si mitigano quando adottiamo un atteggiamento conservatore, quando non generiamo aspettative per non rimanere delusi – cosa che tutti abbiamo fatto almeno una volta per proteggerci, difendendo quest’idea in ogni modo.

…e avevamo la sensazione che fosse una strategia intelligente per far fronte alla vita. Però la vita è capricciosa e alle volte cambia le carte in tavola. Tutte, in un istante, e addio giocata.

Di per sé, il piacere appare e può apparire soltanto quando ci liberiamo e ci concediamo totalmente alle esperienze. Quando siamo fermamente convinti che qualsiasi carta ci tocchi, sapremo giocare con essa e godere del gioco. Non si tratta di sopravvivere, ma di vivere. Questo è un passo mentale fondamentale, altrimenti sarà difficile liberarsi dalla convinzione che più godiamo delle cose positive, più la nostre dose di fortuna diminuisce fino a sparire.


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