Psicologia analitica di Carl Jung

La psicologia analitica di Carl Jung concepisce la psiche umana in modo integrativo, tenendo conto di come la parte conscia e inconscia si uniscono, evidenziando l'influenza dell'inconscio collettivo.
Psicologia analitica di Carl Jung
José Padilla

Scritto e verificato lo psicologo José Padilla.

Ultimo aggiornamento: 16 ottobre, 2022

Numerosi principi della psicologia analitica di Carl Jung, di fatto, riflettono le differenze con Sigmund Freud. Inizialmente Jung fu uno dei primi sostenitori di Freud come conseguenza del suo interesse per le motivazioni meno consapevoli dei comportamenti umani.

Tuttavia, la loro relazione raggiunse un punto critico nel 1912, quando durante un congresso negli Stati Uniti, criticò fortemente la teoria freudiana del complesso di Edipo e la sua enfasi sulla sessualità infantile.

Mentre Jung era d’accordo con Freud sul fatto che le esperienze passate e infantili di una persona determinassero il comportamento futuro, credeva anche che il futuro avesse il potenziale per modellare e determinare le azioni presenti.

Carl Jung.
Jung ebbe un’esperienza di pre-morte che definì “l’evento più travolgente e affascinante che abbia mai sperimentato”.

Principi di psicologia analitica

La psicologia analitica è una corrente psicoterapeutica che attribuisce un ruolo di primo piano alla vita umana, adottando un approccio prospettico alle problematiche presentate dal paziente.

Ciò significa che, sebbene le esperienze pregresse siano importanti per comprendere le circostanze attuali, anche il presente è rilevante, poiché contiene i semi per la crescita e lo sviluppo futuri.

1. L’autoregolazione della psiche

Per comprendere la realtà del mondo, la nostra mente intende le varie forme di vita esistenti come una lotta tra forze opposte che causa tensioni. Il sollievo di questa tensione interna ci consente di svilupparci come esseri umani.

Jung credeva che la psiche fosse un sistema di autoregolazione che si sforzava di mantenere un equilibrio tra le tendenze antagoniste. Gli strumenti per mantenere questo equilibrio sarebbero i sogni e le fantasie.

2. La struttura della psiche

Il modello junghiano della psiche può essere rappresentato come una struttura circolare composta da tre parti fondamentali: la coscienza, l’inconscio personale (costituito dai complessi) e l’inconscio collettivo (costituito dagli archetipi).

In questo modello, il Sé si trova tra la coscienza e l’inconscio personale. Per Jung, i complessi sono sempre stati una personificazione degli archetipi.

3. L’inconscio personale

Nella psicologia analitica, il Sé è il centro della coscienza e fa la sua comparsa a partire dall’archetipo del Sé, inteso come il vero e autentico fondamento della personalità. In questo modo, il Sé cessa di essere un’entità governante e diventa un’entità più complessa che, a differenza delle altre, ha un’identità.

L’inconscio personale è il risultato dell’interazione tra la società e l’inconscio collettivo. A differenza dell’inconscio di Freud, questo è molto più ampio, poiché ospita non solo quanto rimosso, ma anche ciò che non è pensato, ciò che è stato dimenticato, la dimensione subliminale.

4. Complessi in psicologia analitica

A differenza della psicoanalisi di Freud, la psicologia analitica di Jung non intende i complessi come patologici, bensì come parti fondamentali della mente. Questi, pertanto, sono presenti nelle persone sane e malate.

Caratteristica fondamentale dei complessi è che sembrano agire indipendentemente dal Sé, ovvero come se avessero una propria personalità.

In condizioni normali, questa autonomia produce le lacune nella vita quotidiana, ma in condizioni patologiche generano allucinazioni uditive e visive.

Per Jung, i complessi sono una parte inevitabile dell’esistenza umana e causano sia sofferenze sia gioie.

5. L’inconscio collettivo

Jung approfondisce il concetto di inconscio collettivo a seguito della confusione generata da alcuni fenomeni rilevati nei suoi pazienti, che non potevano essere spiegati dall’azione dell’inconscio personale.

Molti contenuti di questi fenomeni erano affini a tematiche mitologiche e religiose. Ciò ha portato Jung a credere che si trattasse dell’eco di una componente collettiva che si manifestava in modo simbolico.

6. Gli archetipi

Possiamo pensare agli archetipi come immagini potenziali, contenitori tematici privi di contenuto. Non sono altro che tendenze ed entità potenziali.

Jung (come citato in Sharp, 1994) li definisce come “fattori e motivi che ordinano gli elementi psichici in certe immagini… ma in modo tale che possono essere riconosciuti solo dagli effetti che producono”.

Psicologia analitica e differenze tra Jung e Freud

Libido come energia neutra

Nelle sue prime formulazioni, Freud intendeva la libido come un’energia psichica di natura sessuale, mentre Jung la intendeva come una forza vitale neutra che poteva manifestarsi in modi diversi a seconda della persona.

La natura dell’inconscio

Per Jung, l’inconscio immagazzina i ricordi repressi della persona e dei suoi antenati. Invece, per Freud l’inconscio è il magazzino della rimozione dei desideri inaccettabili che popolano l’individuo.

Un’altra differenza è che per Jung l’inconscio è anche una fonte positiva che può offrire benefici. Per Freud, aveva una connotazione negativa che rappresenta l’inaccettabile, ciò che la persona ripudia conscientemente.

La dimensione trans-razionale

A differenza di Freud che aderiva al metodo scientifico, Jung era interessato alla dimensione dell’essere umano al di là del razionale.

Aveva sempre la mente aperta a ciò che la scienza ignorava, perché credeva che lasciarlo da parte significasse sacrificare una parte essenziale della personalità.

Il principio finalista

Un’altra fondamentale differenza tra i due pensatori è che per Jung le attività mentali hanno un obiettivo (principio finalista e teleologico), mentre per Freud sarebbero fortemente condizionate da certe esperienze del passato, da ciò il ruolo di primo piano dell’infanzia.

Per Jung, il passato è importante e determinante, ma accetta anche che la vita umana sia proiettata verso il futuro e non sia governata esclusivamente dal passato.

Freud.
La rottura tra Freud e Jung avvenne nel 1910.

Fasi del trattamento in psicologia analitica

Jung distingue quattro fasi nel trattamento analitico: confessione, spiegazione, educazione e trasformazione. Le presentiamo a seguire.

1. Confessione

Cerca di rendere l’individuo consapevole di ciò che reprime e che lo fa sentire in colpa e lo porta a prendere le distanze dalla società. Questa fase comporta l’accettazione dell’ombra, il lato oscuro della personalità.

2. Spiegazione

In questa fase il terapeuta aiuta il paziente ad acquisire consapevolezza del transfert rivivendo la relazione rimossa con i genitori. A differenza della fase precedente, questa cerca di portare alla coscienza fantasie mai esistite a tale livello attraverso tecniche come l’interpretazione dei sogni.

3. Istruzione

Consiste nell’insegnare al paziente a svolgere il lavoro terapeutico in modo autonomo. Per Jung questo punto è stato di vitale importanza, poiché offre alla persona l’opportunità di proseguire il percorso di autoeducazione che le renderà veri soggetti sociali.

4. Trasformazione in psicologia analitica

Jung non consigliava a tutti questa fase. Secondo lui, ci sarebbero persone per le quali il raggiungimento di un adattamento sociale provoca una nevrosi collettiva insoddisfacente.

Alla luce di ciò, la suddetta fase sarebbe rivolta a individui molto specifici, basati su una trasformazione etica nella vita che li porta a trovare i propri obiettivi sul piano morale.

Conclusioni

La psicologia analitica di Jung è un’alternativa alla psicoanalisi freudiana che riconosce l’esistenza di un inconscio collettivo nella nostra psiche.

Secondo tale approccio, la nostra coscienza non si confronta solo con le tensioni proprie dell’inconscio personale, ma anche con la sfera trans-personale e collettiva.


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