Psicologia cognitiva della religione
Come si può comprendere il fenomeno delle religioni? Sebbene siano state prevalentemente studiate dalla sociologia e dall’antropologia, anche la psicologia ha offerto il suo contributo. Di fatto, la psicologia cognitiva della religione ci fornisce alcune informazioni sul motivo per cui crediamo nei precetti religiosi.
Diversi autori hanno parlato dei vuoti che la religione pretende colmare, vale a dire le funzioni che assolverebbe, ma nessuna proposta avanzata sembra rivelarsi utile alla comprensione univoca delle religioni. In altre parole, le persone non scelgono di aderire a una religione per soddisfare un bisogno, ma piuttosto sono le religioni a soddisfare i bisogni delle persone appartenenti a contesti diversi.
D’altro canto, secondo il punto di vista della psicologia cognitiva della religione, l’adesione a un culto dipende soprattutto da alcuni processi di base. In particolare, dalla memoria. La modalità nella quale le religioni vengono trasmesse e praticate determina il modo in cui vengono ricordate, influendo, in ultima analisi, sull’accettazione dei loro precetti.
Psicologia cognitiva della religione: la teoria dei due modelli
In generale, tutte le religioni venerano divinità, spiriti e/o fantasmi, intesi come esseri soprannaturali. Tali entità possiedono caratteristiche non umane, come l’immortalità o la capacità di vedere ciò che accade nel mondo. Spesso si attribuisce loro anche la capacità di modificare il destino degli uomini.
«La religione non è altro che un riflesso fantastico nella mente degli uomini di poteri esterni che ne dominano l’esistenza quotidiana. Un riflesso che trasforma le forze terrene in ultraterrene.»
-Friedrich Engels-
In tal senso, questi esseri soprannaturali non sono assoggettati ai limiti degli umani. Ma il dato più curioso è che queste entità vengono accettate solo se fanno parte di una dottrina religiosa, in caso contrario, non sono ritenute credibili.
Per esempio, molte persone che credono in un dio, affermano che i fantasmi o le fate non esistono. Per capire il motivo per cui si tendono ad accettare le credenze religiose, faremo ricorso alla teoria dei due modelli di religiosità.
Secondo tale teoria, sviluppata da Harvey Whitehouse, esistono due modelli di religiosità. Essi sono la modalità dottrinale e quella immaginaria e le diverse religioni afferiscono a uno o all’altro modello.
Nel modello dottrinale si apprendono i significati dei rituali, la coesione sociale è scarsa ed esistono delle figure di potere; inoltre, le religioni afferenti a tale modello tendono a diffondersi in fretta assumendo una portata universale.
D’altra parte, nel modello immaginario si stabiliscono i significati dei rituali, la coesione è maggiore, la leadership è di tipo passivo e la diffusione più lenta, con una portata di tipo etnico.
Modello dottrinale
il modello dottrinale necessita di una comunicazione costante. Oltre alla ripetuta presenza di rituali. Ad esempio, nel cristianesimo è richiesto di ricevere la comunione e andare a messa almeno una volta alla settimana.
Sebbene tale ripetizione rischi di far incorrere nella noia, di fatto favorisce la memoria implicita. Questo tipo di memoria ci permette, per esempio, di saper andare in bicicletta; quello per cui si impara, quasi senza saperlo, a fare le cose in modo automatico.
«Per religione intendo, non tanto un insieme di riti e costumi, ma ciò che è all’origine di tutte le religioni, e che ci mette di fronte al creatore.»
-Mahatma Gandhi-
D’altro canto, questo tipo di memoria limita la riflessione e l’innovazione. Crea persone poco critiche, le quali accettano i precetti religiosi con la giustificazione “è sempre stato così”. Tuttavia, non tutto il sapere è implicito. Si insegna anche la conoscenza della dottrina, ovvero la catechesi.
In tal senso, questa religiosità prevede la presenza di figure che trasmettono la conoscenza, inquadrate in strutture gerarchiche di potere. Tali strutture, unitamente alla mancanza di riflessione individuale e di innovazione, favoriscono l’adozione delle interpretazioni di una religione.
Modello immaginativo
Il modello immaginativo, a differenza di quello dottrinale, prevede rituali che vengono praticati con molta meno frequenza. Ad esempio, i rituali di iniziazione, celebrati una sola volta nella vita. Questi rituali si basano su forti emozioni forti, sia negative che positive, e creano una potente coesione. Non si formano grandi comunità, in quanto si è più diffidenti nei confronti di coloro i quali non hanno preso parte ai rituali.
Questo modello di religiosità risveglia la memoria episodica che rende possibile ricordare gli eventi evocandone quasi tutti i dettagli. Oltre a ciò, dà luogo alla riflessione spontanea tipica nell’interpretazione delle informazioni. Ciò avviene tramite l’uso di analogie e metafore, di conseguenza le interpretazioni che emergono sono tra le più disparate, motivo per cui spesso, non esistono figure di potere.
La psicologia cognitiva della religione spiega il credo negli esseri soprannaturali. Secondo il modello dottrinale, l’assenza di uno spirito critico unita alla memoria esplicita e implicita possono portare ad accettarne l’esistenza. Secondo il modello immaginario, sono i contenuti espressi dalla memoria episodica a portare alla stessa conclusione.
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- Whitehouse, H. (2000). Arguments and icons: Divergent modes of religiosity. Oxford: Oxford University Press.