Ricordi traumatici: Il cervello ci protegge
Lo scrittore americano Richard Matheson una volta ha affermato che “la nascita implica il trauma dell’incomprensione”. Questo vorrebbe forse dire che il mero fatto di nascere sia il primo dei nostri ricordi traumatici?
A ogni modo, nessuno di noi ricorda il momento in cui è venuto al mondo. È una cosa normale, così come non ricordiamo i nostri primi anni di vita. Ci sono altri episodi traumatici che non riusciamo a recuperare nella nostra memoria. Continuate a leggere per saperne di più!
Esperienze e ricordi traumatici
Le esperienze vissute, soprattutto quelle legate all’infanzia, influiscono sul nostro sviluppo. Nel caso di eventi negativi, l’impatto può essere tremendo. Molte di queste esperienze, quando diventano ricordi, possono imprimersi nella nostra mente con un’intensità enorme. In altre parole, lasciano una traccia emotiva molto potente.
Episodi di abuso emotivo o fisico da parte di persone vicine, ad esempio, hanno conseguenze psicologiche molto forti. Il cervello molto spesso tende a “sentirsi in colpa” e sembra proprio che questo meccanismo sia lo stesso che ci protegge dai ricordi più traumatici.
Bloccare i ricordi
È possibile stabilire un curioso parallelismo tra il cervello e un computer. Sembrerebbe che il nostro cervello organizzi le informazioni in cartelle e che queste vengano poi immagazzinate. Tuttavia, se si aggiunge un ricordo che supera la capacità della cartella, viene conservato come esperienza vissuta in una rete di memoria distinta da quella abituale.
Cosa vuol dire questa metafora? Che i ricordi traumatici che il cervello è incapace o non vuole elaborare, perché ci hanno alterato a livello fisiologico ed emotivo, vengono isolati e messi da parte affinché non suscitino emozioni troppo intense e difficilmente sopportabili.
In questo senso, sappiamo che le esperienze molto nocive e traumatiche sono in grado di alterare l’equilibrio chimico cerebrale. Questo capita quando un evento è difficile da gestire e non siamo capaci di comprenderlo, dunque facciamo fatica ad accettarlo ed elaborarlo.
Questo blocco è positivo?
Potremmo affermare che questo blocco cerebrale è positivo sotto un certo punto di vista, perché ci protegge da traumi ed esperienze complicate. Tuttavia, non è sempre così, soprattutto a lungo andare, in quanto “mettere da parte” non significa dimenticare completamente né impedire l’influenza di una certa esperienza. Parliamo di eventi reali che non vengono processati, ovvero di episodi importanti a cui non abbiamo attribuito un senso e che non abbiamo integrato in maniera positiva e coerente nella nostra biografia di vita.
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È possibile, quindi, che in un momento successivo si presenti uno stimolo scatenante, in forma di nuova situazione o esperienza, che fa riaffiorare quel ricordo. Si tratta di un meccanismo inconscio, ma un piccolo dettaglio, per quanto possa sembrare insignificante, è in grado di riattivarlo e di farci sentire come al momento del trauma.
Di certo finiamo per dimenticare la maggior parte dei nostri ricordi. Tuttavia, quelli che fanno riferimento a esperienze molto intense non si dimenticano mai, rimangono solo in disparte senza essere elaborati, come addormentati, anestetizzati. Non essendo stati contestualizzati e accettati, se tornano a galla, possono scatenare conseguenze molto serie, facendoci stare male e terribilmente disorientati.
Pro e contro della protezione del cervello contro i ricordi traumatici
Come avete visto, questa protezione automatica del cervello può aiutarci o anche farci del male. Ha i suoi pro e i suoi contro. In ogni caso, è sempre meglio affrontare un fatto traumatico e superarlo. Questo ovviamente non è possibile se non lo si ricorda.
Da una parte, il cervello ci libera della sofferenza che un certo ricordo traumatico comporta. Così le conseguenze scomode in qualche modo vengono ammortizzate nella vita di tutti i giorni.
Dall’altra parte, potremmo manifestare un certo malessere senza sapere a cosa sia dovuto. Potrebbe trattarsi di un ricordo che il cervello ha tenuto nascosto, ma che continua a influenzare il nostro stato d’animo.
Non è per niente facile identificare i traumi di questo genere, molti sono ben nascosti, dissociati e perfino bloccati. È importante, però, lavorare sulle esperienze passate, altrimenti rischiamo di sentirci invasi da emozioni di cui ignoriamo l’origine e, quindi, molto complicate da gestire.
*Nota dell’autore: quanto esposto nel presente articolo risponde a un modello di funzionamento della memoria che si adatta a diversi casi; tuttavia, è necessario approfondire la ricerca per escludere altre ipotesi parallele che cercano comunque di spiegare i fenomeni emotivi di questo tipo.