Sadfishing: post carichi di angoscia emotiva

“La vita non ha più un significato per me”. Sono molte le persone che pubblicano post di questo tipo sui social network. Come capire se stanno chiedendo aiuto o se vogliono solo attirare l'attenzione?
Sadfishing: post carichi di angoscia emotiva
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Con il termine sadfishing si definisce un comportamento complesso di cui, probabilmente, siamo stati testimoni in più di un’occasione. Ci sono persone che pubblicano nei loro social network frasi, testi o espressioni con contenuti emotivi angoscianti e persino preoccupanti.

È molto comune leggere frasi come “La vita non ha senso”, “ È chiaro che a nessuno importa di me”, “Sono sempre più solo” o “Se sparissi, sicuramente non importerebbe a nessuno”.

In certi casi, leggendo simili messaggi, si è portati a pensare che l’intento reale della persona sia attirare l’attenzione. E a volte può essere così. Tuttavia, negli ultimi anni, gli esperti prestano particolare attenzione a queste realtà che sono sempre più frequenti nel mondo on line.

Come facciamo a sapere se una persona sta realmente chiedendo aiuto? Come possiamo distinguere chi cerca attenzione da chi sta realmente soffrendo? Questo è un fenomeno a cui dovremmo prestare più attenzione. Per questo motivo, oggi lo analizzeremo.

Donna che tiene in mano il telefono.

Sadfishing, i post carichi di tristezza nel mondo on line

Siamo consapevoli che spesso la nostra realtà è piena di anglicismi ed etichette difficili da ricordare e da gestire. Questa espressione, tuttavia, è utile per descrivere comportamenti e situazioni nuove, soprattutto quando provengono dal mondo digitale e dalla rete.

Con il termine “sadfishing”, ci riferiamo ad una persona che rende pubbliche nella sua comunità virtuale le sue emozioni ed i suoi pensieri negativi.

Come abbiamo sottolineato all’inizio dell’articolo, a molti di noi sarà capitato di vedere post simili in più di un’occasione. Il nostro interesse per questo fenomeno è dovuto a due motivi ben precisi:

  • Il primo, sapere come i lettori giudicano ed elaborano questo tipo di messaggi.
  • Il secondo, verificare se la persona che ha scritto quel post sta chiedendo veramente aiuto.

Sono qui e voglio la tua attenzione

In alcuni casi, è proprio questo: un campanello di allarme. È come il bambino che rimprovera gli adulti per essere ascoltato.

Con questo atteggiamento ottiene la loro attenzione facendo leva sulle emozioni. In questo caso, non c’è manipolazione o inganno. È un esercizio di catarsi per far sì che qualcuno risponda all’appello.

Negli ultimi mesi, a seguito della pandemia, dei lockdown e delle zone rosse è aumentato il disagio sociale e il fenomeno del sadfishing. Una cosa che sappiamo tutti è che quando si tira in ballo la sfera emotiva, la nostra parte empatica risponde.

Pertanto, quando leggiamo dei post in cui c’è scritto “Sono al limite”, “Non so se riuscirò a superare questo momento” o “Ogni giorno mi sento sempre più triste”, li interpretiamo non solo come dei tentativi di attirare l’attenzione, ma anche come una richiesta di aiuto o di supporto.

In fondo, chi scrive vuole sapere se anche gli altri si sentono come lui e che non è il solo a provare certi sentimenti.

I giovani tra i 14 ed i 22 anni sono quelli che praticano di più il sadfishing (e bisogna tenerli in considerazione)

Se si hanno dei dubbi sul fatto che qualcuno stia cercando di attirare l’attenzione o stia davvero chiedendo aiuto, è sempre meglio optare per la seconda ipotesi e rispondere. Non costa niente chiedere a quella persona se ha bisogno di qualcosa.

Non è un comportamento scorretto contattare privatamente la persona che ha scritto quel post pieno di angoscia e chiederle se ha bisogno di qualcosa o se vuole parlare. Lo studio condotto dal Dipartimento di Pediatria del St. Joseph Health di Washington, ci mostrano dei dati importanti.

Gran parte dei giovani di età compresa tra i 14 ed i 22 anni che soffrono di depressione o ansia vedono i social network come l’unico modo per entrare in contatto con gli altri. I messaggi che pubblicano, pertanto, sono delle vere e proprie richieste di aiuto.

Il miglior consiglio che possiamo darvi è di rispondere sempre a questo tipo di messaggi

Internet è la nostra finestra sul mondo. Siamo arrivati ad un punto in cui i social network sono diventati i mezzi più utilizzati per esprimere i nostri pensieri, i nostri bisogni e sfogare la nostre frustrazioni.

I giovani di oggi vedono i social network come l’unico mezzo per esprimersi e dove rifugiarsi. Questo è qualcosa che non possiamo ignorare.

Di fronte a pratiche come il sadfishing è molto difficile individuare ciò che è vero da ciò che non lo è. Pertanto, è importante riflettere su quando segue:

  • La migliore risposta a questa situazione è comunicare in privato con quella persona e darle supporto.
  • Quando rispondiamo a questi messaggi carichi di angoscia emotiva, bisogna evitare di ricorrere alla mera simpatia. Non dobbiamo semplicemente mettere un Mi piace o commentare con un semplice “A me succede la stessa cosa”.

È preferibile usare frasi come: “Mi dispiace per quello che stai passando, come posso aiutarti?”. Sono più utili in queste situazioni.

Uomo che usa il telefono cellulare.

Il pericolo di pubblicare sui social network come ci sentiamo

Non va bene, non è consigliato ed è meglio non farlo. Quando stiamo attraversando un brutto periodo, non è conveniente rendere pubblici i nostri sentimenti sui social network.  E non lo è per una serie di ragioni.

La prima è che quella testimonianza digitale non verrà cancellata e tutte le discussioni saranno pubbliche.

La seconda perché esistono i troll. C’è chi userà il nostro post contro di noi per ridicolizzarci e umiliarci. Ciò può aggravare ulteriormente la nostra sofferenza.

Il terzo motivo per cui non è bene scrivere questo tipo di post è che non tutti sono qualificati a dare dei consigli. Anche con tutte le buone intenzioni, qualcuno potrebbe dirci o proporci qualcosa che in pratica ci fa stare peggio.

In fin dei conti, in queste circostanze abbiamo bisogno di comprensione e sostegno. È meglio che il vero aiuto provenga da degli esperti.

Conclusioni

Non possiamo che ripetere quando detto in precedenza: non bisogna ignorare questo tipo di messaggi. A volte, chi ha più bisogno d’aiuto è chi grida di meno e scrive di più dove non dovrebbe (sulle bacheche di Facebook o su Twitter).


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    • Scott, G. G., Brodie, Z. P., Wilson, M. J., Ivory, L., Hand, C. J., & Sereno, S. C. (2020). Celebrity abuse on Twitter: The impact of tweet valence, volume of abuse, and dark triad personality factors on victim blaming and perceptions of severity. Computers in Human Behavior, 103, 109-119. https://doi.org/10.1016/j.chb.2019.09.020

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