Sempre più ansiosi, per quale motivo?

È un dato di fatto: siamo sempre più ansiosi. L'angoscia che non riusciamo più a gestire e quelle paure che a volte ci sforziamo di nascondere ci stanno distruggendo silenziosamente. 
Sempre più ansiosi, per quale motivo?
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Siamo sempre più ansiosi: lo dicono le statistiche. Per la medicina, si tratta del disturbo mentale più diffuso oltre che una delle maggiori sfide da affrontare. Per l’industria farmaceutica è un giro d’affari; per i milioni di persone in tutto il modo che ne soffrono, è una realtà angosciante che limita completamente le loro vite. Perché l’ansia sta diventando un’epidemia?

C’è chi dice che il mondo è ormai diviso in due gruppi: le persone che soffrono di ansia e chi non sa neanche che cosa sia. Questa etichetta contiene un errore perché l’ansia è parte della natura umana. Sappiamo tutti, chi più chi meno, che sapore ha, cosa si prova e come questo oscuro coinquilino possa trasformarci in tante Cenerentole.

Diciamo, allora, che la società si divide in tre profili: chi ha ricevuto una diagnosi di disturbo ansioso (in una delle sue forme o varianti), chi sa come affrontare e gestire l’ansia e, infine, chi probabilmente non riceverà mai una diagnosi di questo tipo perché non andrà mai dal medico o da un professionista.

La questione è terribilmente complessa. La buona notizia (se così si può dire) è che questa realtà sta diventando normale. Negli Usa, per esempio, sta riscuotendo grande successo la rivista Anxy, che si propone di dare maggiore visibilità non solo all’ansia, ma anche a buona parte dei disturbi mentali.

Si tratta di piccoli passi che ci aiutano a capire meglio questa condizione sebbene l’aspetto che più ci interessa in questo articolo è perché l’ansia è così diffusa, perché siamo sempre più ansiosi.

“Sono giunto alla conclusione che l’ansia accompagni l’attività intellettuale come un’ombra, e che più conosciamo la natura dell’ansia, più conosceremo l’intelletto.”

-Howard Liddel-

Uomo di spalle con le mani sulla testa.

Perché siamo sempre più ansiosi?

Dunque, è vero? Siamo sempre più ansiosi? Ci troviamo di fronte a una vera epidemia? Tanto per cominciare, l’attuale definizione della parola “epidemia” è diversa da quella del secolo passato.

Questo termine non si riferisce soltanto a una malattia fisica o alla diffusione di un virus. Un’epidemia è qualunque evento che possa avere un impatto negativo sulla vita di un individuo. 

I dati clinici ci mostrano che, effettivamente, le diagnosi di ansia sono aumentate negli ultimi dieci anni. Una ricerca condotta dall’Università di Göttingen in Germania ci mostra che, almeno in Europa, il 33,7% della popolazione soffre di un disturbo d’ansia come il disturbo di panico con o senza agorafobia, disturbo d’ansia generalizzata, sociale, da separazione, fobie specifiche, ecc.

D’altra parte, il tasso di prevalenza è in molti casi cronico. Negli ultimi anni è stato però osservato che gli anziani riescono ad affrontare meglio questa condizione psicologica. La popolazione più giovane è invece la più vulnerabile. Come si spiega questo andamento?

Quando lo stress si trasforma in angoscia

Lo stress è la costante che accompagna le nostre giornate. È stato definito come meccanismo ereditato che ci permette di affrontare le sfide, di adattarci al contesto. Comunque sia, questo insieme di reazioni psichiche e fisiologiche si attiva come risposta alle pressioni ambientali, al lavoro, allo studio, alle relazioni.

Se gestito in modo corretto, lo stress scorre e si incanala lungo un percorso dinamico. Quando è costante e ci schiaccia, presto emergono l’ansia e l’angoscia. Ma che cos’è esattamente l’angoscia? È la peggiore tra le emozioni: la paura. Quando compare questa dimensione, si verificano una serie di dinamiche interiori.

La paura provata è continua e senza nome. Non sappiamo più di cosa abbiamo timore, l’ambiente circostante è pieno di minacce al di fuori del nostro controllo. È il nemico peggiore, è un’entità priva di forma che non sempre sappiamo perché sorge. 

Un mondo segnato dall’incertezza

Viviamo in quella che i sociologi chiamano l’era dell’incertezza. La crisi economica e i suoi effetti sulla realtà quotidiana, la rivoluzione digitale, i continui cambiamenti a livello politico, sociale e personale ci immergono in una strana sensazione di impotenza.

Viviamo in un contesto in cui è difficile raggiungere la stabilità professionale, in cui i giovani studiano senza vedere prospettive per il futuro.

Se ci chiediamo perché siamo sempre più ansiosi, questa è una delle risposte. Il cervello ha bisogno di certezze e rassicurazione, ma il nostro ambiente spinge verso l’opposto.

Mi sento solo, sto male, nessuno si accorge di me (una società iper-connessa ma isolata)

Se l’ansia è un’epidemia, la solitudine è un’altra epidemia con stesse (o peggiori) caratteristiche. I nostri anziani soffrono sempre di più l’isolamento: questa è una sfida che dovrebbe essere affrontata socialmente. Ma c’è un altro segmento di popolazione che accusa il peso della solitudine: i giovani.

I dati dicono che i millenial mostrano tassi crescenti di ansia. E non possiamo ignorare che tra gli adolescenti è in aumento anche il numero dei suicidi.

Fattori come il bullismo, le amicizie tossiche, una scarsa autostima, una cattiva gestione delle emozioni, la pressione dei social network in cui la realtà è distorta richiedono un enorme tributo a livello psicologico. Questo è un altro motivo dell’ansia in aumento.

Siamo sempre più ansiosi: cosa possiamo fare?

Quale può essere la soluzione di fronte a questi dati? Va notato che non esiste una sola strada, ma molteplici soluzioni. Il primo passo è essere consapevoli che non sempre abbiamo il controllo su quello che ci circonda. La società cambia, ci mette sotto pressione, pretende e su ben poco ci sentiamo sicuri.

Davanti a qualcosa che non possiamo controllare, resta solo una scelta: sviluppare adeguate capacità di affrontamento e di gestione emotiva per riuscire almeno ad avere il controllo su noi stessi. Al momento, terapie come quella cognitivo-comportamentale possono essere di grande aiuto. Tuttavia ne servono altre.

Nemmeno i farmaci sono la soluzione. Occorrono più risorse, sostegno sociale ed efficaci sistemi di prevenzione. Nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle ASL dovrebbero essere presenti risorse e personale specializzato, in modo che il sostegno psicologico possa essere accessibile e di qualità.

D’altra parte, dobbiamo anche rafforzare la nostra educazione emotiva, imparare a gestire le paure, i pensieri irrazionali; imparare a rispondere meglio alle difficoltà di ogni giorno. È la grande sfida del momento. Per questo motivo è bene ricordare un aspetto importante: dobbiamo chiedere aiuto. Non lasciamo che la paura e l’angoscia ci spingano al limite.


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