Sperimentazione animale: a che punto siamo?

Questa pratica era piuttosto comune già in epoca remota. Nel III secolo a.C. i medici alessandrini facevano esperimenti sugli animali, sia vivi che morti. Tuttavia è nel XV secolo che in Italia ebbe inizio la sperimentazione moderna e anche la controversia ancora oggi attuale.
Sperimentazione animale: a che punto siamo?
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 12 febbraio, 2023

La sperimentazione animale nell’ambito della ricerca scientifica ha una storia lunga e ancora oggi continua a essere una delle sue attività principali. Circa 115 milioni di animali vengono usati ogni anno a tale scopo. Essa, tuttavia, è oggetto di rifiuto da parte di importanti ambienti della società.

Già in epoca non recente questa pratica era comune. Nel III secolo a.C., i medici alessandrini eseguivano esperimenti sugli animali, sia vivi che morti. Eppure, è nel XV secolo che in Italia inizia la fase moderna della sperimentazione. Veniva eseguita su animali vivi, in particolare su cani e maiali, allo scopo di dimostrare le funzioni di ciascuna parte del corpo.

Del XVIII secolo possiamo citare il lavoro di Albrecht von Haller, che fece esperimenti su quasi 200 animali per testare l’irritabilità dei tessuti vivi. Il lavoro di Haller partiva dal fatto che gli animali provano dolore, cosa che dimostrò misurando le reazioni di diversi stimoli al dolore.

Haller fu la prima persona a chiedere scusa per avere inflitto dolore agli animali, promuovendo un nuovo senso di responsabilità riscontrabile in diverse pubblicazioni, a partire da quel secolo. Nelle prossime righe, partendo da questa breve analisi storica sulla ricerca animale, studieremo le tesi sostenute da coloro che si dichiarano a favore o contro questo metodo di ricerca.

Mani umane e zampe di cane

Argomenti a favore della sperimentazione animale

La ricerca sugli animali è stata fondamentale in quasi tutte le scoperte mediche di questo decennio. In effetti, quasi tutti i vincitori di premi Nobel di fisiologia o di medicina, a partire dal 1901, hanno basato i propri studi su dati ottenuti da esperimenti sugli animali.

Inoltre, gli esseri umani somigliano molto agli altri animali. Abbiamo gli stessi organi e soffriamo di malattie simili; tra queste, il cancro, l’influenza, la tubercolosi e l’asma. In questo senso, i metodi che non coinvolgono animali -sebbene di vitale importanza per arricchire le nostre conoscenze- non possono sostituire l’impiego di cavie animali.

Le moderne tecniche di chirurgia (protesi dell’anca, trapianti di cuore, trasfusioni di sangue, ecc.) e le tecniche di tomografia computerizzata (TAC e TM) sono state perfezionate a seguito di esperimenti sugli animali.

Argomenti contro la sperimentazione animale

Non è etico sacrificare la vita di esseri viventi, consci di trovarsi in una gabbia da laboratorio, per infliggere loro dolore e paura. Scienziati che hanno promosso tecniche innovative sono stati in grado di mettere a punto metodi di ricerca che non coinvolgessero gli animali; ad esempio, le tecnologie in vitro, le colture batteriche, i simulatori di pazienti umani, ecc. Ma allora, perché non proseguire lungo questo percorso evolutivo sulla base di questi progressi?

Oltretutto, la maggior parte degli esperimenti eseguiti sugli animali non hanno finalità biomediche, ovvero non hanno lo scopo di raggiungere un miglioramento della salute umana. Sono test cosmetici o per prodotti di pulizia domestica, ricerche militari o test sull’impatto ambientale.

Il valore scientifico della sperimentazione biomedica sugli animali è minore di quanto la gente pensi. E questo ha molte spiegazioni. Ad esempio:

  • Gli esseri umani che partecipano a sperimentazioni e quelli che consumano i prodotti o i farmaci messi in commercio sono comunque esposti a effetti collaterali non individuati in fase di sperimentazione sugli animali. I rispettivi organismi non sono simili come si riteneva un tempo.
Sperimentazione animale

Quali sono le posizioni dei vari Paesi in merito alla questione?

La maggior parte dei Paesi sviluppati ha elaborato delle leggi che pongono dei limiti all’impiego di cavie da laboratorio e al dolore a esse inflitto. Dal canto suo, l’Unione Europea ha una delle legislazioni più rigide al mondo, che fa riferimento sia ai vertebrati che ai cefalopodi, prevedendo criteri per il giusto trattamento degli animali e per l’applicazione dei dispositivi coinvolti.

Negli Stati Uniti la legge federale non fa riferimento a topi e ratti, uccelli e pesci, che rappresentano circa il 95% degli animali utilizzati in laboratorio, e questo sebbene queste specie siano contemplate in altre normative non federali. Altri Paesi dispongono di una regolamentazione in materia. In Canada è competenza dei governi provinciali. La Cina, nel 2006, ha approvato la prima legge nazionale sul benessere degli animali da laboratorio.

Probabilmente la regolamentazione più rigida al mondo è quella britannica, che obbliga a elaborare un’analisi costi-benefici per autorizzare gli esperimenti sugli animali, oltre a prevedere licenze personali per chi li esegue.


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