Steve Jobs: l’uomo che inventò il XXI secolo
Creatività e genialità assoluta sono, forse, le due parole che più facilmente ci vengono in mente quando pensiamo a Steve Jobs. C’è chi dice che, a modo suo, è stato l’inventore del XXI secolo. E non si tratta di una metafora. Il modo in cui oggi lavoriamo, comunichiamo e ci relazioniamo con il mondo lo dobbiamo, in gran parte, al suo genio.
Ottenuto il successo imprenditoriale molto presto, la sua carriera professionale è stata luminosa fin da quando era giovane. Forse proprio per questo ha sempre affermato che ciò che lo motivava non era né il successo né il denaro. Il suo obiettivo era avverare un sogno. Un sogno portatogli via dalla scarsa visione futuristica dei suoi azionisti. Ma al di là degli ostacoli, Steve Jobs non si arrese mai né perse il suo spirito visionario.
Come molte persone dotate di grande creatività, oscillò sempre tra successo e frustrazione. Tra i nuovi progetti, mai pensati da nessuno prima di lui, e la ricerca di una vita che segnasse la storia.
I suoi primi anni
Steve Jobs nacque a San Francisco nel 1955. I suoi genitori biologici erano studenti universitari che lo diedero in adozione appena nato. Per fortuna, il piccolo Steve venne adottato da una famiglia che lo considerò sempre come un figlio a tutti gli effetti, offrendogli sin da bambino tutto il supporto di cui aveva bisogno.
Frequentò la scuola in California per poi intraprendere gli studi universitari a Portland. I suoi anni al Reed College furono caratterizzati da eccellenti risultati in quanto a potenziale, contrastati spesso da uno spirito ribelle e mancanza di interesse.
La sua ricerca spirituale
Nel 1974, Steve Jobs fece un viaggio per l’India per trovare un senso trascendentale alla sua vita. Lì passò il suo tempo nell’Ashram (luogo di meditazione) di Neem Karoli Baba a Kainchi. Oltre a questo, studiò buddismo in un centro Zen di Los Altos, California, negli anni ’70. Il legame con il suo maestro Zen si trasformò in una stretta amicizia che Steve coltivò per tutta la vita.
I suoi biografi affermano che il buddismo Zen ne ha caratterizzato l’intero percorso. Nel 2005, durante la conferenza che Steve Jobes diede alla cerimonia di laurea a Stanford disse:
“Negli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: -Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?-. E ogni qualvolta la risposta è no per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato. Ricordarmi che morirò presto è lo strumento migliore che io abbia mai trovato per fare le grandi scelte della vita.”
Durante gli anni ’70, Steve Jobs si unì al movimento contro-culturale del suo paese, in un periodo in cui si trovò a sperimentare sostanze psichedeliche. Jobs affermò che l’incontro con le droghe fu per lui fondamentale per inquadrare la vita sotto la giusta prospettiva e per capire la sua visione del futuro.
Steve Jobs e i primi computer
Ottenne il suo primo lavoro con i computer per l’azienda Atari, dove conobbe Steve Wozniak, il tecnico informatico che più tardi diventerà il cofondatore della Apple. Assieme erano la coppia perfetta. La genialità di Wosniak come ingegnere si incastrava perfettamente con il talento imprenditoriale di Jobs. Un’unione che permise loro di dare forma a un progetto che, qualche anno dopo, si trasformò in un vero e proprio impero.
Negli anni in cui lavorò per Atari, i computer erano a uso esclusivo di grandi aziende, dato il costo proibitivo. Wozniak costruì il primo personal computer (PC) perché sentiva l’esigenza di averne uno personale in casa. È da lì che ebbe tutto inizio.
Due visionari che iniziarono a vendere i primi computer nel garage dei genitori di Steve Jobs. Anche se con il tempo i due finirono col separarsi, nulla potrà cancellare quanto di grandioso furono in grado di fare assieme.
“I geni rivoluzionari non sono solo quelli che costruiscono qualcosa di diverso, ma che riescono anche a venderlo.”
-Steve Wozniak-
L’avventura di Apple
Negli anni seguenti, i computer Apple cominciarono a espandersi sul mercato, mentre l’acquisto di un personal computer diveniva un bisogno sempre più diffuso. Apple venne quotato in borsa, complicando le cose per Steve Jobs.
Nel 1984 venne progettato il primo Macintosh. Un’invenzione che segnò un prima e un dopo nell’informatica domestica, ma che non fu commercializzata al meglio. Apple era infatti diventata grande e la giunta direttiva non condivideva né la strategia né la passione di Jobs.
Venne fatto credere che le grandi doti creative e di visione commerciale di Jobs erano in pericolo a causa del suo carattere, esigente e perfezionista. In realtà, come tutti i grandi geni della storia, Steve Jobs aveva bisogno di un team che lavorasse con la sua stessa passione, la stessa visione e lo stesso sentimento trascendete che possedeva.
Nel 1985, Wozniak lasciò la Apple mentre, un anno dopo, Steve Jobs venne svestito delle sue funzioni esecutive e lasciato senza voce in capitolo né possibilità di voto all’interno della sua stessa azienda. Jobs lasciò così la Apple per proseguire la sua avventura professionale in solitaria. Creò l’azienda Next e lavorò per un breve periodo per Pixar, nota azienda di produzione cinematografica per computer. Il periodo in Pixar gli portò successo e rispetto da parte del suo ambiente.
Il ritorno di Steve Jobs alla Apple
Steve Jobs tornò alla Apple nel 1996, in un momento in cui l’azienda era rimasta indietro dal punto di vista tecnologico rispetto alla rivale Microsoft. Sull’orlo del baratro, l’azienda riuscì a invertire la rotta proprio grazie al rientro del suo fondatore. Jobs cancellò infatti tutti i progetti sui quali si stava lavorando e riprese il controllo operativo dell’azienda, tornando a fare la storia.
In quegli anni progettò una nuova generazione di prodotti innovatori, come l’iPod, l’iPad e l’iPhone, diventando l’inventore della musica digitale portatile.
Nel 2008 iTunes contava più di sei milioni di download e oltre 200 milioni di iPod venduti. Nel 2010, nacque l’iPad, il primo tablet. Mentre nel 2012 Apple diventa l’azienda più ricca al mondo.
In un’intervista del 2007 Jobs afferma:
“C’è una vecchia frase di Wayne Gretzky che amo: «io pattino dove il disco sta per arrivare, non dove è stato». Abbiamo sempre cercato di fare questo in Apple. Fin dall’inizio. E sempre lo faremo”.
La morte prematura
Perfezionista, appassionato e visionario. Questi sono stati gli angeli e i demoni di Steve Jobs. L’eredità che ha lasciato è il frutto di una passione che non ha mai messo in vendita.
Nel 2003 gli viene diagnosticato un cancro al pancreas che gli porta numerosi problemi di salute. Continua comunque a lavorare fino al 2009, anno in cui la malattia lo obbliga a lasciare il lavoro. Muore nel 2011, a 56 anni, sepolto in una tomba senza nome a Palo Alto, California.
Lo slogan “think different” nacque nel momento in cui Steve Jobs rientrò alla Apple per renderla nuovamente grande.
“Dedicato ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti, e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro, potete glorificarli o denigrarli. Ma l’unica cosa che non potrete mai fare loro, è ignorarli. Perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l’umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero.”
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