Suspiria: due versioni della stessa sceneggiatura

Negli anni '70, Dario Argento ci terrorizzò con le atmosfere magiche e soprannaturali di Suspiria. Anni dopo, Luca Guadagnino porta sullo schermo un remake che, pur ispirandosi all'originale, lo reinterpreta in maniera particolare. Due punti di vista diversi della stessa sceneggiatura, due modi di interpretare la stessa storia... Quale versione rispecchia di più i vostri gusti?
Suspiria: due versioni della stessa sceneggiatura
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 04 novembre, 2022

Erano gli anni ’70 quando il regista Dario Argento sorprese tutti con il suo indimenticabile Suspiria, il film che aprì la strada a quella che sarebbe stata la trilogia de Le Tre Madri.

Il genere horror, e più precisamente il giallo, è l’ingrediente base dei film di Argento, che per lungo tempo ha terrorizzato il pubblico al cinema. Se esiste un colore per identificare Argento, non può essere che il colore del sangue, un rosso spesso protagonista della sua filmografia e che ci porta in una dimensione estetica fatta di terrore e violenza.

In Suspiria, Argento abbraccia un terrore più soprannaturale, enigmatico e denso. La sceneggiatura, scritta in collaborazione con l’allora moglie, Daria Nicolodi, lascia buona parte della trama all’immaginazione del pubblico. Gli spettatori avevano il compito di ricostruire il messaggio non esplicitamente fornito nel film, di immaginare cosa fosse successo esattamente dietro le terribili mura dell’Accademia di danza di Friburgo.

Qualche decennio dopo, nel 2018, un altro regista, Luca Guadagnino, ha rispolverato la sceneggiatura di Argento e Nicolodi per darle un nuovo significato. Pensando a tutto quello che uno spettatore potrebbe interpretare, ha ampliato il piccolo universo degli anni ’70 aggiungendovi alcuni elementi della contemporaneità.

Suspiria di Guadagnino si allontana notevolmente dal precedente, ma non dimentica le sue radici e, spesso, ci restituisce quel rosso così caratteristico del film di Argento. Due modi di intendere il terrore, due modi per creare suspense e, in definitiva, due modi diversi di raccontare la stessa storia.

ATTENZIONE: l’articolo può contenere spoiler.

Suspiria: un universo femminile

Già in altre occasioni abbiamo segnalato che, purtroppo, la presenza femminile nel cinema è stata, soprattutto in passato, relegata a ruoli di secondo piano o a tematiche prettamente “femminili”: maternità, bellezza, faccende domestiche, ecc. Per decenni, gli uomini sono stati gli eroi del cinema. Per non parlare dello scarso ruolo che le donne hanno dietro le cineprese.

Tuttavia, Dario Argento non solo poté contare sulla moglie per l’edizione della sceneggiatura di Suspiria, ma riunì anche un cast di donne parecchio al di fuori dagli schemi del tempo. Suspiria ci porta in una prestigiosa accademia di danza tedesca dove il potere è nelle mani delle donne. Ci sono anche personaggi maschili, ma per la maggior parte ricoprono ruoli secondari. Si produce dunque un’inversione di ruoli rispetto alle norme dell’epoca.

Uno dei personaggi maschili con maggior risalto (anche se non troppo) è quello del giovane Mark, interpretato da un giovanissimo Miguel Bosé. Mark è una ballerino dell’Accademia di danza di Friburgo, sottomesso al potere delle donne. Ci viene presentato come un personaggio alquanto effemminato, ma che suscita l’interesse della protagonista, Susie. I ruoli di genere nella pellicola originale sono piuttosto fluidi.

Susie è una giovane americana che arriva in Germania per studiare all’Accademia di danza di Friburgo. Non sa, però, che quel posto è a tutti gli effetti una congrega di streghe. La presenza femminile inonda lo schermo, protagoniste e antagoniste, sono tutte donne.

Guadagnino va oltre; in piena era MeToo e di rivendicazione femminista, il suo film fa eco a tutti questi movimenti. La camaleontica attrice Tilda Swinton interpreta ben tre personaggi, incluso un uomo.

Suspiria: cast al femminile

Molti potrebbero pensare che questo scambio dei ruoli non fosse necessario e che avrebbero potuto impiegare un attore uomo. Tuttavia, necessaria o no, la decisione non è altro che una rivendicazione. Non dimentichiamo che, per molto tempo, gli attori teatrali sono sempre stati uomini e, di conseguenza, dovevano vestirsi da donna per recitare ruoli femminili. Molte delle opere portate in scena da grandi drammaturghi come William Shakespeare sono dunque state interpretate interamente da uomini.

Questa dichiarazione di intenti, nella versione più recente di Suspiria culmina nell’eliminazione della presenza maschile, relegandola a un piano ancora più secondario. La verità è che la stregoneria viene in genere associata alle donne e spesso con connotazioni negative. Guadagnino fa del suo film una rivendicazione femminista, che urla al passato, affermando che le donne possono svolgere qualsiasi ruolo.

Abbiamo diversi esempi di come la stregoneria sia stata utilizzata per mostrare nuove realtà. In tal senso, serie come American Horror StoryLe terrificanti avventure di Sabrina ci mostrano la rivendicazione femminista attraverso la stregoneria.

Nella versione attuale di Suspiria, il retroscena politico della vicenda viene utilizzato per stabilire un parallelo con l’ingovernabilità della congrega. Una sorta di dicotomia tra il patriarcato storico e il matriarcato della congrega. La versione di Guadagnino propone, quindi, un rinnovamento e un aggiornamento dei valori latenti nel film di Argento.

Due modi di interpretare il terrore

Lasciando da parte le questioni puramente culturali e storiche, Suspiria rimane un film horror. Nell’originale, Argento ha fatto largo uso del fuori campo, confinando i misteri della congrega dietro le mura. Attraverso la musica e il colore, lo spettatore capiva che stava succedendo qualcosa di strano, ma non gli era dato sapere quale male si nascondesse dietro quelle pareti.

L’arrivo di Susie in Germania è rivelatore, Argento ci mostra uno spazio conosciuto: l’aeroporto. I suoni dell’ambiente e i piani della giovane Susie che si spostano verso l’uscita disegnano un realismo che contrasta con una serie di contropiani nei quali la vediamo uscire dell’aeroporto. Un’uscita verso l’oscurità, accompagnata dalla musica eccezionale e inquietante dei Goblin, che sembra avvertirci della presenza del male, dell’elemento fantastico e sconosciuto.

Il viaggio in taxi verso l’Accademia non è per nulla promettente, le luci caleidoscopiche distorcono la realtà, la musica diventa più forte e l’esterno ci mostra una natura ostile e spaventosa. In tal modo, lo spettatore capisce che sta per succedere qualcosa, che Susie farebbe meglio a tornare all’aeroporto e non entrare nell’Accademia di danza.

Nella versione attuale di Suspiria, la presenza del male viene descritta nella visita dallo psichiatra della giovane Patricia, una studentessa dell’Accademia. Patricia espone allo psichiatra alcuni fatti paranormali che stanno accadendo nell’accademia. Vengono quindi fornite due possibili spiegazioni del fatto: quella razionale, cioè la versione dello psichiatra; e quella paranormale, ovvero quella delle parole di Patricia.

Patricia al ristorante

La versione di Guadagnino è più realistica, vengono meno la realtà distorta e la musica inquietante, ma si viene immersi nei suoni dell’ambiente, dei corpi che ballano e che rabbrividiscono. Il rosso, grande protagonista dell’originale Suspiria, appare solo nei capelli di Susie, collegandosi, in un certo senso, all’immaginario collettivo.

I capelli rossi sono spesso stati associati alla stregoneria e, nel film di Guadagnino, assumono una certa rilevanza nel momento in cui le streghe decidono di tagliarli a Susie. Tuttavia, lungi dal perdere la sua forza, come Sansone, Susie si eleva a vera Madre Suspiriorum. Così, nel climax del film, il rosso torna a colorare le immagini, ci immerge di nuovo in un bagno di sangue, riportandoci alle radici di Argento.

Guadagnino è intenzionato a raccontarci tutti i misteri della congrega, mostrandoci ciò che il film precedente ha lasciato fuori campo. Ricerca la connessione tra danza e stregoneria attraverso una scena travolgente e scomoda. Argento, invece, tenta di avvolgerci in un’atmosfera surreale, paranormale e strana che ci inquieta e terrorizza.

La sua macchina da presa adotta una visione più voyeuristica, come fosse un personaggio che spia i movimenti delle ragazze dell’accademia. Entrambi i cineasti fanno ricorso a immagini dell’immaginario collettivo, uno in forma suggerita, e l’altro in forma esplicita.

Argento immagina il suo film come una fiaba in cui le protagoniste sono delle bambine, ma non potendolo fare nella realtà, ha disseminato alcune tracce che si ricollegano a quella visione infantile nel bel mezzo dell’orrore.

In sostanza, ci troviamo di fronte a una fiaba spaventosa, dal terrore reale che non lascia quasi nulla all’immaginazione, due visioni della stessa sceneggiatura, ma molto diverse. Entrambi godibili e sconvolgenti, sebbene continui a piacerci di più quella di Argento… E voi, quale preferite?


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