Toccare il fondo: risalire è difficile, ma possibile

Toccare il fondo: risalire è difficile, ma possibile
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Se avete toccato il fondo, non spaventatevi. Se siete arrivati al limite delle vostre forze, se quest’ultimo fallimento o delusione vi ha toccato più che mai, non paralizzatevi, non vergognatevi, non continuate a vivere in questo abisso personale e psicologico. Risalite! Rialzatevi e fate la scelta di chi è coraggioso, di chi trova la dignità per imporsi di non cadere più in basso del proprio cuore. A tutti noi sarà capitato di sentire in più di un’occasione la frase fatta toccare il fondo.

Per quanto possa sembrare curioso, la maggior parte dei professionisti del mondo clinico non apprezza particolarmente detta espressione . Gli psicologi e gli psichiatri si trovano ogni giorno faccia a faccia con i pazienti che hanno raggiunto il limite. Persone convinte che, dopo aver toccato il fondo, non resti loro che un’unica opzione: quella del cambiamento e del miglioramento.

“Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire.
A me capita di cominciare a scavare”.

-Freak Antoni-

La triste realtà è che questa regola non funziona sempre. Il motivo? Vi è chi si stabilizza su questo fondo . Vi è chi scopre che, sotto a questo fondo, vi è un altro piano interrato ancora più scuro e più complesso. Quindi, quest’idea, questo approccio a volte tanto condiviso da molti, può impedire in modo ironico e perverso a una persona di cercare aiuto per andare avanti. Quando invece il problema non è così grave e sarebbe possibile usufruire di semplici risorse che permettono di operare un cambiamento o un miglioramento.

Uomo dentro grotta che guarda via d'uscita

A tutti è capitato di toccare il fondo e risalire non è facile

È capitato a tutti di toccare il fondo almeno una volta e sappiamo quanto fa male. Buona parte della popolazione è scesa fino a questo strato dove la paura, la disperazione o il fallimento scaraventano e abbandonano. Intrappolati, incollati a questa resina di ambra che mina e offusca l’equilibrio fino a sfociare in un disturbo dell’umore.

L’idea che solo la disperazione più assoluta possa condurci definitivamente a vedere la luce e a sperimentare un miglioramento non è veritiera. Come non lo è dover soffrire per conoscere davvero la vita. Perché il dolore insegna e illumina solo nel caso in cui noi si abbia la volontà e le risorse adeguate per poterlo fare. Quindi, e per quanto ci piaccia l’idea, nel nostro cervello non vi è un pilota automatico che ci mette in “ modalità resilienza” ogni volta che arriviamo al limite delle nostre forze.

Il tema della malinconia è stato trattato dal filosofo e psicologo William James nel suo libro Le varie forme dell’esperienza religiosa. Uno studio sulla natura umanaAlcune persone, senza comprenderne bene le ragioni, sono capaci di toccare il fondo e, da lì, scorgere il punto in cui la luce del sole le guida dalle profondità verso l’uscita. Altre, al contrario, restano intrappolate nella malinconia. È un angolo nel quale regnano la vergogna (come ho fatto ad arrivare fino a qui?) e lo sconforto cronico (non posso fare niente per migliorare la mia situazione, tutto è perduto).

Ragazza sott'acqua circondata da fiori

Se avete toccato il fondo, non abituatevi a questo luogo. Risalite!

Toccare il fondo presuppone ritrovarsi sul suolo dello sconforto, questo è chiaro, ma di certo non si vuole scendere ulteriormente. Non lasciatevi sprofondare nei sotterranei della disperazione. Toccare il fondo implica anche ritrovarsi in uno scenario di profonda solitudine, in una grotta nella quale non entra niente e la mente è confusa; in questo luogo si elaborano dei pensieri che diventano strani e ossessivi. Tuttavia, ricordate: avete il biglietto di ritorno, non dovete far altro che salire le scale per rendervi conto che vi sono nuove opportunità che sono possibili e percorribili.

Per risalire, però, bisogna fare una cosa tremendamente difficile: superare la paura. Per riuscirci, si può applicare la tecnica della freccia discendente o freccia verticale, proposta da terapeuti cognitivi quali  David Burns. Secondo questo approccio, molte persone abitano in questi fondali psicologici perché sono bloccate, soffrono, si sentono perse e, nonostante siano consapevoli di aver bisogno di un cambiamento per vincere questo impasse, non vogliono rischiare o non sanno cosa fare.

L’idea centrale di questa tecnica è smontare molte di queste credenze irrazionali che tante volte ci gettano in scenari di inquietudine e disperazione. Per farlo, il terapeuta seleziona un pensiero negativo del paziente e lo sfida mediante una domanda “Se questo pensiero fosse vero e accadesse, cosa faresti?”. L’idea è porre una serie di domande che fungono da frecce discendenti per fare luce su idee erronee, per visualizzare e smontare schemi irrazionali e favorire nuovi approcci, nuovi cambiamenti.

Uccelli in cielo a forma di freccia toccare il fondo

Facciamo un esempio. Pensiamo a una persona che ha perso il proprio lavoro ed è disoccupata ormai da un anno. Le domande che potremmo farle per affrontare tutte le sue paure sarebbero le seguenti: Cosa accadrebbe se non riuscissi a trovare mai più un lavoro? Cosa accadrebbe se anche il tuo partner dovesse perdere il lavoro? Cosa faresti se ti trovassi all’improvviso senza alcun mezzo di sostentamento?

Questo esercizio può sembrare piuttosto duro, perché si cerca di arrivare sempre allo scenario più catastrofico. Tuttavia, dà una spinta alla persona, la invita a reagire, a fare un confronto, ad argomentare possibili strategie di fronte a situazioni disperate che non sono ancora successe (e che non hanno motivo di verificarsi).

Presuppone, in sostanza, dimostrare alla persona che, nonostante abbia toccato il fondo, esistono situazioni ancora più complesse e che, pertanto, è ancora in tempo per reagire. Una volta affrontate tutte le paure che le vengono messe davanti, non le resterà altro che un’unica opzione: emergere. E sarà questa la decisione che cambierà tutto.


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