Urbanistica e psicologia: gli spazi ci condizionano?

Urbanistica e psicologia, due aree apparentemente separate che confluiscono quando parliamo del nostro benessere. Oggi parliamo dell'unione di questi due ambiti.
Urbanistica e psicologia: gli spazi ci condizionano?
María Alejandra Castro Arbeláez

Scritto e verificato la psicologa María Alejandra Castro Arbeláez.

Ultimo aggiornamento: 05 gennaio, 2023

In qualità di esseri umani siamo sensibili a una moltitudine di variabili e fenomeni. Uno di questi è lo spazio che, pur non notandolo a volte, può avere un enorme impatto sulle nostre vite. Alla luce di ciò, dedichiamo questo articolo alla relazione tra urbanistica e psicologia.

Cominciamo da un’analisi dei due termini. L’enciclopedia Treccani definisce l’urbanistica come “L’insieme delle misure tecniche, amministrative, economiche finalizzate al controllo e all’organizzazione dell’habitat urbano”. Si tratta dunque di una disciplina legata alla pianificazione dei territori in connessione con i luoghi in cui ci stabiliamo.

La psicologia si dedica allo studio dell’interazione, della cognizione e dell’affetto. Sempre secondo la Treccani, è la “scienza che studia la psiche”. Ebbene, come si relazionano urbanistica e psicologia? L’organizzazione dei territori ha a che vedere con i bisogni di sviluppo dell’uomo?

Connessioni neurali cervello umano

Urbanistica e psicologia

Non sono soltanto i fattori biologici, di crescita e di apprendimento a influire sul nostro sviluppo. Giocano un importante ruolo anche i luoghi in cui cresciamo. Esistono, di fatto, ambienti che possono renderci più vulnerabili di altri. Ciò non vuol dire che crescere in determinati contesti significhi che la nostra vita è destinata al tracollo; semplicemente aumentano i rischi.

Poiché veniamo influenzati dal contesto in cui cresciamo, manifesteremo comportamenti, pensieri ed emozioni a esso correlati. La psicologia ha il compito di capire perché succede, di analizzare le nostre interazioni, in che modo sono determinate dal contesto, ecc.

Come suggeriscono gli architetti Méndez Rodríguez, Saura Carulla e Montañola Thornberg, “i luoghi sono una sorta di specchio della civilizzazione e non soltanto una questione tecnica”. Siamo sensibili ai luoghi in cui trascorrono le nostre vite. Ed è proprio questo aspetto che fa emergere la relazione tra le due discipline.

Coscienza del rischio

D’altra parte, entrambe le discipline ruotano attorno alla consapevolezza dello spazio. Da un lato, l’urbanistica invita a dare la priorità alle esigenze dell’uomo per promuovere l’organizzazione del territorio, valutando il contesto e la realtà abitativa prima di tutto. Dall’altro, la psicologia pone l’accento sul qui e ora e sulla sensazione di essere presenti in accordo con la realtà vissuta.

La loro relazione si rivela fondamentale quando si tratta di sviluppare spazi, creando un dialogo che permetta di comprendere i bisogni dell’individuo in relazione con il territorio, da un punto di vista integrale, generando alternative che promuovano ambienti urbani salutari.

Entrambe le discipline collaborano sugli stessi progetti allo scopo di generare spazi favorevoli che riducano le barriere e migliorino la qualità della vita. Per riuscirci, tengono conto dei valori sociali e culturali e di una serie di fattori fisici e psico-sociali.

Pianta e sedia in una stanza bianca

Urbanistica e psicologia: disuguaglianza

Ecco un altro punto di incontro tra urbanistica e psicologia: la disuguaglianza. Come mai? Perché l’impatto che i luoghi hanno su di noi può avere conseguenze positive (come una migliore impronta ambientale) così come negative (come la creazione di dislivelli sociali). Esempio di ciò sono i nuovi quartieri che tendono a centralizzare i servizi, le istituzioni, gli ospedali e i centri educativi, penalizzando però chi vive in periferia.

Affrontare questi ostacoli è uno degli obiettivi di queste discipline, le cui dinamiche di intervento devono andare alla ricerca dell’uguaglianza sociale.

In sintesi, urbanistica e psicologia sono aree che si trovano nello spazio e intervengono per promuovere una migliore qualità della vita. Possono favorire la creazione di luoghi che abbiano un impatto positivo nell’individuo e per la comunità.

Per riuscirci, risulta necessario fare un’analisi precisa dialogando e tenendo conto delle necessità individuali e collettive, favorendo così lo sviluppo dell’ambiente in cui viviamo. Per citare le parole dell’architetto Julia Morgan, “gli spazi parlano da sé”.


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  • Méndez Rodríguez, S. Saura Carulla, M. & Muntañola Thornberg, J. (2013). Psicología ambiental, Arquitectura y Urbanismo: una fecundación que no Llega.

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