Validare un'emozione: cosa significa davvero?

La validazione è il punto di partenza in molti contesti d'aiuto. È, di fatto, uno degli elementi principali per l'efficacia di tale intervento. Scoprite in cosa consiste.
Validare un'emozione: cosa significa davvero?
Sergio De Dios González

Scritto e verificato lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 07 marzo, 2023

Validare un’emozione o la storia di una persona è una conquista talmente importante da costituire il pilastro di gran parte degli interventi di aiuto. Molte persone in seduta si sentono strane, fuori luogo, come lanciate in un oceano di emozioni del quale poco conoscono e in cui non sono in grado di navigare.

Qualche giorno fa Alice affermava di non riuscire a giustificare la sua immensa tristezza con una famiglia meravigliosa come la sua e un lavoro tutto sommato non male. Francesco, invece, era arrabbiato con se stesso perché non si era mai sforzato a sufficienza nella vita.

Luca era in preda all’ansia perché gli avevano cambiato un turno e suo figlio usciva da scuola prima che lui potesse andare a prenderlo. Era anche arrabbiato con se stesso perché si sentiva così: sapeva che non era un problema e che al massimo, su figlio, avrebbe aspettato solo cinque minuti. Ma cosa significa davvire validare un’emozione. Scopriamolo in questo articolo.

Donna seduta su una panchina

È normale sentirsi così

Una delle prime idee che proveremo a trasmettere ad Alice, Francesco e Luca è che è perfettamente normale sentirsi così. Che non sono dei “pazzi emotivi”, che provano un’emozione coerente, non tanto con il mondo, ma con la realtà parallela che si sono costruiti. Quella nella quale praticamente operano.

Con la validazione, pertanto, prima di tutto la persona smette di sentirsi strana. Si potrà più o meno intervenire, ma in nessun caso sarà in difetto. Può essere più sensibile, più nevrotica o portare con sé un carico di idee irrazionali, ma il problema non risiederà comunque nella sua natura.

È il momento in cui diciamo al paziente/cliente che ha il potere di migliorare. Che cosa? Ad esempio, la gestione delle proprie emozioni oppure stabilire delle priorità. La validazione, dunque, serve anche a restituirgli un po’ di quel controllo che potrebbe credere di aver perso.

In tal senso, la validazione è anche una meravigliosa risorsa per prendersi cura delle relazioni. Se fatto nel giusto modo, diventa un passo avanti, è un approccio che non genererà mai rifiuto. Al tempo stesso, comunichiamo all’altro che lo abbiamo ascoltato con attenzione (ascolto attivo).

Validare un’emozione è riconoscere

Attenzione: affermare che quanto provato è normale, non significa che il problema che affronta sia o meno straordinario o che l’intensità emotiva che vive gli è realmente d’aiuto. Non servirebbe a nulla dire a Luca che non fa niente se suo figlio aspetta un po’, perché questo già lo sa e in un certo senso si è già punito da sé. Insistendo su questa idea, non faremo altro che farlo sentire peggio, più strano. Proprio come succederebbe con Alice.

Ecco perché dire: “smetti di essere triste” o “non c’è ragione di sentirti così” è del tutto controproducente. Questi imperativi non servono a far star meglio una persona.

Appesantiscono invece un carico che si sta già trasportando da soli. Se c’è qualcosa di cui ha bisogno la persona, è proprio il contrario, ovvero che gli si riconosca lo sforzo, che sta combattendo quella battaglia.

Amiche che bevono caffè

Validare un’emozione: il miglior punto di partenza per l’aiuto emotivo

Attraverso la validazione, apriamo le porte all’espressione emotiva, senza il timore che la persona si senta giudicata o criticata. Come già affermato, inoltre, le restituiamo il controllo delle emozioni. Ponendoci, per di più, come una figura di supporto, di aiuto.

Avvertirà che la capiamo, che abbiamo afferrato l’altro capo della fune che ci ha lanciato e, pertanto, le nostre possibilità di aiutarla aumenteranno considerevolmente.

Come si può vedere, validare un’emozione è uno degli elementi essenziali alla base di ogni relazione, ma è particolarmente importante nei contesti clinici. E lo è anche nei contesti di emergenza. Ad esempio, una persona può essere molto disorientata perché non riesce a provare una profonda tristezza nell’aver perso i familiari in una tragedia.

Tale insensibilità emotiva potrebbe portarla a concludere che non li amava abbastanza e a sentirsi in colpa per questo. Consideriamo ora, che la manifestazione della colpa e della tristezza possano avere caratteristiche in comune. Come potremmo aiutarla se non siamo in grado di riconoscere il quadro clinico che ci troviamo di fronte?


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Linehan, M. (1993). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. New York: NY: Guilford Press.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.