Asylum: la discesa negli inferi

"Asylum" è la stagione più complessa della serie "American Horror Story". Ci accompagna alla scoperta del male che regna dietro le mura di un manicomio degli anni '60.
Asylum: la discesa negli inferi
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 10 ottobre, 2022

La serie antologica di Ryan Murphy e Brad Falchuk, American Horror Story (AHS), vanta già 8 stagioni. L’ultima, Apocalypse, ha generato molta aspettativa per l’elemento di novità del crossover. Ma è Asylum che è considerata la migliore.

Tuttavia, la sensazione è quella di aver visto una stagione che ha avuto i suoi bei momenti, ma non allo stesso livello delle altre. In questo articolo rievocheremo quella che, a nostro avviso, è la stagione migliore: Asylum.

Data la natura antologica della serie, è normale che ci siano momenti mozzafiato e altri più noiosi. È vero anche che questi giudizi sono molto soggettivi e dipendono dai gusti personali. Ma se consultiamo una qualunque classifica tra quelle che circolano in rete, sicuramente Asylum compare tra le prime posizioni.

La seconda stagione di American Horror Story riesce a mescolare moltissimi elementi in modo affascinante. Ci sono frame più potenti di altri, ma ciò che conta è il risultato finale e in questo Asylum riesce molto bene.

Insomma, si tratta di una stagione che si adatta bene a tutti i gusti, perché presenta elementi soprannaturali, omicidi, mistero, extraterrestri, etc.

Si potrebbe dire che riesce a condensare i temi principali del genere horror in soli 13 episodi. Una stagione strettamente legata alla psicologia.

Asylum, la stagione più ambiziosa di American Horror Story 

Asylum è la stagione più ambiziosa perché tratta tutti i principali rami del genere horror. A causa della complessità e della lunghezza della trama, ci si aspetterebbe una stagione in qualche modo sconnessa.

Contro ogni previsione, è riuscita a tenere uniti tutti i fili senza crollare su se stessa come accade spesso in questi casi.

Scena di American Horror Story.

Essere la seconda stagione della serie gioca sicuramente a suo favore. Altre stagioni altrettanto acclamate, di fatto, come Roanoke, non sono riuscite a coinvolgere lo spettatore a causa della perdita di interesse.

Dopo il successo del primo episodio, Murder House, si era generata un’enorme aspettativa su cosa sarebbe successo dopo. Asylum si è guadagnata un meritato primo posto e, dopo 8 stagioni, sembra proprio che nessuno glielo possa portar via.

Questa affascinante stagione ci ha regalato alcune delle migliori interpretazioni della serie. Lana Winters (Sarah Paulson) è uno dei personaggi più amati e ricordati.

Praticamente tutti i personaggi femminili brillano di luce propria, senza nulla togliere a Kit Walker (Evan Peters) e all’incredibile Dr. Thredson (Zachary Quinto).

È una delle stagioni in cui possiamo apprezzare al meglio l’evoluzione dei personaggi; un’evoluzione coerente e non folle come quella di Hotel.

La trama narrativa è complessa, non possiamo negarlo: è difficile collegare ogni episodio e ogni storia presentata. Ci sono innumerevoli personaggi, ospiti e trame. Ma la stagione riesce comunque a farci immergere negli orrori di cui è capace l’essere umano.

Ci conduce nel luogo in cui regna l’atrocità, in cui l’umanità svanisce e l’atmosfera si fa soffocante. Nella nostra testa continua a risuonare quella dannata canzone in francese Dominique, che si ripete come un loop che ci ricorda dove siamo: negli inferi della follia.

Asylum, gli orrori della follia

In alcuni episodi, il caos è tale che non si capisce più se i personaggi hanno perso la testa, se sono stati gli scrittori o se siamo noi ad impazzire.

Asylum è delirante, è follia nella sua forma più pura, si respira nell’atmosfera emanata dalle mura di Briarcliff (l’istituto mentale in cui si svolge l’azione) e, ovviamente, è palpabile anche nella sua forma, nel suo disordine.

Briarcliff è un labirinto, al centro del quale troviamo una serie di personaggi che, purtroppo, sono finiti nel posto peggiore. La follia non è sempre stata vista allo stesso modo, questo ce lo aveva già detto Michel Foucault nella sua Storia della follia.

Quello che vediamo in Asylum è davvero inquietante: una giovane giornalista può essere definita malata di mente perché lesbica? Una ninfomane può essere trattenuta in un istituto per criminali con problemi mentali?

Se scaviamo un po’ nel passato, ci renderemo presto conto che molte delle cose che oggi consideriamo normali, in passato erano considerate malattie gravissime o reati.

Oltre a ciò, non dobbiamo ignorare il fatto che Briarcliff si trovi nelle mani della Chiesa e, di conseguenza, molti comportamenti, soprattutto quelli legati al sesso, vengono brutalmente repressi.

Punizioni fisiche ed elettroshock per “curare” l’omosessualità sono all’ordine del giorno. La maggior parte dei pazienti di Briarcliff non solo soffre di qualche malattia (o di quella che allora era considerata una malattia), ma ci sono anche dei veri e propri criminali.

Le persone che hanno commesso atti atroci e quelle che mostrano qualche segno di malattia mentale vengono rinchiuse insieme in questo luogo dimenticato da tutti, che ricorda Shutter Island. Queste persone non sono considerate degne di stare nella società e vengono quindi escluse e sottoposte agli orrori peggiori.

Il punto è che, sebbene ci siano pazienti che sono dei veri criminali, troviamo anche persone come Lana il cui unico crimine è essere omosessuale (e voler sapere troppo).

Il tutto è ben nascosto e tenuto sotto chiave tra le tonache delle suore, uno psichiatra omicida e un medico nazista che vede i suoi pazienti solo come esseri spregevoli su cui sperimentare.

Sesso, blasfemia, sangue, morte e corruzione sono gli ingredienti di una serie che non è di certo adatta a tutti.

I cattivissimi personaggi di American Horror Story

Asylum ci fa immergere nel mondo sotterraneo della follia, dei vecchi manicomi in cui tutto era possibile e portato all’estremo. Perché è American Horror Story e non ci sono mezze misure; o tutto o niente, è così che si configura l’orrore a Briarcliff.

Sottoponendo i personaggi alla reclusione forzata in un luogo cupo e marcio, le situazioni vengono portate all’estremo e ci conducono verso lo scenario peggiore.

Scena di Asylum.

In questo inferno il pazzo rimarrà sempre tale: una volta catalogato come tale, difficilmente riuscirà a sbarazzarsi di quell’etichetta e nessuno lo ascolterà. Il manicomio è l’ambiente ideale per perpetrare le atrocità più abominevoli, poiché difficilmente verranno alla luce.

In Asylum non c’è speranza, non ci sono quasi personaggi che conoscono la bontà. Persino la giovane e innocente Mary Eunice, l’unica suora che conosce la compassione, è posseduta dal diavolo.

Suor Jude repprime crudelmente i comportamenti sessuali dei detenuti mentre indossa biancheria intima rossa e alimenta le proprie fantasie sessuali con Monsignor Timothy Howard. Questi, a sua volta, chiude un occhio sugli esperimenti del medico in cambio di denaro: è pronto a tutto pur di diventare cardinale.

Tutto ciò che è discutibile, il tabù, compare nei personaggi di Asylum e, curiosamente, i meno spregevoli risultano essere i pazienti. La condensazione del male assoluto è incarnata dallo psichiatra, il dottor Thredson, che in un primo momento sembra voglia aiutare il suo paziente, Kit Walker. In realtà, vuole solo che venga condannato al suo posto per gli omicidi commessi dal medico stesso.

Briarcliff è un’istituzione in cui si nascondono i peggiori criminali e malati di mente. In un certo senso questo è vero, se non fosse che l’interpretazione risulta ribaltata e si scopre che i pericolosi non sono i pazienti, ma coloro che gestiscono l’istituto.

Dopo aver visto Asylum, non possiamo fare a meno di chiederci se siano matti gli spettatori o, semplicemente, si siano lasciati andare ad una sorta di catarsi.

“Tutti i mostri sono umani”.

-Sorella Jude, AHS: Asylum


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