Casa di riposo e solitudine

Molte famiglie non possono farsi carico degli anziani non più autosufficienti. Per questo motivo molto spesso decidono di affidarli a una casa di riposo
Casa di riposo e solitudine
Francisco Javier Molas López

Scritto e verificato lo psicologo Francisco Javier Molas López.

Ultimo aggiornamento: 02 gennaio, 2023

Ogni volta che mi reco in una casa di riposo vengo pervasa da emozioni contrastanti. Da un lato, provo una gioia immensa nel sapere che esistono questi fantastici centri in cui ci sono persone che accudiscono i nostri cari più anziani. Dedicano loro tutte le attenzioni possibili e il loro lavoro è ammirevole. Ma provo anche molta tristezza. Ho svolto il mio tirocinio in una casa di riposo e alcuni degli addetti mi raccontavano che alcuni anziani non ricevevano visite da mesi.

Io vado a trovare molto spesso un mio zio che si trova in casa di riposo. È ben accudito, lo aiutano a lavarsi e nutrirsi. Non è molto anziano, ma purtroppo non è più capace di badare a se stesso. Non ha moglie né figli, pertanto affidarlo a una casa di riposo è sembrata la decisione migliore. Lui sta bene, è felice. È solo un po’ ingrassato. Dicono che si comporta bene. A me piace andare a trovarlo e offrirgli un caffè. Lui ne è felice e mi saluta sempre con un “che succede campione?”, anche se la maggior parte delle volte mi confonde con mio fratello.

Le case di riposo e il triste corridoio

Per arrivare nella stanza di mio zio, devo attraversare mezzo edificio. Prendo l’ascensore, arrivo al piano, tra l’ascensore e la sua stanza c’è un corridoio dove ci sono sempre tanti anziani in sedia a rotelle. Riescono a muoversi a stento. Quando gli passo vicino, li saluto con un sorriso. Alcuni mi guardano e ricambiano il sorriso, altri si limitano a guardarmi senza ricambiare e altri ancora semplicemente non si accorgono neanche della mia presenza. Vedo sempre le stesse persone sedute lì, sole.

Alcuni se ne stanno sempre in silenzio e con la testa bassa, io mi chiedo sempre cosa stiano pensando. Come saranno state le loro vite? Soprattutto mi chiedo se avevano mai immaginato di ritrovarsi su una sedia a rotelle, immobili e con lo sguardo perso, logorati dalla vita, dalla solitudine, dalla malattia, o da tutte queste cose insieme.

Uomo anziano

Durante il tirocinio conobbi un signore che condivideva la stanza con una donna che non faceva altro che ridere e gridare. Si trattava di un signore che inizialmente era molto violento. Soffriva di Alzheimer a uno stadio così avanzato che quasi non riusciva a parlare.

Un giorno mi proposi di interagire con lui. Mi sedetti accanto a lui e iniziai a chiedergli della sua vita. Si esprimeva quasi sempre a monosillabi. Riuscì a farmi dire il suo paese di nascita, che neanche a farlo apposta conoscevo. A poco a poco, riuscì a scucirgli qualche parola in più. Addirittura un giorno, nonostante l’ictus avuto, mi sorrise.

Cercano solo un po’ di affetto

Un giorno lo sentì urlare. Mi diressi verso la stanza in cui si trovava e lì trovai due ausiliari che cercavano di sollevarlo per lavarlo, ma lui non faceva altro che dimenarsi. Entrai nella stanza, non appena mi vide si lasciò cadere sulla sedia tranquillamente. Avevo scoperto il segreto. Avevo la risposta proprio davanti ai miei occhi. Dietro quello sguardo inespressivo si nascondeva un uomo che cercava solo un po’ di affetto.

Per queste persone ricevere affetto e compagnia è così importante che Gea Sijpkes, direttrice della casa di riposo Humanitas in Olanda, ha avviato un progetto. Nel 2012 ha deciso di offrire un alloggio gratuito agli studenti all’interno della struttura a patto che trascorressero almeno trenta ore al mese con gli anziani che vi vivevano.

” Il dolore e gli handicap che si presentano con l’avanzare dell’età non possono essere evitati, però si può fare qualcosa per migliorare la vita delle persone.”
-Gea Sijpkes, direttrice della casa di riposo Humanitas

Anime in cerca di una connessione in una casa di riposo

Sia nella casa di riposo in cui ho svolto il tirocinio che in quella in cui si trova mio zio ho potuto osservare che in molti dei nostri anziani aleggia l’ombra della solitudine. I professionisti che lavorano in questi centri sono sommersi dal lavoro e non hanno tempo di “essere di compagnia” agli anziani che accudiscono. Tuttavia, mi intristisce molto sapere che alcuni di loro ricevono pochissime visite o nessuna. In ognuno di loro si nasconde un’anima che non desidera altro che connettersi con gli altri. La solitudine li consuma poco per volta.

La società odierna ci insegna che vale la pena di preservare solo le cose funzionali, tutto ciò da cui possiamo trarre qualche beneficio. Mi rammarica vedere che molte famiglie affidano gli anziani alle case di riposo e li abbandonano lì, andando a trovarli molto raramente. I nostri anziani hanno una vita, hanno una storia, hanno sacrificato parte della loro vita per noi e noi li abbandoniamo.

Ragazza aiuta anziana

Non c’è dubbio sul fatto che le case di riposo siano un’alternativa magnifica in molti casi e che grazie a esse molti dei nostri cari più anziani possano godere di tante attenzioni. Questo articolo ha il solo scopo di farvi aprire gli occhi rispetto alla solitudine e all’abbandono al quale vengono sottoposti molti dei nostri cari. Vengono lasciati nel dimenticatoio di questi centri come se fossero un peso.

Il grande lavoro delle case di riposo

Molte famiglie, a causa di questioni lavorative, economiche o di tempo, non possono farsi carico della corretta cura dei parenti più anziani quando questi non sono più autosufficienti. Per questo motivo molto spesso decidono di affidarli alle case di riposo. Ma appena possono vanno a trovarli per donare loro conforto e compagnia.

In situazioni del genere, sebbene sradicati dalle loro case, gli anziani non provano una sensazione di abbandono. La casa di riposo si trasforma nella loro nuova casa nella quale convivono con altri anziani e i loro familiari vanno spesso a fargli visita.

Non bisogna dimenticare il grande lavoro svolto dagli operatori di questi centri, ma non bisogna neanche dimenticare i propri cari che vivono lì. In passato hanno dato tutto per noi e quello che siamo e abbiamo lo dobbiamo grazie a loro, al loro lavoro e all’educazione che ci hanno dato.

Stare al loro fianco quando hanno bisogno di noi e dedicare loro lo stesso tempo che hanno dedicato a noi, far sentire loro che non sono soli e che possono sempre contare su di noi  è il minimo che possiamo fare. Perché, – e questo non dovremmo mai dimenticarlo- è grazie a loro se ci troviamo in questo mondo.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.