C'era una volta a Hollywood: l'ultimo film di Tarantino

“C'era una volta a Hollywood” è l'ultimo film del famoso regista Quentin Tarantino. Molti di noi, quando hanno visto il trailer, non sapevano cosa aspettarsi. Ma alla fine, Tarantino è riuscito a sorprenderci dandoci una meravigliosa rilettura del passato. In questo articolo, vi sveleremo alcuni segreti di questo film.
C'era una volta a Hollywood: l'ultimo film di Tarantino
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 12 febbraio, 2023

Tarantino l’ha fatto di nuovo! In un mondo frenetico e veloce, è riuscito a far restare moltissime persone al cinema per circa tre ore, senza parlare e senza controllare il telefono, solo per il gusto di guardare un film. Ed è proprio quello che ci ha fatto vivere, il CINEMA, a caratteri maiuscoli. Un amore puro verso la settima arte con tutti i riferimenti che piacciono al regista. C’era una volta a Hollywood è l’ultimo film del regista che da decenni ci stupisce con spargimenti di sangue e storie avvincenti lasciando il segno nell’immaginario collettivo.

E quando un artista, di qualunque tipo, fa quello che sente davvero, i risultati si vedono. Tarantino ha dalla sua parte un pubblico che ha atteso con impazienza il suo ultimo lungometraggio e il denaro che gli permette di realizzare le produzioni cinematografiche che desidera.

Indipendentemente dal fatto che siano alla moda, Tarantino utilizza quelle che sono state le sue influenze, si immerge nei suoi feticci e ci fornisce una riscrittura della storia. Reinterpreta quello che è stato, e che poteva essere, attraverso una forma di intrattenimento che potremmo definire assoluta.

C’era una volta a Hollywood ci mostra che non tutte le produzioni sono uguali, che il cinema commerciale non è tutto uguale e che c’è ancora chi è disposto a sedersi per ore in un cinema e lasciarsi trasportare dalle emozioni.

Sembra che il film non sia destinato a nessuno in particolare se non a sé stesso, e in questo risiede la chiave del suo successo. Una festa in cui si attende la torta fino alla fine.

L’intertestualità di C’era una volta a Hollywood

Tarantino ha imparato il cinema guardando il cinema. Si è nutrito sia dei film più belli che di quelli meno apprezzati, o addirittura degli scarti della settima arte. Ed è proprio questo che vuole trasmettere al pubblico, la possibilità di trovare l’arte anche nelle produzioni meno note e apprezzate.

Ha messo in chiaro sin dall’inizio che nel suo cinema è presente tutto quello che gli piace, dalla musica ai riferimenti da cinefilo, passando per i suoi feticci.

Guardando il film di Tarantino possiamo imparare molto sul cinema. Possiamo ritrovare le influenze dei vecchi spaghetti western oggi passati di moda, immergerci nel kung fu e persino scoprire autentiche perle che il cinema più commerciale voleva nasconderci.

L’arte va oltre le mode, le imposizioni o la politica. L’arte deve essere valutata come arte in sé. Se un regista che ci piace ci propone un film, direttamente o indirettamente, dobbiamo dargli una possibilità.

Quando abbiamo visto il trailer di C’era una volta a Hollywood, siamo rimasti stupiti. Sappiamo cosa piace al regista, conosciamo la sua filmografia e, tuttavia, non sapevamo bene cosa aspettarci.

Vuole raccontarci di Charles Manson e degli omicidi commessi dalla “famiglia”? Vuole rendere omaggio a quelle vecchie glorie dei western americani andate in Europa in cerca di ruoli migliori? Forse, un po’ di tutto questo.

In C’era una volta a Hollywood sono presenti moltissime citazioni ed è quasi impossibile riconoscerle tutte. Tuttavia, questo ci permette di uscire dal cinema e discutere con i nostri amici sugli elementi intertestuali che siamo stati capaci di riconoscere e individuare. Tutti cresciamo con un’eredità culturale e siamo più o meno predisposti a cogliere determinati messaggi.

Quentin Tarantino ci propone tutto quello che gli piace, che abbia senso o no, e alla fine costruisce una storia che sarebbe potuta accadere o meno.

Secondo questa tendenza alle continue citazioni, anche il titolo ci rimanda a un regista che Tarantino ammira profondamente. Non ha mai nascosto, infatti, il suo amore amore per il cinema di Sergio Leone.

Leone ha diretto due storie con un titolo simile a quello di cui parliamo oggi. C’era una volta il West, che fu il suo ultimo spaghetti western (genere detto anche dei western crepuscolari) e C’era una volta in America, che diventerà la grande esperienza americana del regista italiano, il lungo film che gli ambiti Stati Uniti non riuscirono ad apprezzare.

L’elemento nostalgico è evidente sin dalle prime sequenze. Quella Hollywood idealizzata finisce per diventare un ambiente inospitale in cui gli attori devono accettare quello che viene loro proposto quando hanno raggiunto una certa età. Una favola grottesca, inverosimile e reale allo stesso tempo, che finisce per mostrarci il volto più amaro dell’industria cinematografica.

Il tutto sullo sfondo di un avvenimento tragico tristemente noto: l’assassinio di Sharon Tate. L’attrice è presentata come una giovane donna piena di vita che si diverte tra il pubblico mentre guarda sorridente uno dei suoi film.

Noi, gli spettatori, conosciamo il suo tragico destino e, inevitabilmente, simpatizziamo ed entriamo in empatia con lei. Lo stesso accade anche con un altro personaggio, l’attore, che potrebbe essere Clint Eastwood, che soffre le conseguenze della maturità e di un’industria che ha voluto stereotiparlo senza dargli l’opportunità di brillare.

La nostalgia emerge da ogni angolo dello schermo, il ricordo di un’epoca gloriosa, ma piena di durezza, si mescola alle fantasticherie di Tarantino. Attraverso la sua visione ci “racconta quello che sarebbe potuto succedere”. E non manca l’ironia, né le scene violente caratteristiche del suo cinema: una violenza patetica, bella e divertente al tempo stesso.

A tratti sembra di vedere due film contemporaneamente. Due verità o due bugie che terminano per intrecciarsi con un finale sorprendente e risibile, ma anche inquietante.

C'era una volta a hollywood uomini che si danno la mano

C’era una volta a Hollywood, la storia di Tarantino

ATTENZIONE: a partire da questo momento, l’articolo potrebbe contenere spoiler

Tarantino ci racconta la storia della vecchia Hollywood, di un luogo in cui i sogni diventano realtà, ma in cui possono anche svanire facilmente. La storia dei personaggi reali si mescola a quella di personaggi inventati, sebbene questi ultimi possano sembrare reali.

In effetti C’era una volta a Hollywood gioca con le nostre conoscenze su quell’epoca, ci fa entrare nelle strade piene di macchine del passato e ci fa conoscere le ragazze della “famiglia” di Charles Manson attraverso una canzone facilmente riconoscibile: I’ll never say never to always.

Ma siamo convinti davvero di vedere la tragica fine di Sharon Tate in un film di Tarantino? No, sicuramente no. Non è il tipo di violenza che piace al regista americano. Non è la violenza “estetica e divertente” animata dalla musica alla quale ci ha abituati.

Sebbene Sharon Tate non sia uno dei personaggi principali del film, il regista gioca con il blocking e il montaggio in modo che la nostra attenzione sia sempre rivolta verso di lei. Per esempio, la veste di giallo durante una grande festa e usa la cinepresa in modo che la nostra attenzione si concentri sulla giovane donna spingendoci a essere empatici con lei e a conoscerla senza l’utilizzo di troppe parole.

E così, conosciamo Sharon attraverso il suo modo di interagire con l’ambiente circostante e le opinioni degli altri personaggi. Tarantino vuole presentarci il personaggio in maniera toccante per poi mostrarci la sua orribile fine? Certo che no! Se facciamo attenzione, ci svela il finale sin dall’inizio.

Grazie a una scena che richiama uno dei suoi fil precedenti, Bastardi senza gloria, gli spettatori possono anticipare la fine senza troppe difficoltà. A cosa ci riferiamo? Riscrisse la storia raccontandoci un episodio misterioso del passato che si conclude con l’uccisione di Adolf Hitler.

Quel riferimento iniziale si collega direttamente con ciò che vedremo in C’era una volta a Hollywood. In questo caso, però, non verremo messi di fronte a una violenza cruda, tragica e dolorosa, ma troveremo una violenza “divertente”, un bagno di sangue, fiamme e azione.

Le due storie, apparentemente distanti, si intrecciano tra loro attraverso un finale eclettico. Le costanti citazioni, un’attenzione minuziosa ai dettagli, tutto è possibile nel cinema di Tarantino. C’era una volta a Hollywood diventa un omaggio al cinema, un inno alla settima arte e la dimostrazione della capacità del regista di raccontare storie, di fare una satira sulla vita, di ridere su tutto e di divertirsi.

Il bagno di sangue si fa attendere, ma ci viene presentato come una catarsi, come una liberazione per la nostra coscienza, come un “era così che doveva andare…”.


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