Comuneros, la sconfitta della libertà

La sconfitta dei Comuneros nella guerra delle comunità di Castiglia significò la perdita di gran parte del suo limitato autogoverno. Questa tradizione politica sarebbe poi stata esportata in America.
Comuneros, la sconfitta della libertà
Juan Fernández

Scritto e verificato lo storico Juan Fernández.

Ultimo aggiornamento: 22 dicembre, 2022

Le imposte, come suggerisce il nome, non sono mai volontarie. Ci fu un tempo in Spagna in cui il re doveva chiedere l’approvazione delle diverse Corti e assemblee per riscuoterle. Le più potenti erano quelle castigliane, alle quali si rivolgevano i rappresentanti delle principali città del regno. Queste istituzioni così limitanti del potere reale infastidirono ben presto i monarchi che volevano accaparrassi l’intero regno. I Comuneros furono gli ultimi difensori di questo status quo.

Probabilmente i poteri delle Corti castigliane erano anacronistici per un regno che si estendeva fino all’altra parte del globo. A ogni modo, la rivolta dei Comuneros, come ogni perdita di libertà, si consumò nel sangue e nel fuoco.

La scintilla della rivolta

Nel 1517, sbarcò nelle Asturie, il principe Carlo, fiammingo di nascita, prendendo il nome di Carlo I (Poi Carlo V). Inizialmente fu accolto con speranza in una Castiglia devastata da carestie, tensioni sociali, instabilità politica, fame ed elevata pressione fiscale. Ma da subito Carlo, prese delle decisioni impopolari, come l’imposta straordinaria richiesta per la successione al trono imperiale. Nemmeno l’eccessiva presenza di stranieri a Corte piacque alla nobiltà locale.

Dopo alcune assemblee delle Corti tenutesi a La Coruña, in Galizia, le nuove richieste fiscali venero approvate senza il supporto di città come Toledo o Salamanca. L’opinione generale era che il re, che non parlava la lingua locale, si occupasse in modo marginale del suo regno.

Da Toledo fu proposto ad Avila un incontro di tutte le città con diritto di voto alle Corti. I membri si sarebbero poi chiamati Comuneros. Essi decisero di non attenersi a gran parte delle nuove richieste fiscali e di chiedere il ripristino di alcune libertà e incarichi per i Castigliani.

«Ti devono portar via il governo i tuoi stessi vassalli o debbono aversi tra loro comunità»

-Don Chisciotte a Sancho-

Le mura di Avila

I comuneros alle armi

Già nel 1520, il mese successivo alle Corti di La Coruña, a Segovia i futuri membri dei Comuneros conquistarono la città assassinando il rappresentante delle Corti. Seguirono le città di León, Guadalajara, Burgos e Zamora. L’unico modo per far valere le loro richieste erano le armi, e non esitarono a usarle. Tuttavia, il primo colpo venne fatto esplodere dalle truppe del re.

Per sottomettere i Comuneros segoviani, il governatore Adriano di Utrech, in assenza di Carlo, richiese l’intervento dell’artiglieria di Medina del Campo. Gli abitanti di Medina si rifiutarono di consegnarla per tale oltraggio e di risposta le loro case furono date alle fiamme. Tale fu la crudeltà che ben presto aderirono molte altre città. Juan de Padilla fu alla guida di Toledo, Francisco Maldonado di Salamanca, Juan Bravo di Segovia, Zapata di Madrid e Bishop Acuña di Zamora, oltre a molti altri ancora. L’armata così riunita conquistò Tordesillas, chiedendo di incontrare Giovanna di Castiglia.

La regina imprigionata

Giovanna di Castiglia, madre di Carlo, fu imprigionata a Tordesillas. Sebbene regina legittima, fu decretata pazza per interessi politici. I leader dei Comuneros le presentarono le loro rivendicazioni chiedendole di riprendere il trono. Pur ascoltando le loro suppliche, la regina non volle farsi coinvolgere. Nonostante tutto, rafforzarono il loro potere a Tordesillas, e gli eventi sembrarono comunque giocare a loro favore.

Ponte vicino a Tordesillas

La sconfitta finale

Ma la vittoria era ben lontana dall’essere ottenuta. Presto i diversi interessi tra i Comuneros portarono a dissensi che li avrebbero indotti a compiere errori fatali. Inoltre, l’Imperatore reagì riorganizzando le sue truppe. Concesse le richieste solo alle città che lo sostennero, agevolando i tradimenti.

A causa di diversi errori strategici, il monarca recuperò Tordesillas e la saccheggiò, ma alcuni dei Comuneros si trincerarono a Valladolid. Dopo una lunga tregua, in una spedizione verso Toro la pioggia intensa impedì l’avanzata dell’esercito composto dalle forze di Padilla, Bravo e Maldonado. Attaccati in quella circostanza, il panico colse le truppe mettendo fine alla rivolta. Padilla accettò imperterrito la sconfitta, e la successiva esecuzione con i compagni Bravo e Maldonado. Si narra che tutta la Castiglia pianse la loro morte, come fossero dei principi.

Conseguenze della sconfitta dei Comuneros

La sconfitta dei Comuneros rappresentò l’estinzione di quella che può essere considerata la prima rivoluzione liberale in Europa, o dell’ultima borghesia medievale. In ogni caso si può affermare che decretò la limitazione del potere dell’assemblea castigliana. Essendo anche l’America ispanica parte della corona castigliana, la perdita della libertà finì per influenzare anche le città del Nuovo Mondo. Per riottenerla, sia in Spagna che in America, ci sarebbero voluti ancora diversi secoli. Tuttavia, Carlo V decise di aumentare l’influenza castigliana nel suo governo.

Le aspirazioni alle limitazioni del potere di un sovrano e il disconoscimento delle imposte non sono più attuali ai nostri giorni, ma sono comunque storicamente connaturate alla nascita di detto potere e alle sue richieste.


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  • Pérez, Joseph (2001) Los comuneros, La Esfera de los Libros.
  • Sánchez León, Pablo (1998) Absolutismo y comunidad, Siglo XXI.

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