Continuare a rimandare, perché lo facciamo?

Dietro il gesto di posticipare, non sempre si nasconde la pigrizia e ancor meno mancanza di responsabilità. A volte quando continuiamo a rimandare impegni e doveri, agiscono precise dimensioni. 
Continuare a rimandare, perché lo facciamo?
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 19 febbraio, 2022

“Dovrei cominciare quel lavoro da tempo in sospeso. Domani devo consegnare la relazione e ancora non ho acceso il computer”. “Mi restano solo due giorni per risolvere un problema che mi trascino da settimane, ma non trovo mai il momento”. Continuare a rimandare, perché lo facciamo? È la pigrizia che ci tiene in ostaggio? Perché a volte la nostra mente non riesce a concentrarsi sulle vere priorità?

Se vi è già capitato di finire in questo ciclo di procrastinazione – senso di colpa, saprete che è comune sentirsi irresponsabili e pigri. Accusarci di questo, tuttavia, non fa che privarci della forza di volontà. Poche cose peggiorano la tendenza a rimandare quanto un dialogo interiore negativo e svalutante.

In fin dei conti, le persone che possiamo definire veramente pigre, oziose o irresponsabili possiedono solo scuse per giustificare la loro inerzia. Al contrario, quando posticipiamo qualcosa, proviamo per lo più sofferenza.

È interessante, quindi, capire cosa si cela dietro questo comportamento, questo stato fisico, mentale ed emotivo in grado di condizionare la nostra vita.

Donna esausta addormentata sul tavolo.

Cosa significa continuare a rimandare?

Si tende ad associare l’abitudine a rimandare all’età dello studio. Tuttavia, possiamo accusare il dolore che accompagna la procrastinazione a qualunque età o in un qualsiasi situazione. Si fa sentire, per esempio, quando non ci decidiamo ad avviare quel lavoro di riordino in cucina o nel garage. Lo viviamo quando i progetti che abbiamo in mente o le promesse da mantenere diventano un post it mentale.

Quando ci accorgiamo che stiamo posticipando all’infinito, proviamo immobilità, assenza di progresso. Questa sensazione genera ansia. Chi lo vive sulla propria pelle sa che in genere si verificano due situazioni:

  • L’eterno rimandare ha delle conseguenze: potremo perdere il lavoro, non passare un esame o perdere un’opportunità.
  • Danneggiare l’idea che abbiamo della nostra efficacia. Non ci sentiamo in armonia con noi stessi e, quel che è peggio, abbiamo la sensazione che qualcosa sia sfuggito al nostro controllo.

Anche se abbiamo deciso di metterci al lavoro, succede sempre qualcosa che ci distoglie dal compito. A cosa è dovuto questo comportamento?

Smettere di on si tratta, evidentemente, di un problema di gestione del tempo

Le colpevoli sono le nostre emozioni. Quando ci chiediamo “perché continuo a rimandare?”, è normale pensare che il problema risieda in una cattiva gestione del tempo. A poco serve leggere un libro su come diventare pianificatori perfetti delle nostre giornate, continueremo a posticipare.

Dire a una persona che rimanda una questione da mesi che deve imparare a organizzarsi, è come dire a un depresso di tirarsi su col morale: non ha alcun senso ed è inopportuno. Perché il problema di fondo restano le emozioni: l’ansia repressa, la preoccupazione, la necessità di fare bene, la paura di sbagliare o di fallire..

Le emozioni che si mescolano, si aggrovigliano e aumentano il disagio in queste situazioni, sono complesse ed estenuanti. L’aspetto peggiore è che si trascinano per mesi e, al termine, potremmo ritrovarci ad affrontare una depressione o un disturbo d’ansia.

Non riuscite a smettere di rimandare? A volte è la paura

Continuare a posticipare e la paura, due dimensioni che sembrano in contraddizione. Paura di cosa? Uno studio condotto in Germania, presso l’Università di Leuphana, ha dimostrato che rimandare è fondamentalmente una risposta disfunzionale a stati affettivi spiacevoli.

In altre parole, alcuni obblighi ci creano paura e disagio. Non sapendo come gestire o schivare questi stati emotivi, decidiamo di rimandare il momento in cui eseguiremo quel compito.

  • Paura di sbagliare, di non fare le cose come ci aspettiamo o come gli altri si aspettano da noi.
  • Ansia all’idea di dover affrontare certe situazioni che ci lasciano esposti e su cui non abbiamo il pieno controllo.
  • Spesso, semplicemente, resistenza a fare qualcosa che non vogliamo o che non ci piace fare.
Ragazzo con occhiali legge seduto sul divano.

Avete un obiettivo? Il segreto è concentrarsi sulle emozioni

Quando fissiamo un obiettivo, dobbiamo portare a termine un lavoro o abbiamo una scadenza da rispettare, di solito commettiamo un piccolo errore: ci concentriamo sulla data e, in base a questa, ci organizziamo. Ciò non è sbagliato di per sé, anzi. La pianificazione, tuttavia, è secondaria. Il segreto è puntare alle emozioni.

Se un certo compito mi genera ansia, non farò progressi. Devo, innanzitutto, lavorare sullo stato emotivo che produce l’obiettivo prefissato. Se non mi entusiasma o non mi interessa, non avrà sufficiente forza o motivazione per investirvi del tempo. Quello che occorre fare, quindi, è gestire le emozioni, riformulare i pensieri, ridurre la paura e cercare di mantenere uno stato d’animo rilassato e concentrato, ideale per mettersi all’opera.

Uno studio realizzato presso l’Università di Leeds, condotto da Sirois e Pychyl (2013) ci offre un consiglio. Prima di fissare il nostro sguardo sull’obiettivo a lungo termine, occorre pensare a un primo step a breve distanza: curare e occuparci del nostro stato d’animo. Questo è il segreto.

Se ci sentiamo bene, tutto andrà per il meglio. La gestione delle emozioni è la migliore strategia per il benessere. Non dimentichiamolo mai.


Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.


  • Eckert, M., Ebert, D. D., Lehr, D., Sieland, B., & Berking, M. (2016). Overcome procrastination: Enhancing emotion regulation skills reduce procrastination. Learning and Individual Differences52, 10–18. https://doi.org/10.1016/j.lindif.2016.10.001
  • Sirois, F. and Pychyl, T. (2013) Procrastination and the Priority of Short-Term Mood Regulation: Consequences for Future Self. Social and Personality Psychology Compass, 72). 115 – 127. ISSN 1751-9004 https://doi.org/10.1111/spc3.12011

Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.