Curare la malattia mentale senza farmaci
Curare la malattia mentale senza farmaci è una possibilità che è da sempre sul tavolo di discussione, ma resta pur sempre una possibilità. A partire dalla metà del ‘900, era considerata una specie di utopia nei settori medico/fisiologici della psicologia.
Con la scoperta e la produzione di massa dei neurolettici, si pensò di aver toccato l’apice. Gli sviluppatori e i sostenitori di questi farmaci difendevano l’idea che i disturbi mentali avessero una base fisiologica. Era dunque possibile trattarli con la chimica. In questo modo cominciò a diffondersi la convinzione che senza medicinali fosse impossibile curare una malattia mentale.
È sempre esistita, tuttavia, una corrente alternativa. Non si tratta solo di presa di posizione teorica, ma di applicazioni pratiche che offrono risultati incoraggianti.
Abbracciando questa impostazione alternativa, l’ospedale psichiatrico di Åsgård in Norvegia ha iniziato a curare le malattie mentali senza farmaci.
“Ci chiedono di dimostrare che le alternative funzionino. Io dico: perché non dimostrate voi che il vostro trattamento funziona? Ho letto molti articoli e molti libri, e ancora non vedo prove che confermino l’efficacia dei farmaci.
-Håkon Rian Ueland-
Rispetto per l’autonomia del paziente
Sono ormai decenni che si parla dei diritti dei pazienti psichiatrici. La maggior parte dei sistemi sanitari e degli specialisti che vi lavorano si basano sul principio che una persona a cui sia stata diagnosticata una malattia mentale non è autonoma.
Devono, pertanto, essere gli altri a decidere per lei. A differenza di altre malattie, un paziente psichiatrico non può opporsi al trattamento sanitario. Eppure, molti psichiatri non condividono questo principio.
I diritti fondamentali dei pazienti sono un aspetto basilare per l’ospedale psichiatrico di Åsgård. La politica sanitaria a favore del trattamento della malattia mentale senza uso di farmaci è una difesa dei diritti del paziente.
In questa struttura sono i pazienti che alla fine decidono se prendere o meno i farmaci loro prescritti. Sono ancora loro a decidere quando arriva il momento di ridurre le dosi, con la prospettiva di smettere di prendere le pillole. Anche la prospettiva del paziente conta.
Curare la malattia mentale senza i farmaci
L’ospedale psichiatrico di Åsgård ha fatto proprio un’indicazione del Ministero della Salute norvegese. Si tratta di una politica statale che mira, principalmente, a garantire pari diritti al paziente con malattia mentale.
Potrebbe sembrare una contraddizione: come può una persona con disturbi mentali decidere in modo responsabile cosa sia meglio per la propria salute? Questo è il dubbio di molti, perché sono molte le persone che ignorano i dettagli delle cosiddette malattie mentali.
In generale, la società si muove in base a stereotipi. Si pensa, ad esempio, che una persona schizofrenica “ragioni male” in modo continuo, quando non è così. È come pensare che un diabetico sia sempre in crisi glicemica. Il “malato mentale” ha momenti di crisi, seguiti da momenti di equilibrio.
In più, sono numerosi gli studi che sollevano dubbi sull’efficacia dei trattamenti farmacologici. Ciò che non è più messo in discussione non è, in realtà, l’efficacia delle sostanze chimiche; è piuttosto il modo in cui vengono somministrate le cure e spesso mantenute per comodità e senza una vera necessità.
Ormai pochi contestano il potere della farmacologia come chiave per avviare un lavoro su un paziente scompensato. Altra questione è che il farmaco possa “curare”, andare alla radice del problema.
In effetti è questo il punto, soprattutto considerato che alcuni farmaci destinati al trattamento dei disturbi mentali hanno una lunga lista di possibili effetti collaterali.
Un sistema inadeguato
Le reazioni alla nuova strategia dell’ospedale di Åsgård non si sono fatte attendere. Molti psichiatri (e, ovviamente, aziende farmaceutiche) hanno criticato aspramente questo approccio. La maggiore critica è che sia irresponsabile nei confronti dei pazienti e che potrebbe aggravarne lo stato di salute. L’Associazione Psichiatri Norvegesi, invece, ha deciso di appoggiare l’iniziativa attraverso una politica di “apertura mentale”.
La presidente dell’Associazione Psichiatri, Anne Kristine Bergem, ha già dichiarato che questa nuova esperienza sarà affrontata nel congresso annuale. Questo si orienterà su due questioni: “funzionano gli antipsicotici? Forniscono l’effetto di cui siamo convinti?”. Tutte e due le domande toccano il cuore stesso della psichiatria biologica.
Abbiamo buoni motivi e prove sufficienti per credere che la psichiatria attuale abbia delle gravi lacune. Molte di queste inadeguatezze sono collegate ai farmaci e al modo in cui opera il sistema di cura delle malattie mentali. Ben vengano iniziative come questa, che farà certamente luce su un tema di grande importanza.
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- Galende, E. (2008). Psicofármacos y salud mental: la ilusión de no ser. Buenos Aires: Lugar Editorial.