Disturbo disintegrativo dell'infanzia
Nota anche come sindrome di Heller, demenza infantile o psicosi simbiotica, il disturbo disintegrativo dell’infanzia è una malattia molto rara. Colpisce i bambini dai 2 ai 10 anni, provocando una perdita significativa delle abilità già acquisite.
Nel DSM-IV questa sindrome era inclusa nella categoria dei disturbi pervasivi dello sviluppo insieme all’autismo, la sindrome di Rett e di Asperger. Nella quinta edizione, invece, il disturbo disintegrativo dell’infanzia scompare come diagnosi indipendente. Viene diagnosticato solo se vengono soddisfatti anche i criteri per il disturbo dello spettro autistico come “disturbo dello spettro autistico associato a una condizione medica nota”.
In questo articolo presentiamo i sintomi e le cause di questo disturbo, come si diagnostica e quali trattamenti si sono dimostrati efficaci.
Un po’ di storia
Nel 1905, Sante De Sanctis (1862-1953), medico, psicologo e psichiatra laziale, descrisse un quadro simile al disturbo disintegrativo infantile. Creò, quindi, la categoria dementia praecocissima, facendovi rientrare vari disturbi che provocano ritardo mentale.
Pochi anni più tardi, nel 1908, l’educatore austriaco Theodor Heller descrisse alcuni casi di psicosi disintegrativa, un disturbo che esordiva verso i quattro anni d’età dopo un normale sviluppo. All’autore si deve il nome Sindrome di Heller.
A parlare di psicosi simbiotica, infine, fu Margaret Mahler. La psicoanalista ungherese sottolineò l’importanza di due fattori costituzionali in una forma di psicosi infantile che si manifestava tra i tre e i sei anni d’età che chiamò, appunto, psicosi simbiotica.
Diagnosi del disturbo disintegrativo dell’infanzia
Il DSM-V ha eliminato questo disturbo poiché è da considerare come condizione medica. Ciò nonostante, il disturbo dello spettro autistico possiede lo specificatore “associato a una condizione medica nota”. Ciò permette di diagnosticare il disturbo dello spettro autistico (se i criteri diagnostici vengono soddisfatti) insieme al disturbo disintegrativo dell’infanzia.
La precedente edizione, il DSM-IV-TR, riportava invece i criteri diagnostici per questo disturbo. Nei primi anni di vita si registra uno sviluppo apparentemente normale con abilità di comunicazione, relazioni sociali, gioco e comportamento adattivo propri dell’età.
A partire dai due anni e prima dei dieci, però, iniziano a verificarsi importanti perdite delle abilità già acquisite, in almeno due delle seguenti aree:
- Linguaggio espressivo e recettivo.
- Abilità sociale o comportamento adattivo.
- Controllo dell’intestino o della vescica.
- Gioco.
- Capacità motorie.
Inoltre deve essere presente un’alterazione in due delle seguenti aree, che coincidono con le alterazioni tipiche dell’autismo: alterazione qualitativa delle interazioni sociali e della comunicazione o dei modelli di comportamento, interessi e attività ripetitive e stereotipate.
Infine, per poter formulare la diagnosi di disturbo disintegrativo dell’infanzia, questi sintomi non devono essere giustificati dalla presenza di altri disturbi pervasivi dello sviluppo o dalla schizofrenia. Si tratta di una condizione essenziale.
Sintomi del disturbo disintegrativo dell’infanzia
- Perdita delle abilità di linguaggio. Si perdono le parole acquisite e la capacità di comunicare, compresa la capacità recettiva.
- Difficoltà nelle relazioni sociali e nel comportamento adattivo. La ridotta interazione con i compagni di classe e con i familiari porta il bambino a isolarsi. Questo è indotto da un completo disinteresse per l’ambiente circostante.
- Perdita delle capacità motorie. Il bambino ha difficoltà nella motricità grossolana come correre (o camminare nei casi più gravi). Ciò è accompagnato da evidenti difficoltà nelle capacità motorie fini (raccogliere gli oggetti o unire le dita).
- Perdita del controllo degli sfinteri. Il bambino acquista il controllo dell’intestino e della vescica tra i due e i quattro anni. Il disturbo disintegrativo infantile causa la perdita di questa capacità.
- Alterazione qualitativa delle interazioni sociali. Può manifestarsi con deficit della comunicazione non verbale, incapacità di instaurare relazioni sociali, assenza di reciprocità sociale o emotiva, ecc.
- Comportamento stereotipato e interessi limitati come rispetto inflessibile di determinate routine, intolleranza ai cambiamenti, manierismi e stereotipie motorie, strani interessi (ad es. interesse per i bordi degli oggetti invece che per l’oggetto nel suo insieme).
Cause
L’eziologia, oppure origine, del disturbo integrativo dell’infanzia non è del tutto chiara. Non sono stati ancora scoperti i meccanismi precisi che lo provocano. Tra le possibili cause, si elencano le lesioni del sistema nervoso centrale durante lo sviluppo e la comparsa di una malattia neurologica, come la sclerosi tuberosa. Al momento, tuttavia, non esistono prove certe.
Come abbiamo osservato, il disturbo disintegrativo infantile è molto raro (tra l’altro, più comune nei bambini maschi) e, purtroppo, non ha cura. Si possono però seguire trattamenti volti a migliorare la qualità della vita e a conservare le capacità già acquisite.
Aree di intervento
L’intervento è in genere multidisciplinare e si estende ai seguenti aspetti:
- Farmacoterapia. Può aiutare a ridurre i comportamenti stereotipati (che in molti casi possono essere autolesivi) e i sintomi di altri disturbi concomitanti.
- Terapia nutrizionale. Garantisce l’apporto di nutrienti, poiché il bambino ha spesso difficoltà a masticare e deglutire il cibo.
- Terapia comportamentale. Aiuta a ridurre i comportamenti indesiderati, come le stereotipie, e a migliorare le capacità mantenute. In alcuni casi, un’abilità persa può essere recuperata.
- Terapie alternative, che di solito accompagnano il trattamento medico e comportamentale. La musicoterapia o l’ippoterapia sono spesso utilizzate perché hanno dimostrato la loro utilità in questi casi e in altri disturbi dello sviluppo neurologico.
Per definizione, questi sintomi compaiono tra i 2 e i 10 anni, in maniera repentina o insidiosa e possono essere accompagnati da manifestazioni prodromiche come irascibilità, iperattività, ansia e perdite minori di alcune capacità.
In seguito alla stabilizzazione del disturbo, può avvenire qualche piccolo miglioramento. I deficit sociali, comunicativi e comportamentali sono tuttavia costanti e stabili lungo tutta la vita. Qualsiasi trattamento che offra un miglioramento, per piccolo che sia, in quanto a sintomi e qualità della vita è certamente positivo.
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APA (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-V). American Psychiatric Publishing: Washington, DC; London.
APA (1995). Manual Diagnóstico y Estadístico de los Trastornos Mentales Cuarta Versión (DSM-IV). Masson: Barcelona